Diritto


Renato Martuscelli

Contenuto ed efficacia tecnico-processuale delle Linee Guida in Medicina tra diritto e scienza

 

 

Viviamo in una società complessa in cui si registra l'aumento dei fattori di rischio conseguenti alle diverse attività umane, tanto che le democrazie più avanzate si sono dotate di strumenti di controllo e prevenzione del rischio.

Da questa emergenza è sorta anche una nuova branca del diritto penale definita, da taluna dottrina (Fiandaca) come  "Diritto penale del rischio".

In campo sanitario si parla, più in particolare, di Risk Management, su cui non si conoscono in pieno dati completi ed esaustivi.

Quello che si può sostenere è che da un punto di vista statistico il 70-80% degli incidenti dipenderebbe da carenze organizzative delle strutture, mentre solo il 20-30% da presunti errori dei sanitari; segnatamente si aggiunge che la maggior parte degli errori medici sono da ricondurre, nella maggior parte dei casi, alle cattive condizioni di lavoro e non alla negligenza delle persone.

Deve osservarsi, inoltre, che gli errori medici sono direttamente o indirettamente riconducibili alla "semeiotica" invasiva, che fino a qualche anno prima era del tutto sconosciuta (Introna F., Responsabilità professionale medica e gestione del Rischio, in Rivista Italiana di Medicina Legale 2007, 641).

Partendo dal presupposto che non tutti i rischi sono evitabili e prevedibili, l'ordinamento consente lo svolgimento dell'attività medico-chirurgica, anche se rischiosa, perché socialmente utile, purché il rischio che ne deriva sia un rischio consentito; in altri termini, l'attività medica è un'attività pericolosa e rischiosa per la quale il livello di pericolosità deve essere mantenuto entro determinati limiti.

Detti limiti vengono, di volta in volta, imposti dal legislatore oppure dall'autorità amministrativa, mentre altre volte dal giudice che si avvale dell'apporto degli esperti.

Nello sforzo di elaborazione e di definizione dei contenuti del rischio ammesso e consentito, un ruolo fondamentale lo svolgono le Linee Guida. 

Esse traducono in regole deontologiche e prassi operative i principi generali giuridici in materia di colpa medica.

Costituiscono il precipitato della cosiddetta Evidence Based Medicine che ha per fine quello di ridurre lo spazio alle decisioni basate sulla aneddotica, sul consenso del paziente e sulle opinioni personali e che sussume i risultati della migliore ricerca clinica.

Quanto alla efficacia delle Linee Guida v'è da dire che esse provengono da organismi che godono di credibilità nel settore della professione medica (Società scientifica, Istituzioni di ricerca) e contengono suggerimenti, prescrizioni, indicazioni rivolte al medico e si collocano a metà strada tra regole di carattere etico, direttive di natura deontologica e prescrizioni giuridiche; esse si ispirano a diversi principi che sottendono alla scienza medica: uno fra tutti è il dovere di aggiornamento scientifico, considerato espressione del dovere di diligenza che ci si attende dal medico nell'esercizio della professione medica.

Le Linee Guida non integrano ordini categorici e una certa dottrina (Bona-Iadecola, Bilancetti) sostiene che per essere considerate valide debbano rispondere a tre requisiti: 1) applicabilità; 2) riproducibilità e 3) validità scientifica. Esse possono provenire da diverse fonti (circolari, regolamenti, piani sanitari) e nondimeno, al di là della veste formale  e dell'autorevolezza della fonte, possono sostanziare regole cautelari valide, soltanto se riuniscono i requisiti di scientificità, attualità ed efficacia soprarichiamati.

Non a caso sono state indicate come rilevanti ex. art. 3, co. 1., del decreto legge n. 158 del 2012, secondo cui fermo restando il disposto dell'articolo 2236 del codice civile, nell'accertamento della colpa lieve nell'attività dell'esercente le professioni sanitarie il giudice, ai sensi dell'articolo 1176 del codice civile, tiene conto in particolare dell'osservanza, nel caso concreto, delle Linee Guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale.

Tra gli scopi delle Linee Guida vi è la riduzione della variabilità del comportamento del medico, il raggiungimento di una maggiore efficienza delle prestazioni mediche, il miglioramento dell'efficacia della condotta clinica, la risoluzione di problemi etici e legali.

Le Linee Guida prodotte dalle società scientifiche sono sottoposte a continua revisione e ad una continua opera di aggiornamento e ad applicazione comparata a livello nazionale e internazionale.

Nondimeno si deve osservare che gli avanzamenti scientifici e professionali non eliminano immediatamente le precedenti prassi, ma convivono con esse per vario tempo, fino al loro completo superamento (aspetto evolutivo e di adeguamento).

L'effetto principale dell'applicazione delle linee guida può indicarsi nell'eccessiva standardizzazione.

Non può revocarsi in dubbio che il medico, in generale, di fronte ad aggiornate Linee Guida che provengono da autorevoli ed accreditate fonti scientifiche sia tenuto quantomeno dal punto di vista deontologico ad attenersi alle indicazioni ivi contenute.

Esse però non costituiscono e non contengono regole cogenti in termini assoluti, spettando al medico, di volta in volta, nell'interesse della miglior cura del paziente, se nel caso concreto sia opportuno derogare ad esse.

Su questa linea si è espressa anche la Corte Suprema di Cassazione la quale (Cass. Sez. IV 23/11/2010 n. 8254) ha sancito che la responsabilità colposa del medico in riguardo all'evento lesivo occorso al paziente non può dirsi esclusa per il solo fatto che abbia rispettato le Linee Guida, comunque elaborate, avendo il dovere di curare utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo la scienza medica dispone, senza farsi condizionare da esigenze di natura diversa e da disposizioni, considerazioni, valutazioni, direttive non pertinenti rispetto al predetto compito che gli è affidato dalla legge.

Il caso da cui ha preso le mosse la vicenda su cui si è pronunciata la Suprema Corte è il seguente: Un paziente viene ricoverato d'urgenza in ospedale e sottoposto a intervento di angioplastica coronarica perché colpito da infarto acuto del miocardio. Dopo cinque giorni viene trasferito dal reparto di terapia intensiva, dove era stato ricoverato, a quello di cardiologia. Stabilizzatosi il quadro clinico, il paziente viene dimesso dopo altri quattro giorni di degenza. A poche ore dal rientro a casa, è colto da insufficienza respiratoria. Trasportato in ospedale, vi giunge in arresto cardiocircolatorio. Con autopsia si accerta che la causa della morte è stata uno scompenso cardiaco. Si procede penalmente per omicidio colposo contro il medico che ha dimesso il paziente. Viene svolta perizia, dalla quale risulta la conformità della condotta del medico a Linee Guida che prevedono le dimissioni del paziente allorché si sia raggiunta la stabilizzazione del quadro clinico. Il giudice di primo grado condanna, ritenendo che, nel caso di specie, vi erano ragioni per discostarsi dalle Linee Guida: l'anamnesi, la severità dell'infarto, l'elevato rischio di recidiva.
 La Corte d'Appello assolve perché il fatto non costituisce reato. Condivide il principio espresso dal giudice di primo grado, secondo il quale il rispetto delle Linee Guida non esime automaticamente da responsabilità. Ritiene tuttavia che nel caso di specie non vi fossero ragioni al di fuori della norma per allontanarsi dalle Linee Guida: i markers di necrosi cardiaca erano negativi, il paziente era asintomatico da giorni e compensato.

La Cassazione annulla con rinvio asserendo il "diritto costituzionale del paziente alla cura" ed afferma che il medico deve perseguire un unico fine: la cura del malato mediante l'uso dei presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo dispone la scienza medica. Da ciò la Cassazione fa derivare una conseguenza: non esime da colpa (il medico) il rispetto di linee guida che antepongono ragioni economiche a ragioni di tutela della salute e che siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente. Rileva la mancata acquisizione nel giudizio di merito delle Linee Guida interessate e pone, quindi, per il giudice del rinvio l'esigenza di verificare la natura delle interessate Linee Guida. Condivide poi il principio già posto nelle sentenze di merito, per il quale il rispetto delle linee guida non esclude la colpa, se un particolare quadro clinico impone di discostarsene. Ritiene che la sentenza d'appello non abbia approfondito la complessiva condizione del paziente e impone al giudice del rinvio un tale approfondimento.

E' opinione diffusa che le Linee Guida sono una fonte di regole cautelari (così P. Piras, La colpa medica: non solo linee guida, in Diritto Penale Contemporaneo) tanto è che, sulla scorta di essa e della loro osservanza, si è esclusa la responsabilità penale dei medici come, ad esempio, nel caso in cui  non è posto l'obbligo di accertamenti radiografici su un paziente che presentava un trauma cranico minore, poi evolutosi mortalmente (Cass. Sez. IV, ud. 8 giugno 06, dep. 14 luglio 06, n. 24400) o si è asserita la colpa per la troppo drastica riduzione di un neurolettico ad un paziente psichiatrico, con successivo scompenso e omicidio di un terzo commesso dal paziente (Cass. Sez. IV, ud. 14 novembre 07, dep. 11 marzo 08, n. 10795).

La dottrina citata ritiene che le linee guida così come applicate nella prassi medica presentano indubbi vantaggi a cui si accompagnano anche innegabili svantaggi, in maniera più specifica si sostiene che uno dei  vantaggi delle Linee Guida è quello di dare determinatezza alla fattispecie colposa, la cui condotta tipica è in definitiva interamente racchiusa nella regola cautelare. Le Linee Guida recuperano quella determinatezza che invece viene sacrificata individuando la regola cautelare con un altro criterio, spesso utilizzato in giurisprudenza: l'agente modello o medico modello: criterio alquanto vago, che si piega ad essere utilizzato sia in senso colpevolista che innocentista.

Tra gli svantaggi invece, si possono citare:  a) l'elaborazione delle Linee Guida tiene, talvolta conto anche di esigenze di contenimento di spesa, cioè economiche, che sono estranee alla salute del paziente (in ipotesi, per accelerare le dimissioni dall'ospedale non appena si raggiunga la stabilizzazione del quadro clinico del paziente) che è, però, il bene penalmente protetto, in riferimento al quale deve avvenire l'individuazione della regola cautelare; b) le Linee Guida possono fungere da scudo di medicina difensiva, nel senso che, cullando l'idea dell'impunità, il medico è indotto ad attenervisi sempre e comunque, anche quando il caso concreto è peculiare e impone un diverso trattamento terapeutico rispetto a quello in esso previsto ( C. Bottari, F. A. Riversi Monaco, La tutela della salute tra garanzie degli utenti ed esigenze di bilancio).

 In ultima analisi i giudici della legittimità antepongono alle ragioni economiche che sottendono e originano le Linee Guida esigenze di tutela della salute del paziente e di cura, allorquando un determinato quadro clinico imponga di discostarsene.

Senza però limitare l'indagine alla sentenza appena citata non si può fare a meno di constatare, come sostenuto (M. Caputo, "Filo D'Arianna o flauto magico? Linee guida e checklist nel sistema della responsabilità per colpa medica) che le Linee Guida siano penetrate nella giurisprudenza di legittimità la quale adotta nella loro applicazione soluzioni flessibili che sono tali da relativizzare e individualizzare il giudizio sulla colpa; così si assiste a medici esonerati dalla responsabilità nonostante l'inosservanza delle Linee Guida (Cass. sez. V, 28/06/2011, n. 33136) oppure ad ipotesi della condanna di medici che si sono discostati immotivatamente dalle line guida (Cass. Sez. IV, 12 luglio 2011, n. 34729) o infine il caso dei medici assolti perché il loro operato si è informato alle Linee Guida (Cass. Sez. IV, 12 giugno 2012, n. 23146).

In conclusione, si può sostenere che non sempre l'osservanza delle Linee Guida esime il medico da un giudizio di colpa soprattutto allorquando il caso clinico presenta particolari patologie e speciali o eccezionali evidenze tali da far sopravvivere o residuare profili di colpa generica sotto il profilo della negligenza.

Invero, da un punto di vista processuale, si potrà registrare il caso del sanitario che si sarà adeguato a quanto prescritto dalle linee guida, ciò nondimeno residuano profili di colpa, per non aver tenuto una condotta alternativa diretta a scongiurare il rischio concretizzatosi  a seguito di un disinvolto adeguamento alle Linee Guida.

Nella diversa ipotesi in cui il sanitario si è volontariamente discostato dalle raccomandazioni e indicazioni ricevute dalle linee guida, affinché ricorra la responsabilità penale occorre dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, come il rispetto delle Linee Guida avrebbe evitato l'evento infausto ed avverso e, contemporaneamente, come il comportamento alternativo è stato idoneo a cagionare l'offesa.

Come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità le Linee Guida e i protocolli sono in tali situazioni, in grado di offrire delle indicazioni e dei punti di riferimento. Tuttavia, anche in questa materia vi sono dei rilevanti problemi, perché occorre comprendere qual' è la logica nella quale si è formata una prassi di comportamento, perché spesso le linee guida sono frutto di scelte totalmente mercantili, sono ciniche e pigre: e dunque, non è detto che una linea guida sia un punto di approdo definitivo.

Alcune volte le Linee Guida sono obsolete o inefficaci e, dunque, anche sul di esse occorre posare uno sguardo speciale, occorre attenzione e cautela; le Linee Guida da sole non sono la soluzioni dei problemi. Del resto in dottrina, a proposito delle prassi applicative, si è condivisibilmente manifestato il timore che esse possano fornire indebiti cappelli protettivi a comportamenti sciatti, disattenti: un comportamento non è lecito perché è consentito, ma è consentito perché è diligente. Dunque il nucleo del problema è quello della valutazione della diligenza, della violazione delle regole di prudenza che l'ordinamento impone, filtrata attraverso il raffronto con le prassi virtuose (Cass. Sez. IV 22/11/2011 n. 4391).

Le Linee Guida seguite dalla Corte di Cassazione ovvero la valutazione della giurisprudenza di legittimità si rivela ondivaga: si è sostenuto che il giudice deve valutare la condotta del sanitario con riguardo non alla conformità alle "Linee Guida", bensì alle condizioni del paziente, in relazione non solo alla gravità della patologia che lo ha colpito (ad esempio infarto), ma anche alle patologie preesistenti ed a tutte le criticità che ne rendevano estremamente precario lo stato di salute, al fine di verificare se la dimissione (ad esempio a pochi giorni dal ricovero) sia stata corretta, ovvero affrettata, e dunque errata" e deve essere affrontato anche il tema della errata applicazione delle Linee Guida, in termini di rilevanza della tutela della salute a fronte del "principio di economicità", sempre più spesso imposto ai sanitari dalle Direzioni Aziendali delle Strutture Sanitarie ai fini di contenimento della spesa sanitaria"(Cass. Pen. Sez. IV, 23/11/10, n. 8254/10).

Si può concludere, quindi, con la dottrina sopra citata (M. Caputo, "Filo d'Arianna o flauto magico?...), che nonostante la duttilità tattica delle Linee Guida - invocate ora per assolvere ora per condannare - la giurisprudenza di legittimità ha maturato il convincimento che la misura della diligenza medica non ricalchi affatto una loro pedissequa osservanza. L'autonomia del medico e la complessa genesi delle raccomandazioni scientifiche, alle quali non sono estranee valutazioni di tipo organizzativo ed economico, "raccomandano" un loro cauto impiego nella valutazione della responsabilità professionale, e mai esclusivo: la "guida" scientifica, insomma, non sempre consente di scovare la strada giusta. È perciò indispensabile che nel tessuto della motivazione emergano gli ulteriori elementi che - in uno o contro il riferimento all'adesione/scostamento dai benchmark scientifici - convincono il giudice circa la colpevolezza o meno del sanitario.

Nelle pieghe delle motivazioni delle sentenze sopra citate viene sempre esaltata l'autonomia e libertà delle scelte terapeutiche avverso ad adeguamenti acritici e deresponsabilizzanti a raccomandazioni provenienti da organismi di diversa natura.

L'importanza della autonomia medica, tenuto conto delle specificità e particolarità dei casi concreti,  è stata ribadita dalla Suprema Corte nella sentenza della Cass. Sez. IV 15/04/2009 n. 19759. In essa si sostiene il rispetto delle Linee Guida, e assunto nel caso di specie quale parametro di riferimento della legittimità della decisione di dimettere dall'ospedale il paziente e di valutazione della condotta del medico, nulla può aggiungere o togliere al diritto del malato di ottenere le prestazioni mediche più appropriate né all'autonomia ed alla responsabilità del medico nella cura del paziente.... A nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, né di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell'ammalato. Mentre il medico, che risponde anche ad un preciso codice deontologico, che ha in maniera più diretta e personale il dovere di anteporre la salute del malato a qualsiasi altra diversa esigenza e che si pone, rispetto a questo, in una chiara posizione di garanzia, non è tenuto al rispetto di quelle direttive laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente,  non può andare esente da colpa ove se ne lasci condizionare rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione a livello ragionieristico. Se le Linee Guida richiamate dai giudici del gravame, addotte dall'imputato a giustificazione della decisione di dimettere il paziente, dovessero rispondere solo a logiche mercantili, il rispetto delle stesse a scapito dell'ammalato non potrebbe costituire per il medico una sorta di salvacondotto, capace di metterlo al riparo da qualsiasi responsabilità, penale e civile, o anche solo morale, poiché sul rispetto di quelle logiche non può non innestarsi un comportamento virtuoso del medico che, secondo scienza e coscienza, assuma le decisioni più opportune a tutela della salute del paziente. Di qui l'esigenza di approfondimento delle delicate questioni che la vicenda pone, al fine di verificare se tali "Linee", che legittimamente potrebbero essere ispirate anche a logiche di economicità di gestione, non siano, nel caso di specie, in contrasto con le conclamate esigenze di cura del paziente. Orbene, tale approfondimento, nella vicenda in esame, è del tutto mancato ovvero si è articolato, nella sentenza impugnata, in maniera incongrua ed incoerente rispetto al tema oggetto di contrasto tra le parti.