Diritto


Diletta Sagliocco

La tutela dell’ambiente e delle future generazioni nella riforma costituzionale italiana. Profili di comparazione con l’ordinamento tedesco.

 

 

 

Abstract: L'evoluzione della consapevolezza ambientale nell'ultimo secolo e il ruolo centrale che la tutela dell'ambiente ha assunto a livello globale, evidenzia in maniera lampante la dipendenza delle generazioni future alla tematica. Il costituzionalismo ambientale è il primo passo verso un futuro migliore. Nel corso degli ultimi decenni, l'umanità ha preso coscienza dell'importanza cruciale della tutela dell'ambiente, al fine di garantire un futuro sostenibile a coloro che verranno. L'interdipendenza tra l'ambiente naturale e il benessere umano è diventata sempre più evidente, al punto che governi, organizzazioni ed individui si sono adoperati nella salvaguardia degli ecosistemi globali. È responsabilità nostra, come attuali custodi del pianeta, prendere decisioni e adottare azioni consapevoli per preservare l'ambiente. La problematica dell’ambiente e della sua regolamentazione presenta caratteristiche tali da richiedere, ad un attento osservatore, un’analisi giuridica di tipo comparato e sovranazionale stante, anche, la presenza di una analogia tra i singoli problemi, a prescindere dal luogo in cui essi siano sorti o dal contesto in cui si manifestino gli effetti correlati.

 

 

Sommario: 1. Introduzione - 2. L’ambiente nella dimensione comunitaria: la normativa internazionale – 2.1 Verso la COP28 del 2023 - 3. Cosa si intende per costituzionalismo ambientale e il rapporto con il costituzionalismo in generale - 3.1. La classificazione ambientale delle costituzioni – 3.2. Le fasi di crescita del fenomeno - 4. L’ordinamento tedesco e italiano: la primazia delle future generazioni – 4.1 L’art 20a e l’art 9 a confronto – 5. Conclusioni.

 

 

1. Introduzione La tutela dell’ambiente, nella specifica definizione giuridica della stessa, incarna la necessità di salvaguardia dei diritti dei singoli e della collettività. Il termine ambiente deriva dal latino ambiens, participio presente del verbo ambire, inteso come "andare intorno, circondare ", per tale ragione la parola "ambiente" si traduce in "tutto ciò che sta intorno o che circonda qualcosa". I problemi della tutela dell’ambiente (quelli che costituiscono la c.d. "questione ambientale") hanno assunto una dimensione epocale drammatica. Si sente spesso parlare ambiente inteso nella sua accezione più generica, facendo riferimento esclusivamente alle catastrofi naturali, ai cambiamenti climatici, all’inquinamento atmosferico, che, purtroppo, hanno caratterizzato e continuano a caratterizzare la nostra vita quotidiana. L’ampiezza delle questioni ambientali, la sua interdisciplinarità con altre materie e la sua inconciliabilità con una trattazione settoriale, però, determinano un’inutile ed illusoria ricerca di una definizione giuridica esaustiva. fronte all’impossibilità, anche da parte delle ricostruzioni più sofisticate di chiudere definitivamente la questione, "risulta più realistico individuare un contenuto minimo della materia ambientale" passibile di essere ampliato, secondo una concezione evolutiva, in relazione alle nuove esigenze e ai casi specifici, come afferma il Prof. Domenico Amirante. Seguendo questa linea di congiunzione si è orientata una delle prime, nonché, più autorevoli analisi comparatistiche sull’argomento in oggetto. La ricostruzione del diritto ambientale per cerchi concentrici, si deve allo studioso Michel Prieur [1], il quale ha delineato questo sistema di classificazione mediante il quale possa essere esaminato il carattere parzialmente o totalmente ambientale delle norme di diritto. Una griglia di lettura flessibile, evolutiva ed applicabile a differenti ordinamenti, nei quali tutelando l’aspetto ambientale, gli interessi, i diritti e le discipline possono essere modulati ad intensità variabile. I tentativi di costruzione del diritto ambientale fondati sulla prevalenza di una prospettiva economica o, al contrario, delle scienze naturali e dell’ecologia, sono destinate al fallimento, in quanto incapaci, con la loro mono causalità, di trovare soluzioni concrete. Per tale ragione, quando si parla di ambiente occorre superare visioni troppo semplicistiche e vagamente generalizzanti e considerarlo invece come un qualcosa di estremamente complesso e variegato, entro il quale l’uomo vive, opera ed entra in fitto interscambio con gli altri simili. Tutelare l’ambiente significa tutelare l’uomo. Non è un caso che le tematiche ambientali abbiano assunto ad oggi, un ruolo centrale nella maggior parte degli ordinamenti statuali di tutto il mondo, attraverso l’evoluzione di un processo storico che possiamo definire come costituzionalizzazione dell’ambiente [2]. È giusto evidenziare come, nell’ambito della tutela dell’ambiente, il diritto ambientale, abbia avuto origine soprattutto in sede sopranazionale. Prima della seconda metà del XX secolo, non si era mai sentita l’esigenza, nella comunità internazionale, di trovare risposta o soluzione ai problemi ecologici che cominciavano a delinearsi con il progredire dell’industria e con il proliferare dell’urbanizzazione. Sebben l’evento originario, segnale di una necessaria presa di posizione rispetto alla tutela dell’ambiente, avvenne durante una disputa tra Canada e Stati Uniti nella sentenza dell’11 Marzo 1941 (Caso Smelter), la considerazione della primarietà dell’ambiente, a livello internazionale, si rinviene nella Dichiarazione di Stoccolma del 1972. Nel corso di questi anni l’Unione Europea è stata certamente un importante motore di sensibilizzazione verso il tema ambientale e l’ambiente, non concepito più come un bene inesauribile e per tale motivo particolarmente bisognoso di attenzione, settore centrale della cooperazione tra stati [3]. La tutela dell’ambiente è infatti presente già da tempo nei Trattati europei: nel TUE, l’art. 3, p. 3 stabilisce che l’Unione persegue «lo sviluppo sostenibile, basato […] su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente»; nel TFUE, l’art. 11 prevede che «le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». Che il tema ambientale fosse primario lo si è potuto evincere anche dall’interesse mostrato, per l’argomento, dal Santo Padre, nell’enciclica pubblicata nel maggio 2015, “Laudato Si’”, che richiama il “Cantico delle Creature” di San Francesco. Il sottotitolo “Sulla cura della nostra casa comune” evidenzia i temi chiave affrontati nella lettera, quali: la cura dell’ambiente naturale e delle persone e il rapporto tra Dio, gli esseri umani e la Terra. Particolare attenzione è dedicata alle generazioni che verranno “Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?” così scrive il Santo Padre. “Le crisi economiche internazionali hanno mostrato con crudezza gli effetti nocivi che porta con sé il disconoscimento di un destino comune, dal quale non possono essere esclusi coloro che verranno dopo di noi. Ormai non si può parlare di sviluppo sostenibile senza una solidarietà fra le generazioni. Quando pensiamo alla situazione in cui si lascia il pianeta alle future generazioni, entriamo in un’altra logica, quella del dono gratuito che riceviamo e comunichiamo. Se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale. Non stiamo parlando di un atteggiamento opzionale, bensì di una questione essenziale di giustizia, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto appartiene anche a coloro che verranno.” [4]. E sono proprio le generazioni future, assieme alla tutela ambientale, ad avere un ruolo centrale poiché le decisioni e le azioni che prendiamo oggi avranno un impatto significativo sulle condizioni ambientali di domani. La gestione sostenibile delle risorse è essenziale per garantire che queste risorse siano disponibili anche per coloro che verranno, le emissioni di gas serra e l'uso insostenibile delle risorse naturali possono portare a cambiamenti climatici drastici che influenzeranno negativamente il clima, l'ambiente naturale e le condizioni di vita future. Preservare la biodiversità è fondamentale per garantire un ambiente sano a coloro che verranno. Fondamentale è uno dei principi cardine del diritto dell’ambiente: lo sviluppo sostenibile, un concetto definito dalla Commissione mondiale sull’ambiente nel rapporto Brundtland del lontano 1987, secondo il quale: “lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che coloro che verranno riescano a soddisfare i propri”. Il principio dello «sviluppo sostenibile» comprende l’insieme d’idee scaturite dalla presa di coscienza dell’uomo a livello planetario, connessa alla propria sopravvivenza, di un uso razionale delle risorse della natura. Come afferma il Prof. Vincenzo Pepe, uno dei maggiori ambientali italiani, nonché Presidente della Fondazione FareAmbiente: ‘’nell’era dell’Antropocene la tutela dell’ambiente non può prescindere dallo sviluppo sostenibile: un principio ordinatore del nuovo costituzionalismo ambientale globale” [5]. 2. L’ambiente nella dimensione comunitaria e la normativa internazionale Nella fase di nascita e di costruzione del corpus normativo ambientale il diritto internazionale ha svolto un ruolo propulsivo di notevole importanza, rappresentando il livello di prima elaborazione e di emersione delle tematiche ambientali. La principale eredità che del diritto internazionale consegna al costituzionalismo è l’elaborazione di alcuni grandi principi che sono transitati dal livello internazionale fino ad arrivare agli ordinamenti costituzionali. Ad inaugurare un costante processo di potenziamento dello status della protezione ambientale, nonostante le conferenze avutosi prima, è il Trattato di Roma del 1957 ove non sono rinvenibili menzioni di competenze comunitarie nel settore ambientale. La crescente coscienza circa i problemi ambientali, sviluppatasi a partire dai primi anni 70, portò a riconoscere la necessità di sviluppare una politica comunitaria in tale settore. Fu grazie a questa mutata sensibilità che nel 1973 il Consiglio adottò il «Primo Programma d’Azione sull’Ambiente», al quale, ben presto, ne seguirono altri. Tuttavia, anche se attraverso tale attività la CEE aveva assunto un ruolo sempre più importante nella protezione dell’ambiente, le basi giuridiche delle competenze della Comunità in materia ambientale rimanevano incerte. Con l’Atto Unico Europeo del 1987, fu dedicato un capitolo intero alla tutela ambientale inserendola tra le competenze comunitarie, ed è da qui che il principio di prevenzione, di correzione alla fonte e il "chi inquina paga" hanno iniziato a svolgere un ruolo cruciale nell’azione ambientale europea. La tutela internazionale dell’ambiente trae la sua origine da quei trattati che disciplinavano la condivisione tra Stati di risorse comuni transfrontaliere, come i corsi d’acqua. L’obiettivo però non era la tutela ambientale ma la garanzia di un buon vicinato. Doveroso ricordare il diritto consuetudinario, come fonte del diritto internazionale ambientale, in quanto contenitore dei principi pocanzi accennati. Tra le norme consuetudinarie rientrano i principi generali applicabili alla tutela internazionale dell’ambiente quali: - La regola “sic utere tuo ut alienum non laedas”, cioè puoi farne uso finché non danneggi gli altri, che è stato applicato al caso della sentenza arbitrale Trail smelter case del 1941, da cui ne discende il divieto di uno Stato di poter usare o permettere l’uso del territorio, che per emissioni di fumi causi danni al territorio (o a beni e persone) di un altro stato. Il danno deve essere significativo, provato, non essere un mero rischio e riguardare un incidente transfrontaliero. - Obblighi di due diligence, uso diligente di risorse, un uso in sé legittimo ma a certe condizioni. - Obbligo di cooperazione, che si declina nell’impegno a partecipare a partenariati globali e nell’inserimento di norme interne che definiscano responsabilità e risarcimento per danni. Ne discende l’integrazione nei piani economici di considerazioni di impatto ambientale, come la VAI (Valutazione di Impatto Ambientale). - Principio di prevenzione, per cui lo Stato deve regolare, ridurre, proibire attività che provocano un danno ambientale, adottando regole e misure appropriate, vigilando e controllando. Esso risponde ad un approccio sistemico e globale alla tutela dell’ambiente, un modello che si basa su una fiducia del sapere scientifico come tecnica di azione sociale. - Principio di precauzione, viene sancito con la Dichiarazione di Rio del 1992, interrompendo il circuito della mutua legittimazione fra scienza e politica, ponendo i responsabili politici ed amministrativi di fronte a difficili scelte. È un principio da rispettare in presenza di minacce di gravi danni ambientali irreversibili, anche in assenza di certezze scientifiche. - Principio “chi inquina paga”, per cui sta a chi inquina l’obbligo di prevenire, ridurre o cessare l’attività inquinante e pagare per eventuali danni. È il primo fra tutti ad essersi consolidato, fondato su un assetto curativo, sull’idea che l’inquinamento e i suoi elementi rappresentino delle eccezioni, del tutto controllabili da parte della società, attraverso l’azione dei pubblici poteri. Questo prototipo, ad oggi, è superato e nel tempo ha lasciato spazio ad un’impostazione di carattere preventivo. - Principio della sostenibilità, per cui non bisogna compromettere la possibilità delle future generazioni di sviluppare e soddisfare i propri bisogni. Nel corso degli anni, sono stati sviluppati strumenti e accordi legali internazionali per promuovere la gestione sostenibile delle risorse naturali e la conservazione dell'ambiente, al fine di sconfiggere un nemico comune che non ha frontiere nazionali. Si è elaborata, così, una legge europea per il clima. Nella comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, dell’ 11 dicembre 2019, si parla del Green Deal europeo come : “nuova strategia di crescita mirata a trasformare l'UE in una società giusta e prospera, dotata di un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall'uso delle risorse” . Il Green Deal europeo prevede un piano d’azione volto a promuovere l'uso efficiente delle risorse passando a un'economia pulita e circolare, a ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento. Accanto a questa nuova strategia proposta al fine di salvaguardare il nostro pianeta, la comunità scientifica che si occupa di registrare i dati sul clima ha reso note le inaspettate osservazioni degli ultimi decenni, producendo una serie di documenti ufficiali che hanno indirizzato agli organismi internazionali. Tra questi doveroso partire dal Clean Air Act, del 1953, prima nel Regno Unito e poi negli Stati Uniti. 2.1 Verso la COP28 del 2023 Volendo esaminare il significativo progresso normativo a livello internazionale, è opportuno richiamare il Clean Air Act del 1953, inizialmente introdotto nel Regno Unito e successivamente adottato negli Stati Uniti. Dopo un quadriennio di approfondimenti e proposte d'azione, nel 1956, il Parlamento britannico ha ratificato il Clean Air Act, la prima legislazione contro l'inquinamento atmosferico, consentendo alle autorità locali di designare zone di controllo delle emissioni, criminalizzando l'emissione di fumo scuro per più di cinque minuti all'ora dalle ciminiere. Gli effetti di questa legge sulla qualità dell'aria hanno avuto notevoli impatti sulla salute pubblica e sull'ambiente costruito, contribuendo al mantenimento a lungo termine delle facciate degli edifici. Negli Stati Uniti, il Clean Air Act fu promulgato nel 1963 e successivamente modificato in maniera significativa negli anni '70, '77 e '90 per affrontare nuove sfide come lo scambio di emissioni, le piogge acide e il buco dell'ozono. A livello internazionale, la considerazione prioritaria dell'ambiente emerge nella Dichiarazione di Stoccolma del 1972, il cui preambolo sottolinea che la protezione ambientale è di massima importanza per il benessere globale e lo sviluppo economico. Il principio 1 enuncia il "dovere inderogabile dell'uomo di proteggere e migliorare l'ambiente per le generazioni presenti e future". La Dichiarazione riflette la consapevolezza crescente dei problemi ambientali e del progressivo deteriorarsi delle condizioni dello stesso, in un momento nel quale, con gli shock petroliferi degli anni Settanta, emersero i primi segnali allarmanti degli stretti legami tra ecosistema e crescita economica e si sono resi evidenti i danni all'ambiente causati da uno squilibrato sviluppo industriale. Allo scopo di salvaguardare e migliorare l'ambiente per le generazioni presenti e future, divenuto per l'umanità un “obiettivo imperativo, un compito da perseguire insieme a quelli fondamentali della pace e dello sviluppo economico e sociale mondiale”, la Dichiarazione ha affermato 26 principi su diritti e responsabilità dell’uomo in relazione all’ambiente che ancora oggi rappresentano valide linee guida dell’agire umano e delle politiche di sviluppo. Successivamente ed in conseguenza del vertice di Stoccolma è stato istituito l’UNEP - United Nations Environment Programme, un organismo delle Nazioni Unite avente un rilevante ruolo propositivo e di guida nella battaglia per la salvaguardia dell’ecosistema terrestre [6] e, in linea con quanto delineato dalla conferenza svedese, nel 1977 fu redatto il Rapporto Leontief [7], volto a valutare i possibili scenari di fine secolo rispetto al binomio sviluppo-ambiente. Mentre nel 1987 la Commissione mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo (WCED, World Commission on Environment and Development, istituita nel maggio 1984 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite allo scopo di fornire raccomandazioni per un’agenda globale per il cambiamento) diede alle stampe l’importante Rapporto Brundtland (Our Common Future), sottolineando l'ambiente come un dovere umano essenziale per la salute e il progresso. La Conferenza di Rio costituisce una tappa fondamentale nel cammino verso la promozione di modelli di sviluppo sostenibile a livello mondiale. L'obiettivo prioritario dei 183 Paesi che, dopo due anni di intensi lavori preparatori, vi hanno partecipato, era quello di instaurare «una nuova ed equa partnership globale, attraverso la creazione di nuovi livelli di cooperazione tra gli Stati, i settori chiave della società ed i popoli», procedendo attraverso la conclusione di intese internazionali dirette a rispettare gli interessi di tutti gli abitanti della terra ed a tutelare l'integrità del sistema globale dell'ambiente e dello sviluppo. La Conferenza di Rio ha avviato una nuova fase della politica internazionale in materia di tutela dell'ambiente, incentrandola sulla costituzione di nuove forme di collaborazione in vista di una nuova società globale. Lo slogan coniato fu “Think globally, act locally” [8]. Un limite della Dichiarazione di Rio subito compreso fu che essa, così come quella di Stoccolma, si è sostanziata in norme di soft law, ossia nella semplice enunciazione di principi, che non si risolve in uno strumento vincolante per gli Stati che hanno convenuto di aderirvi e che non implica per questi diritti o doveri. Il Protocollo di Kyoto, approvato dalla Conferenza delle Parti (COP) nella sua terza sessione plenaria tenuta appunto a Kyoto dall'1 al 10 dicembre 1997 ed aperto alla firma il 16 marzo 1998, contiene le prime decisioni sull’attuazione operativa di alcuni degli impegni stabiliti durante il summit di Rio de Janeiro e formalizzati nella Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC - United Nations Framework Convention on Climate Change), del 1992 [9]. L’importanza del Protocollo consiste nel fatto che esso rappresenta il primo esempio di trattato globale legalmente vincolante, un ottimo punto di partenza nel cammino verso il recupero di un giusto ed equilibrato ecosistema. Ma a bloccare il processo di limitazione sulle emissioni gassose (passare dal 55% al 44,5%) furono, come immaginabile, gli Stati Uniti che da soli contribuiscono con il 36% delle emissioni globali. Un nuovo quadro giuridico fu delineato dall’Accordo di Parigi del 2015 che rappresenta sia un punto di partenza per innovative azioni di lotta al cambiamento climatico, sia un punto di arrivo trattandosi di "un evento tutt’altro che inaspettato o improvviso, ma il prodotto di un lungo lavoro di preparazione da parte della diplomazia del clima, formata dagli esperti che lavorano a tempo pieno nell'organizzazione creata dalla Convenzione Quadro” [10]. I lavori terminarono con l’adozione di due documenti costituenti il nuovo quadro giuridico ossia la Decisione della COP e il Paris Agreement. I documenti presentano diversa efficacia, infatti, solo l’Agreement costituisce la parte giuridicamente vincolante del “Paris Outcome” mentre la Decisione è priva di forza vincolante ma ha natura legale. Il risultato è che solo l’Accordo, in quanto atto vincolante, è stato sottoposto all’approvazione degli Stati. Tre i punti chiave: la mitigazione, l'adattamento e il sostegno finanziario. A far emergere, però, quanto l’Accordo di Parigi si sia rivelato insufficiente a perseguire gli obiettivi preposti fu il Rapporto speciale dell’IPCC consegnato ad ottobre 2018 all’UNFCCC. Frutto di intense ricerche, ha sottolineato che disporremmo solo di tempo fino al 2030 per limitare il global warming alla soglia considerata ancora sicura di +1.5° C rispetto al 1990. Ad attuare la piena realizzazione dell’Accordo di Parigi fu la XXIV Conferenza delle Parti (COP) svoltasi nella città polacca di Katowice nel dicembre 2018. L’elaborazione di un Rulebook, come era stato fatto precedentemente nel 2001 a Marrakesh per implementare il Protocollo di Kyoto, mira a rafforzare la fiducia che tutti i Paesi contribuiscano allo sforzo globale contro il cambiamento climatico. La Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP26) si è tenuta a Glasgow, Scozia, nel novembre 2021. È stata una delle conferenze più importanti degli ultimi anni per affrontare la crisi climatica e promuovere l'azione internazionale per limitare l'aumento della temperatura globale. Gli obiettivi principali individuati dalla Presidenza sono stati poi ripresi, l’anno successivo, a Sharm el-Sheikh il 7 e 8 novembre in occasione del vertice sull'attuazione per il clima che ha dato il via alla 27ª conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L' UE era rappresentata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel e dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, i quali hanno posto l'accento sull'urgenza di un'azione immediata in materia di cambiamenti climatici, riconoscendo allo stesso tempo che la guerra della Russia contro l'Ucraina ha reso la situazione più complessa. La COP28 si è conclusa lo scorso 13 dicembre, dopo intensi negoziati sulla dichiarazione finale, ha portato ad un compromesso sulla “transizione dai combustibili fossili”. Tra le principali misure previste c’è la triplicazione della capacità di energia rinnovabile nel mondo entro il 2030, un obiettivo approvato da 116 parti alla COP28 – senza Cina, India e Russia. 3. Cosa si intende per costituzionalismo ambientale e il rapporto con il costituzionalismo in generale Il costituzionalismo ambientale è un concetto che si riferisce all'inclusione di principi e diritti ambientali all'interno delle costituzioni nazionali. Si tratta di un approccio giuridico che mira a garantire la protezione dell'ambiente e la tutela dei diritti umani correlati attraverso la normativa costituzionale, delineandolo come un valore fondamentale ed un obbligo dello Stato e dei cittadini. Si tratta di definire a livello costituzionale i valori e gli obiettivi per la tutela dell’ambiente nonché di individuare gli organi legittimati ad effettuare scelte discrezionali sulle concrete soluzioni da adottare, ed i principi che debbono guidare tali scelte. Non è un caso che, nelle elaborazioni costituzionali più recenti, l’ambiente e la sua tutela siano stati introdotti espressamente, con un’ampia articolazione di soluzioni ed impostazioni. Alcuni dei principi e diritti ambientali che possono essere inclusi nel contesto del costituzionalismo ambientale includono: - Diritto a un ambiente sano: La costituzione può riconoscere il diritto fondamentale di ogni individuo a vivere in un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato. - Principio di sviluppo sostenibile: come guida per le decisioni politiche ed economiche. Ciò implica che lo sviluppo dovrebbe avvenire nel rispetto dei limiti ecologici, garantendo la conservazione delle risorse naturali per le generazioni future. - Responsabilità dello Stato: La costituzione può attribuire al governo la responsabilità di proteggere l'ambiente e di promuovere la sostenibilità ambientale. Ciò può includere l'adozione di politiche e misure per la gestione delle risorse naturali, la conservazione della biodiversità, la riduzione delle emissioni di gas serra e la mitigazione dei cambiamenti climatici. - Partecipazione pubblica: il coinvolgimento dei cittadini nella decisione e nella gestione delle questioni ambientali. - Cooperazione internazionale: La costituzione può sottolineare l'impegno dello Stato a collaborare con altre nazioni e organismi internazionali per affrontare le sfide ambientali globali. Di recente, l'importanza del costituzionalismo ambientale, sia nell'ambito degli studi costituzionali che in quelli di diritto ambientale in senso stretto, è stata sottolineata con efficacia da diversi autori. Una delle descrizioni più convincenti è quella di due studiosi di area common law (May e Daly), che individuano un'ampia gamma di motivazioni in base alle quali il livello costituzionale si dimostra essere quello più incisivo per affrontare le sfide poste dalla crisi ambientale, rispetto al livello internazionale e a quelli inferiori (legislativo, amministrativo e così via) [11]. Sicuramente, una maggiore stabilità ed aspettativa di durata del diritto costituzionale, rispetto alla legislazione ordinaria o a norme attuate indirettamente attraverso il diritto internazionale: la tutela ambientale risulta maggiormente garantita. Altro elemento, è il grado gerarchicamente superiore delle norme costituzionali, che conferisce ad esse un valore simbolico e di modello comportamentale più efficace rispetto al mero precetto normativo, e che favorisce una adesione condivisa da parte dei cittadini ai valori ambientali, al di là delle divisioni degli schieramenti politici. Sicuramente, una maggiore stabilità ed aspettativa di durata del diritto costituzionale, rispetto alla legislazione ordinaria o a norme attuate indirettamente attraverso il diritto internazionale: la tutela ambientale risulta maggiormente garantita. Altro elemento, è il grado gerarchicamente superiore delle norme costituzionali, che conferisce ad esse un valore simbolico e di modello comportamentale più efficace rispetto al mero precetto normativo, e che favorisce una adesione condivisa da parte dei cittadini ai valori ambientali, al di là delle divisioni degli schieramenti politici. Il costituzionalismo ambientale si rapporta al costituzionalismo in generale incorporando principi e diritti ambientali all'interno dei principi fondamentali delle carte nazionali. L'inclusione di tali principi e diritti nelle costituzioni riflette l'importanza crescente del tema come questione di interesse pubblico. Esso, infatti, fornisce un quadro giuridico solido per promuovere la protezione dell'ambiente, garantire la sostenibilità e tutelare i diritti umani correlati. Il costituzionalismo ambientale si pone al crocevia tra i diversi formanti che abitualmente vengono indagati nelle ricerche di diritto pubblico comparato. Si tratta, cioè, di un costituzionalismo che non ha sempre nelle Costituzioni il proprio riferimento principale. Come sappiamo, lo stesso trae impulso da quei grandi principi, già enunciati nel capitolo precedente, delineati a partire da Stoccolma ’72, che dal livello sovranazionale sono transitati fino ad arrivare agli ordinamenti costituzionali (ricordiamo la pietra miliare delle politiche ambientali a livello nazionale e internazionale, principio sviluppo sostenibile). Probabilmente, la più completa ricostruzione delle basi teoriche del costituzionalismo ambientale oggi disponibile può essere considerata quella del giurista sudafricano Louis Kotzé, che, nel volume Global Environmental Constitutionalism in the Antropocene, dedica una specifica analisi ai «fondamenti del costituzionalismo ambientale» [12]. L'autore parte dal presupposto che né le narrazioni basate su pericoli e minacce di carattere globale, come ad esempio quella del cambiamento climatico, né gli slogan politici, come quello dello sviluppo sostenibile, «sono stati capaci di favorire quel pensiero radicale e innovativo {...} in grado di cambiare il comportamento dell'uomo nei confronti dell’ambiente», mentre l’idea di Antropocene contiene in sé stessa il potenziale per raggiungere questo obiettivo, purché venga veicolata attraverso una normatività di livello superiore, che può essere assicurata solo dalle costituzioni. 3.1. La classificazione ambientale delle costituzioni Il Prof. Domenico Amirante nel suo “Costituzionalismo ambientale. Atlante giuridico per l’Antropocene”, ci offre una classificazione, basate su due differenti tassonomie, al fine di analizzare lo sviluppo del costituzionalismo ambientale, individuandone lo stato dell’arte e il divenire storico del fenomeno. Il primo approccio è quello di carattere sincronico, capace di fornire un elementare tassonomia descrittiva del tema in oggetto. È sicuramente il metodo più rapido ed intuitivo per descrivere la penetrazione delle tematiche ambientali nei diversi ordinamenti a livello mondiale. In tal senso, si possono individuare tre gruppi di costituzioni che vanno ordinate in relazione alle caratteristiche con le quali in esse assume rilievo l'ambiente, nelle sue diverse declinazioni e peculiarità. La prima categoria è quella delle costituzioni che si possono definire come ambientali, cioè testi che contengono fin dalle loro origini una caratterizzazione in senso ambientale e prevedono, quindi, specifici articoli dedicati all'ambiente, considerando la sua protezione come un elemento importante della propria complessiva struttura (costituzioni ambientali o CA). La prima Costituzione del vecchio continente che contiene riferimenti all'ambiente sin dall'origine è quella greca, approvata nel 1975, ma quelle più significative sono certamente le costituzioni della penisola iberica: la Costituzione portoghese del 1976 e quella spagnola del 1978. Nella seconda categoria si possono ricomprendere le costituzioni revisionate, nelle quali sono stati inseriti uno o più articoli ambientali, che devono quindi armonizzarsi all'interno di una struttura e di un contesto costituzionale già dati (costituzioni ambientali revisionate o CAR). In questo gruppo rientrano le costituzioni ambientali nelle quali uno o più articoli ambientali sono stati inseriti in testi già in vigore, esse rappresentano solo il 17% degli ordinamenti costituzionali mondiali e va rilevato che mole costituzioni europee considerate modelli classici di costituzionalismo (come, ad esempio, quelle di Germania, Italia, Francia, Belgio, Austria) appartengono a questa categoria. Nella terza categoria rientrano invece quegli ordinamenti nei quali lo status costituzionale dell'ambiente, in mancanza di specifici riferimenti testuali, può essere ricostruito soltanto sulla base della giurisprudenza, prevalentemente delle corti costituzionali (costituzioni silenti o CS), ad oggi soltanto il 20% degli ordinamenti costituzionali attualmente vigenti non ha riferimenti scritti a promozione o tutela dell'ambiente. Nel terzo gruppo rientrano ordinamenti di common law, quali: Stati Uniti, Canada, Australia e Gran Bretagna. Occorre precisare che le costituzioni ambientali, quelle che presentano ab origine una disciplina specifica e organica sull'ambiente, non potranno che essere testi relativamente giovani, in quanto l'interesse per l'ambiente, soprattutto nella normativa costituzionale, si è sviluppato solo verso la fine del Novecento. Per motivi storici, quindi, le costituzioni emanate prima di questo periodo non includevano norme riguardanti l’ambiente. Questa prospettiva ad illustrazione storica consente di delineare una vera e propria traiettoria ascendente relativa alla presenza dei temi ambientali in costituzione. Se è vero che siano state le democrazie classiche del blocco euro-atlantico ad aver mostrato una maggiore reticenza in merito alla costituzionalizzazione dell’ambiente, è anche vero, che è nelle costituzioni del Sud del mondo che si ritrovano le innovazioni più coraggiose. 3.2. Le fasi di crescita del fenomeno Si rilevano tre fasi dello sviluppo del costituzionalismo ambientale: - Fase nascente (dagli anni ’70 fino alla caduta del muro di Berlino, 1989) caratterizzata da una concezione strumentale dell’ambiente - Fase adolescenziale (anni ’90) che ha determinato un forte sviluppo su scala mondiale del tema attraverso le costituzioni dell’Europa dell’est e dell’America latina. - Fase adulta (inizia nel Terzo millennio) che si avvia alla pian maturità, c.d. nuovo costituzionalismo ambientale proveniente dal Sud del mondo con ruolo centrale dei temi all’interno delle carte costituzionali. Nella prima metà del Novecento la nozione di ambiente era ancora in fase di elaborazione nell'ambito delle cosiddette scienze esatte e tantomeno affiorava nel dibattito giuridico e in quello istituzionale. È proprio il dibattito relativo all'introduzione del paesaggio nella Costituzione italiana, che da alcuni comparatisti viene addirittura identificata come la prima norma ambientale costituzionale [13] a illustrare la mancanza di sensibilità ambientale dell’epoca. Molte delle opinioni contrarie a identificare la tutela del paesaggio come una questione degna di entrare nella Carta fondamentale della nuova democrazia italiana, nonostante tali persistenti obiezioni, prevalse comunque l'orientamento favorevole all'introduzione del paesaggio nell'articolo 9, ma in ragione di una prospettiva che tendeva a valorizzare forme di tutela del cosiddetto «stato di cultura». In questa fase siamo ben lontani, come si può facilmente intuire, da una consapevole sensibilità ambientale. Il diritto dell'ambiente come corpus normativo nasce sostanzialmente fra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, sotto la spinta di alcune importanti conferenze internazionali, già sopracitate. Fondamentale per la nostra analisi, è la già menzionata Conferenza di Stoccolma del 1972 che influenzò moltissimo le politiche domestiche e internazionali. Dopo Stoccolma, diversi paesi iniziarono a modificare i propri testi costituzionali o quando ne venivano scritti di nuovi era sempre più comune che includessero provvisioni a favore dell’ambiente. In questa fase, le costituzioni europee, soprattutto quella spagnola e quella portoghese, furono delle vere e proprie pioniere. Quegli anni rappresentarono il periodo di allineamento di tre grandi paesi europei mediterranei e latini al costituzionalismo democratico e sociale del secondo dopoguerra, che si sostanzia nella caduta di tre regimi autoritari, quello dei colonnelli in Grecia, il franchismo in Spagna e il salazarismo in Portogallo. Si formano quindi a pochi anni di distanza (dal 1975 al 1978) tre nuovi assetti costituzionali che aggiungono il quid pluris della tutela dell'ambiente. La prima grande Costituzione che può definirsi come ambientale in senso tecnico è quindi quella della' Grecia, anche se il testo del 1975 non optò per il riconoscimento di un diritto all'ambiente, e considerando la tutela dell’ambiente come un dovere dello stato [14]. Nel 1976 viene approvata la nuova Costituzione portoghese, che sotto l'influenza del costituzionalismo democratico di ispirazione socialista configura, per la prima volta in Europa, una densa e dettagliata disciplina in materia di ambiente. Vi sono riferimenti diretti all'ambiente in due articoli (l'articolo 66, rubricato «ambiente e qualità della vita», e l'articolo 91), mentre si può individuare un riferimento indiretto all'ambiente nell'articolo 9, in relazione alla «qualità della vita» intesa in senso generale. La dottrina lusofona evidenzia criticamente il carattere rivelatore di una «certa ingenuità importata dal diritto internazionale» [15]in quanto il diritto all'ambiente, inserito fra i diritti e doveri sociali, non appare dotato di un rilievo costituzionale primario. Tuttavia, secondo il Prof. Amirante, la triade «equilibrio ecologico-tutela dell'ambiente-qualità della vita», contenuta nel testo originario, rappresenta un balzo in avanti concettuale rispetto alla sensibilità costituzionale dell'epoca, anche perché consente comunque di ricondurre le tematiche ambientali nell’alveo dei principi fondamentali della Repubblica. Orientato verso un approccio strumentale è anche il modello spagnolo, che merita di essere richiamato per il particolare rilievo che assume in esso l'atteggiarsi dei rapporti fra disciplina dell'ambiente e costituzione economica. I riferimenti all'ambiente sono tutti racchiusi nell'articolo 45, inserito nella parte prima della Costituzione (diritti e doveri fondamentali), ma nella rubrica relativa ai «principi che reggono la politica sociale ed economica». A una prima lettura dell'articolo 45 possiamo immediatamente riscontrare un approccio analogo a quello portoghese, basato sulla duplice natura attribuita alle norme sull'ambiente. Il costituzionalismo ambientale avanza negli anni’90, fondamentale la tappa della caduta del muro di Berlino, che segna un vero e proprio cambio di rotta, con la crescita di un numero notevole di costituzioni che prevedono norme a tutela dell’ambiente. Tre sono i motivi fondamentali che concorrono all'espansione del costituzionalismo ambientale su scala mondiale. Innanzitutto, l'ulteriore presa di coscienza della centralità delle tematiche ambientali è dovuta a tragici episodi di particolare impatto mediatico ed emotivo, fra i quali spicca il disastro della centrale nucleare di Chernobyl del 1986. A livello internazionale la Conferenza di Rio de Janeiro del 1992 rappresenta, inoltre, un vero e proprio punto di svolta, individuando la tutela dell'ambiente come una priorità della politica internazionale, attraverso l'enunciazione di una serie di principi, in parte anche molto innovativi, contenuti nell'Agenda 21, il principale documento approvato in quella sede. Il terzo elemento va individuato nell'ondata di rinnovamento politico-istituzionale seguita alla caduta del muro di Berlino, che ha determinato una trasformazione degli equilibri geopolitici internazionali e un conseguente riordino delle costituzioni dell'Est Europa. Il rinnovamento costituzionale ha rappresentato per i paesi di quell'area - ma anche per molti paesi di altri continenti usciti dalla sfera d'influenza sovietica - un'occasione per introdurre nelle nuove Carte fondamentali principi relativi alla tutela dell'ambiente. La Conferenza di Rio con il rinnovo dell’interesse internazionale per il tema dell’ambiente, assieme alla fine della Guerra Fredda e il crollo dell’URSS permisero un ulteriore sviluppo del costituzionalismo ambientale all’interno del percorso di riforme costituzionali che stava attraversando in quel momento l’ex area sovietica. Prima fra tutte la Costituzione della Federazione Russa che, nel 1993, afferma all'articolo 42 un vero e proprio diritto all'ambiente. La riforma costituzionale più importante di questo periodo è quella tedesca, che, pur rappresentando la conclusione di un dibattito politico e dottrinale più che ventennale, viene approvata nel 1994, sotto la spinta del Trattato di unificazione che richiedeva, in sede di riunione delle due Germanie, l'approvazione di norme costituzionali per individuare i nuovi «obiettivi dello stato». Questa riforma inserisce la costituzionalizzazione dell’ambiente in un pacchetto più ampio di modifiche costituzionali. Il testo del 1994 dà vita ad un nuovo articolo 20a, che si colloca nel titolo II della Legge fondamentale e non all’interno del catalogo dei diritti fondamentali ma fra i principi programmatici dello stato. Lo stesso affermava il compito dello Stato, in quanto obbligo verso le generazioni future, di proteggere le “natürlichen Lebensgrundlagen”, ovvero i “fondamenti naturali della vita”. Al di fuori dell’Europa si manifestano le prime tendenze di uno sviluppo del costituzionalismo ambientale orientato a conferire una maggiore centralità al tema del rapporto fra uomo e ambiente come elemento rilevante per gli equilibri complessivi dell’ordinamento costituzionale. Il fenomeno del cosiddetto “nuovo costituzionalismo ambientale”, originatosi nell’America Latina, che vede protagonisti gli stati del ‘’Global South’’. Fra le costituzioni che segnano una svolta in tal senso si può menzionare quella brasiliana del 1988, che inserisce la tutela ambientale in una visione di sviluppo integrato e conferisce particolare valore alle forme di tutela del diritto all'ambiente. La fase adulta del costituzionalismo ambientale si sviluppa essenzialmente a partire dai primi anni del Terzo millennio ed è caratterizzata, da una parte, dalla diffusione generalizzata delle costituzioni ambientali in tutti i continenti e, dall'altra, da una svolta in senso qualitativo, attraverso la valorizzazione dei temi ambientali come elementi determinanti del costituzionalismo contemporaneo. Qui le innovazioni più significative derivano prevalentemente da processi costituenti che non riguardano solo le tematiche ambientali, ma partono dalla costruzione dell’intero ordinamento, fenomeno che favorisce l'inserimento dei valori ambientali nell'ethos costituzionale. Queste innovazioni, che toccano ordinamenti diversi fra loro e appartenenti a differenti continenti, non consentono una lettura univoca. Dal punto di vista storico è certamente l'America Latina l'area in cui si sono concentrate le maggiori innovazioni costituzionali, in particolare attraverso le due costituzioni-simbolo della fase adulta del costituzionalismo ambientale, quelle di Ecuador e Bolivia, rispettivamente del 2008 e 2009, che pongono al centro dell'ordito costituzionale il rapporto fra uomo e ambiente e dalle quali conviene quindi partire. Questi due testi, noti soprattutto per aver introdotto elementi innovativi quali i riferimenti alla madre terra (individuata nella tradizione autoctona della Pacha Mama), alla natura e ai suoi diritti, in realtà sono paradigmatici del forte impegno nei confronti dell'ambiente, che diventa elemento strutturante dell'ordinamento giuridico e della stessa architettura costituzionale e istituzionale. 4. L’ordinamento tedesco e italiano: la primazia delle future generazioni Il modo in cui le generazioni presenti si occupano dell'ambiente avrà un impatto significativo sulle condizioni che coloro che abiteranno il pianeta domani, dovranno affrontare. Le problematiche ambientali si muovono, infatti, su piani temporali che coinvolgono inevitabilmente più generazioni: Edith Brown Weiss ha impiegato la metafora del “trustplanetario” [16] per descrivere i diritti e gli obblighi degli appartenenti alla generazione presente verso i propri contemporanei (quali beneficiaries, in ottica ‘intra’ generazionale), e verso le future generazioni (quali trustees, in ottica ‘inter’ generazionale). La solidarietà intergenerazionale costituisce, pertanto, un concetto ampiamente condiviso nelle Costituzioni degli Stati membri dell’Unione ed un potenziale parametro di riferimento per l’integrazione in senso ambientale della clausola generale delle ‘tradizioni costituzionali comuni’[17]. La solidarietà intergenerazionale figura in 12 Costituzioni ambientali di Stati membri dell’Unione, utile alla nostra analisi, sicuramente l’esame di quella tedesca. In riferimento all’ordinamento tedesco, utile ricordare la Legge del 1975 sulla conservazione delle foreste e la promozione della silvicoltura (Bundeswaldgesetz). Successivamente il concetto della sostenibilità è stato utilizzato esplicitamente nel senso che le risorse naturali possono essere utilizzate e gestite in modo tale da garantire la loro conservazione a lungo termine e la loro utilizzabilità anche da parte delle generazioni future. La Germania e l'Italia sono due paesi europei con una grande importanza economica e influenze culturali significative. Quando si tratta di considerare le future generazioni e l'ambiente, entrambi i paesi si sono impegnati in diverse misure per affrontare le sfide ambientali e promuovere uno sviluppo sostenibile. La Germania è nota per il suo impegno nella transizione verso fonti di energia rinnovabile e la riduzione delle emissioni di gas serra. Il paese ha fatto grandi progressi nel settore dell'energia verde, con una quota significativa della sua produzione energetica proveniente da fonti rinnovabili come l'eolico e il solare. Esso rientra tra i Paesi precursori della c.d. transizione energetica all’interno dell’Unione europea [18]. L’Italia, invece, ha cercato di rilanciare il ricorso all’energia nucleare, con il referendum del giugno 2011, risultato fallimentare. L’esito, infatti, ha chiaramente evidenziato la volontà di intraprendere percorsi e politiche diverse sull’energia. Ciò nonostante, nell’ottobre del 2019, ha introdotto il d.l. n.111, recante misure urgenti per il rispetto degli obblighi previsti dalla dir. N. 2008/50/CE (convertito con l. 12 dicembre 2019, n.141), che prevede il coordinamento delle politiche pubbliche per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e l’introduzione di interventi a tutela dell’ambiente. Entrambe le nazioni si sono impegnate a ridurre le emissioni di gas serra. La Germania ha adottato politiche e misure per ridurre le emissioni nel settore dell'energia, dei trasporti e dell'industria. L'Italia ha intrapreso azioni simili, puntando a ridurre le emissioni di CO2 e a promuovere la mobilità sostenibile. 4.1 L’art 20a e l’art 9 a confronto Per quanto riguarda il livello costituzionale, la Repubblica Federale di Germania ha introdotto nel 1994 la tutela costituzionale delle ‘basi naturali della vita’– e, dal 2002, degli animali – “assumendo con ciò la propria responsabilità anche nei confronti delle generazioni future” (art. 20a GG). L’articolo 20a, si inserisce all’interno della seconda sezione della Carta costituzionale tedesca, denominata ‘’La Federazione e i Länder’’: ‘’ Lo Stato tutela, assumendo con ciò la propria responsabilità anche nei confronti delle generazioni future, i fondamenti naturali della vita mediante l’esercizio del potere legislativo, nel quadro dell‘ordinamento costituzionale, e dei poteri esecutivo e giudiziario, in conformità alla legge e al diritto» [19] L’art. 20a Grundgesetz è non casualmente collocato tra le disposizioni relative agli obiettivi dello Stato (Staatszielbestimmung). L’Umweltstaatsprinzip (principio dello Stato ambientale) ha contenuto precettivo direttamente vincolante, seppur di carattere oggettivo [20], e non di diritto soggettivo. In un ordinamento, come quello tedesco, che prevede il ricorso individuale diretto alla giustizia costituzionale (nella forma del Verfassungsbeschwerde), l’art. 20a è invocato, ad adiuvandum, a sostegno di violazioni denunciate del diritto fondamentale alla vita e all’integrità fisica(art. 2, comma 2,GG). Prima dell’introduzione dell’art. 20a, la tutela dell’ambiente già si delineava all’interno della Costituzione della Repubblica Democratica Tedesca del 1968, dovendo la stessa “assicurare la protezione della natura [...] nell’interesse del benessere dei cittadini” (art. 15, comma 2). Basti pensare che il Patto di unificazione dei due Stati tedeschi (Einigungsvertrag del 31 agosto 1990) che richiese l’inserimento della protezione ambientale tra le norme costituzionali riguardanti gli obiettivi dello Stato, ispirandosi all’opera di “alfabetizzazione” [21] promossa dalle Costituzioni di alcuni Länder. Dei sedici Länder attuali, ben cinque prevedevano la tutela costituzionale dell’ambiente ancor prima della riunificazione: due Costituzioni statali– la Costituzione del Saarland del 1947 (art. 34, comma 2), promulgata sotto il protettorato francese, e la Costituzione bavarese del 1946 (art. 141) –contenevano ab origine appositi riferimenti alla Natura, nell’ottica primigenia della protezione paesaggistica (Landschaft). Proprio in Baviera, la riformulazione dell’art. 141 operata con revisione del 20 giugno 1984 introdusse per prima la nozione di fondamento naturale della vita (ovvero base naturale, natürlichen Lebensgrundlagen) e la responsabilità per le generazioni future, poi riprese dall’art. 20a, dando la stura alla progressiva emancipazione del diritto ambientale dalla dimensione estetico-culturale della tutela paesaggistica. La formulazione del novellato art. 9 Costituzione italiana rivela intuitivamente echi della revisione costituzionale tedesca del 27 ottobre 1994, persino le posizioni emerse in seno al dibattito dottrinale italiano paiono ricalcare quanto già affermato in Germania. Qui al tempo –come più recentemente in Italia [22] - emersero posizioni dottrinali differenti. Nel nostro paese, come ricorda il Prof. Domenico Amirante: le proposte di riforma di maggiore rilievo possono essere riassunte in tre categorie, quelle minimaliste, quelle forti quelle intermedie, che potremmo definire anche come compromissorie. Fra quelle minimaliste il d.d.l. Gallone (A.S. 1532) prevedeva il mero inserimento del lemma ambiente accanto al “paesaggio” nel testo dell’articolo 9, senza ulteriori specificazioni, propendendo per un intervento meramente formale, che avrebbe lasciato la situazione della tutela ambientale praticamente invariata, cioè essenzialmente dipendente dall’interpretazione della Corte costituzionale. Fra quelle più incisive, vanno individuate le due proposte a firma di De Petris e altri (A.S. 83 e A.S. 212), che disegnano una versione forte di tutela ambientale. La prima prevedeva (A.S. 83) la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi «come diritto fondamentale della persone e della comunità», indicando anche la necessità di promuovere «le condizioni che rendono effettivo questo diritto». Nella seconda proposta (A.S. 212), riformulata in termini leggermente diversi rispetto alla prima, veniva aggiunto un comma finale sulla protezione degli animali «come esseri senzienti», che prevedeva l’obbligo di garantire agli stessi «un’esistenza compatibile con le loro caratteristiche etologiche». A metà strada fra le posizioni minimaliste e quelle “forti”, il d.d.l. Petrilli (A.S. 1203), proponeva l’aggiunta all’articolo 9 di un comma più stringato, dal tenore «la Repubblica tutela l’ambiente e l’ecosistema, protegge le biodiversità e gli animali, promuove lo sviluppo sostenibile, anche nell’interesse delle future generazioni». In Germania si polarizzarono tesi “minimaliste”, prevalenti tanto tra i costituzionalisti quanto tra i partiti di maggioranza, e tesi “programmatiche”, minoritarie in dottrina . Le posizioni minimaliste muovevano dal carattere “formale e misurato” [23] di un testo legalista come il Grundgesetz, nel timore dell’indebolimento normativo comportato dalla “sovraesposizione” della Costituzione contenuti etici [24]. Il fronte opposto, di carattere programmatico, proponeva l’integrazione ambientale della Costituzione, quale strumento di giustizia sociale che fungesse da correttivo delle distorsioni derivanti dall’applicazione acritica dei principi liberali. Sovrapponendosi al dibattito che contrapponeva tesi minimaliste e programmatiche, s’assisteva altresì alla controversia tra visioni antropocentriche ed ecocentriche, vertente sul delicato bilanciamento tra interessi umani e non umani. In questo dibattito ha assunto un ruolo determinante l’azione politica dei partiti della Christlich Demokratische Union Deutschlands (CDU), della Christlich-Soziale Union (CSU) e del Freie Demokratische Partei (FPD) che, solo dopo l’unificazione, spinsero per un negoziato più proficuo al fine di inserire tra gli obiettivi statali la tutela dell’ambiente [25]. La protezione dei fondamenti naturali della vita tentò il superamento di questa dicotomia con un “compromesso soltanto apparente: praticamente e teleologicamente gli interessi della natura non umana possono essere realizzati solo dagli stessi uomini alla luce dell’interpretazione umana” [26]. I commenti maturati nei mesi successivi all’approvazione della riforma costituzionale evidenziano non trascurabili aspetti di positività, rendendo forse sterile la diatriba sulla natura dichiarativa o costitutiva (ovvero, in altri termini, di bilancio o programma) della novella. Pur non apparendo evidente nell’immediato, infatti, la revisione dell’art. 9 importa un paradigm shift, un “riorientamento gestaltico” della materia che, se da un lato stabilizza l’emancipazione dell’ambiente dal paesaggio, dall’altro comporta la diretta responsabilità degli attori politici in misura non difforme dall’Umweltstaatsprinzip tedesco. 5. Conclusioni La riforma costituzionale italiana ha sottolineato il suo carattere doppiamente simbolico, di cui deve riconoscersi, senza alcun dubbio, una spiccata valenza civica e sociale, al di là degli aspetti tecnicogiuridici. Da una parte, infatti, affermare solennemente il dovere della Repubblica (non del solo stato quindi, ma di tutte le componenti dell'ordinamento, cittadini inclusi) di tutelare «l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi» rappresenta un messaggio forte, che non potrà essere ignorato né dal legislatore, né dagli operatori giuridici, né, tantomeno, dal mondo dell'impresa e del lavoro. Da oggi l'ambiente non è più una questione che interessa soltanto sparuti movimenti sociali, gruppi giovanili di belle speranze oppure alcuni amanti della natura, ma una preoccupazione quotidiana di tutti. Dall'altra, la tutela dell'ambiente diventa uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione, acquisendo un valore fondante (e quindi assiologico) per tutto l'ordinamento, con la conseguenza che essa non potrà più essere sacrificata, nel bilanciamento operato dalle corti, di fronte ad altri valori o diritti costituzionali di rango inferiore. La centralità delle future generazioni e la tutela dell’ambiente, ci permette il raffronto con la Germania, che con l’emendamento del 1994 dispose il dovere statale di garantire alle future generazioni le risorse naturali, imponendo ai poteri dello Stato di garantire un ambiente sano per il futuro. Per quanto riguarda il riparto delle competenze tra il livello centrale e il livello locale, ai sensi degli articoli 72 e 74 della Grundgesetz, rientrano pertanto nelle materie di competenza concorrente tra Bund e Länder: la tutela della natura e del paesaggio; la gestione delle risorse idriche; la promozione dell’agricoltura; il diritto alimentare; la gestione e smaltimento dei rifiuti e l’inquinamento. Si può pertanto ritenere, in definitiva, che nonostante la riforma costituzionale l’ordinamento tedesco continui ad essere caratterizzato da forti poteri dei Länder, e comunque da un ruolo di questi ultimi che appare ancora prevalente o equiparato a quello del Bund nelle materie strettamente collegate con la tutela dell’ambiente. In Italia, ad oggi, il riparto di competenze è suddiviso tra stato e regioni. Nei decenni precedenti alla riforma del titolo V, la Corte Costituzionale ha riconosciuto una potestà legislativa alle Regioni in merito alla materia ambientale, ricostruendo la stessa una materia trasversale per ricongiungersi alle altre materie di competenza regionale e, nel contempo, a riconoscere una competenza legislativa generale dello Stato nella materia ambientale, in nome di una esigenza di uniformità della disciplina, esigenza da riscontrarsi caso per caso alla luce degli specifici interessi in giuoco. Tale riconosciuta competenza statale si accompagnava comunque ad una competenza concorrente delle Regioni, le quali, disciplinavano materie connesse all’ambiente. In seguito, un ulteriore suddivisione nell’ambito della medesima materia per quel che concerne le funzioni di tutela e di valorizzazione, ai fini, rispettivamente, della delimitazione della potestà legislativa esclusiva statale e concorrente statale e regionale. Successivamente, il dibattito in dottrina ha evidenziato come la tutela dell’ambiente rimessa alla competenza esclusiva statale non possa essere una “vera” materia, essendo un interesse trasversale, tutelato dalla Costituzione, che già la Corte aveva riconosciuto quale espressione dell’ordinamento e che, in quanto trasversale, contempla anche le materie di competenza regionale. *Laureata in scienze della politica, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. [1] M. Prieur, Droit de l’environment, Paris, dalloz, 2004. [2] D. Amirante, “Costituzionalismo ambientale. Atlante giuridico per l’Antropocene”. Il mulino, 2022. [3] U. Leanza, I. Caracciolo, “Il diritto internazionale: diritto per gli Stati e diritto per gli individui” parti speciali (III edizione). Giappichelli editore, 2020. [4] Cap 4 Un’Ecologia Integrale V. La giustizia tra le generazioni [5] V. Pepe, Le ‘’comunità energetiche’’ come nuovi modelli giuridici di sviluppo sostenibile. Rivista Giuridica AmbienteDiritto.it - ISSN 1974 - 9562 - Anno XXII - Fascicolo n. 3/2022. [6] D.Amirante, L’ambiente preso sul serio. Il percorso accidentato del costituzionalismo ambientale, in Diritto pubblico comparato ed europeo, Maggio 2019, p. 11. [7] W.Leontief, Il futuro dell'economia mondiale. Rapporto per le Nazioni Unite sui problemi economici di lungo termine: popolazione, risorse alimentari, risorse minerarie, inquinamento, commercio, movimento di capitali, strutture istituzionali, EST Mondadori, Milano, 1977. [8] B.Ward, R.Dubos, Una sola terra, trad. it. di G. Barbè Borsisio, E. Capriolo, Mondadori, Milano, 1972 [9] A.Molocchi, La scommessa di Kyoto: politiche di protezione del clima e sviluppo sostenibile, F. Angeli, Milano, 1998; P.Galizzi, La terza Conferenza delle Parti della Conferenza sul cambiamento climatico (Kyoto, 1/10 dicembre 1997), in Riv. giur. amb., 1998; C.Pontecorvo, Interdependence between global environmental regimes: the Kyoto Protocol on climate change and forest protection, in Zeitschrift für Ausländisches Öffentliches Recht und Völkerrecht (ZaöRV), 1999, vol. 59, n.3 [10] S.Nespor, La lunga marcia per un accordo globale sul clima: dal Protocollo di Kyoto all’accordo di Parigi, in www.nespor.it , 2016. [11] J.R. May and E. Daly, Global Environmental Constitutionalism, Cambridge, Cambridge University Press, 2014; si veda altresì L.-J. Kotzé, Global Environmental Constitutionalism in the Anthropocene, Oxford, Hart Publishing. 2016. [12] L.J. Kotzé, Global Environmental Constitutionalism in the Anthropocene, Portland, Hart Publishing, 2016. [13] D.R. Boyd, The Environmental Rights Revolution: A Global Study of Constitutions, Human Rights and the Environment, Vancouver, University of British Columbia Press, 2011, pp. 225 ss., inserisce la Costituzione italiana del 1948, grazie all'articolo 9 in materia di paesaggio, fra le prime costituzioni ambientali. Tuttavia, fino agli anni Settanta del Novecento credo si possa semmai parlare soltanto di preistoria del diritto costituzionale ambientale [14] L'articolo 24 della Costituzione greca prevede: «1) La protezione dell'ambiente naturale e culturale costituisce un dovere per lo stato, Lo stato è tenuto a prendere delle misure speciali preventive o repressive per la sua conservazione». [15] In questo senso C.A. Gomes, Constituição e ambiente: errância e simbolismo, in «Veredas do Direito: direito ambiental e desenvolvimento», 9, 17, 2012. [16] E. Brown Weiss, The Planetary Trust: Conservation and Intergenerational Equity, in EcologyLQ, 1984. [17] M. Graziadei, R. de Caria, The “Constitutional Traditions Common to the Member States” in the Case Law of the Court of Justice of the European Union: Judicial Dialogue at its Finest, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 4 (2017), 949-971.F.G. Menga, Dare voce alle generazioni future, cit., 76. [18] C. Petteruti, Diritto dell’ambiente dell’energia. Profili di comparazione. Edizioni scientifiche italiane, 2020, pag.16 e ss. [19] Sull’art. 20a della Legge fondamentale si rinvia più ampiamente a P. BADURA, Vorhabenplanung im Rechtsstaat, in Festschrift für Werner Hoppe, München, C.H.BECK, 2000, 167 ss.; U. BECKER, Die Berücksichtigung des Staatsziels Umweltschutz beim Gesetzesvollzug, in DVBl. 1995, 713 ss.; A. BEHRENDS, Der Verfassungsauftrag zum Schutz der Umwelt (Art. 20a GG) und die gesetzgeberische Behandlung der regenerativen Energieerzeugung, in ZNER, 2000, 184 ss.; U. BERLIT, Die Reform des Grundgesetzes nach der staatlichen Einigung Deutschlands, in JöR, n.F. 44, 1996, 17 ss.; W. BÜCKMANN - H. ROGALL, Nachhaltigkeit – rechtliche und wirtschaftswissenschaftliche Aspekte, in UPR, 2001, 121 ss; H. DÄUBLER-GMELIN, Die Verankerung von Generationengerechtigkeit im Grundgesetz Vorschlag für einen erneuerten Art. 20a GG, in ZRP, 2000, 27 ss., F. EKARDT, Praktische Probleme des Art. 20a GG in Verwaltung, Rechtsprechung und Gesetzgebung, in Sächs. VBl., 1998, 49 ss.; C. F. GETHMANN, Tierschutz als Staatsziel – Ethische Probleme, in F. THIELE (a cura di), Tierschutz als Staatsziel?, 2001, 50 ss.; HÄBERLE, Ein Verfassungsrecht für künftige Generationen –Die „andere” Form des Gesellschaftsvertrages: der Generationenvertrag, in Festschrift für Hans F. Zacher, Heidelberg, C.F. MÜLLER VERLAG, 1998, 215 ss.; W. HOPPE - M. BECKMANN - KAUCH, Umweltrecht, München, Beck, seconda edizione, 2000; M.HUBER, Weniger Staat im Umweltschutz, in DVBl., 1999, 489 ss.; F.A. JAHN, Empfehlungen der Gemeinsamen Verfassungskommission zur Änderung und Ergänzung des Grundgesetzes, in DVBl., 1994, 177 ss.; M. KLOEPFER, Umweltrecht, München, C. H. Beck, quarta edizione, 2016; J. MENZEL, Das Konzept der „nachhaltigen Entwicklung” – Herausforderungen an Rechtssetzung und Rechtsanwendung, in ZRP, 2001, 221 ss.; B. REINHARD, Art. 20a GG – Staatsziel „Umweltschutz”, in JuS, 2000, 1245 ss.; J. SALZWEDEL, Umweltschutz, in J.ISENSEE - KIRCHHOF (a cura di); Handbuch des Staatsrechts der Bundesrepublik Deutschland, Heidelberg; C.F. MÜLLER VERLAG, volume III, 1988, 1205 ss.; R. SANNWALD, Die Reform des Grundgesetzes, in NJW, 1994, 3313 ss.; H. SOELL, Umweltschutz, ein Grundrecht?, in NuR, 1985, 205 ss.; J. TREMMEL - M. LAUKEMANN - C. LUX, Die Verankerung von Generationengerechtigkeit im Grundgesetz – Vorschlag für einen erneuerten Art. 20a GG, in ZRP, 1999, 432 ss.; B. REINHARD, Art. 20a GG – Staatsziel „Umweltschutz”, in JuS, 2000, 1245 ss.; A. SCHINK, Umweltschutz als Staatsziel, in DÖV, 1997, 221 ss.; J. TREMMEL - M.LAUKEMANN - C.C. LUX, Die Verankerung von Generationengerechtigkeit im Grundgesetz – Vorschlag für einen erneuerten Art. 20a GG, in ZRP, 1999, 432 ss. [20] A. Marocchino, L’esperienza tedesca, cit.,35-36,riporta gli obiettivi di tutela garantiti dall’art. 20a: “il divieto di peggioramento, il mantenimento dei «diritti acquisiti dall’ambiente», la prevenzione del rischio e la considerazione dell’irreversibilità o meno degli effetti delle azioni sull’ambiente”. [21] D. Amirante, Ambiente e principi costituzionali nel diritto comparato, in D. Amirante (a cura di), Diritto ambientale e Costituzione. Esperienze europee, Milano, 2000, 33. Cfr. L. Mezzetti, “Costituzione dell’ambiente” e protezione della natura nell’ordinamento tedesco, in L. Mezzetti (a cura di), I diritti della natura. Paradigmi di giuridificazione dell’ambiente nel diritto pubblico comparato, Padova, 1997, 151. [22] D. Amirante, La reformette dell’ambiente in Italia e le ambizioni del costituzionalismo ambientale, in DPCE, 2 (2022), X-XI. [23] D. Amirante, Ambiente e principi costituzionali nel diritto comparato, cit., 32. [24] H. Schulze-Fielitz, La protezione dell’ambiente nel diritto costituzionale tedesco,cit.73 [25] J. WIELAND, Verfassungsrang für Nachhaltigkeit, cit., 475. L'articolo 20a è stato introdotto nella Legge fondamentale da una legge di modifica costituzionale del 27 ottobre 1994. La modifica costituzionale è entrata in vigore il 15 novembre 1994. Con la legge di modifica della Legge fondamentale del 26 luglio 2002, la protezione degli animali è stata successivamente inserita nell'articolo 20a della Legge fondamentale aggiungendo le parole «e gli animali» in aggiunta all'oggetto della protezione delle «basi naturali della vita». [26] H. Schulze-Fielitz, La protezione dell’ambiente nel diritto costituzionale tedesco, cit., 76;D. Amirante, Ambiente e principi costituzionali nel diritto comparato, cit., 32: “netta separazione tra uomo e natura [...] sembra ormai da superarsi in una visione più matura del diritto ambientale, per cui il riferimento [...] alle basi di vita si rivela particolarmente utile in vista di una interpretazione evolutiva dello status costituzionale dell'ambiente”