Attualità


Alfonso Tortora

Storia di una preghiera: l’Ave, Maria. Storia e Commento

 

 

La bibliografia mariana del Centro Edizioni "Marianum" di Roma registra più 80.000 schede che documentano la produzione a «tema mariano» dal 1948 al 2011 in 14 volumi. Renato Nicodemo  vi compare in due volumi[1] con due saggi: Maria nella Divina Commedia. Aspetti del pensiero teologico di Dante Alighieri[2] e Maryam, la Vergine nel Corano[3]. La sua produzione mariana comprende, oltre alla redazione della pagina mariana di alcune riviste cattoliche, anche i  seguenti volumi: Antologia mariana[4]; Umile e alta. La Vergine nelle poesie di tutti i tempi[5];  Maria nella vita e nelle opere del beato redentorista Gennaro Maria Sarnelli[6]; Nomi e titoli della Vergine[7]; La Chiesa di Santa Maria della Consolazione a San Valentino Torio[8].

Il recente saggio di Nicodemo sull'Ave Maria. Storia e commento[9] si inserisce in questo filone di teologia e di devozione mariana e arricchisce la bibliografia sulla più diffusa orazione mariana che, appresa sulle ginocchia delle nostre madri, viene recitata una infinità di volte al giorno, in tutte le ore del giorno e della notte, soprattutto nella recita del santo Rosario.

Ma se al devoto può, forse, interessare poco la storia di questa preghiera, di certo non può sfuggirgli il complesso rapporto che essa pone tra Cristianesimo e preghiera. Si tratta di un rapporto essenzialmente fondato su condizioni culturali determinati dall'esistenza storica di due forme basilari dell'esperienza umana della testimonianza (μαρτγρία) della fede in Cristo e nel suo insegnamento[10]. Il moderno senso della fede, quello che si impone a partire dal secolo XVI nel mondo europeo e da cui pure discendono i movimenti protestanti, superando la visione giustinianea della ecclesia (έχχλησία)[11], è noto, tende a concepire la stessa come tentativo di lettura individuale del «vissuto religioso», dove la storia si apre alle forme di un dialogo circoscritto fra due interlocutori, Dio e l'uomo; libero, il primo, vincolato, il secondo[12].

Partendo da questa premessa, il libro del noto studioso di Mariologia, di cui qui intendiamo discutere alcuni aspetti, si propone pertanto come il prodotto di una bozza di elaborazione storica su di un tema che riguarda, necessariamente, lo studio della spiritualità cristiana, dove la struttura storica dell'agire umano passa essenzialmente attraverso i termini di «bene» e di «male», di «redenzione» e di «misericordia», di «libertà» e di «mistero»[13].

Definita da san Luigi da Monfort: « una celeste rugiada che bagna la terra», dove il vocabolo «terra» svolge la specifica funzione di metafora, rinviando all'«anima, perché porti frutto a suo tempo», poiché -  scrive Grignion - «un'anima che non sia irrorata da questa preghiera o rugiada celeste, non porta nessun frutto e non produce che rovi e spine, e va incontro alla condanna»[14], l'Ave Maria  ha una lunga e interessante storia, che inizia già dai primi secoli del cristianesimo. Essa, passando attraverso la  definizione del testo ufficiale da parte di san Pio V nel 1568, giunge a noi con le ultime modifiche apportate al testo mariano nel 2007; variazioni che riguardano essenzialmente i vari tentativi di trasformazione di alcune parole in essa contenute: seno-ventre; peccatori-figli tuoi; etc.

Se è vero  che la «Salutazione angelica» è una preghiera  mariana semplice e la più ripetuta al mondo, appare altrettanto vero che, nota opportunamente Nicodemo,  «proprio  perché semplice e ripetuta, qualche volta meccanicamente [...] , questa rugiada celeste rischia di inaridirsi, di logorarsi,  non accorgendoci  del ricco contenuto biblico e spirituale che essa racchiude[15]. E questo sembra ancora più evidente oggi nell'avanzante XXI secolo, tra i cui caratteri distintivi figurano sia una marcata «differenza cristiana», sia una più generale e strumentale diversità tra le storiche religioni monoteistiche: Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo[16]. Caratteri della nostra età, questi ultimi, che pure lasciano affiorare una certa inquietudine di fondo nel vivere ed agire umano nelle plurime collettività delle odierne società[17]. A questo punto del discorso, con riferimento alla «differenza cristiana» e alla inquietudine ed alla irrequietezza che ne discende sul piano sociale ed oltre, vale la pena ricordare che l'idea di un'Europa «inquieta» risale al secolo XVIII, dove l'appellativo di «inquieti», commentava Fontenelle nell'Éloge de Marsigli, ben si addice a coloro che cercano e cercheranno sempre[18]. Del resto, questo appellativo ben si addice anche ai nostri contemporanei, cioè a coloro che di recente Enzo Bianchi ha scorporato dai «laici» moderni, indicandoli più precisamente come gli «indifferenti» o «senza religione»[19]. Chi sono oggi costoro? Semplice, sembra risuonare Bianchi: coloro che non avendo più alcuna autorità su cui fondarsi, cercano e cercheranno sempre un apparente ordine naturale nelle cose, nella storia, nella società. Si tratta, in altri termini, di gente che prova verso la vita un senso d'insoddisfazione esistenziale, partendo dalla quale si ritrova in «nuovi mondi», privi, però, stavolta, dello spessore dato da Giordano Bruno ai «nuovi mondi». Crisi della nostra contemporaneità o cos'altro?

Alla luce di quanto ora detto ci sembra, perciò, perfettamente motivata la scelta di un tema quale quello proposto da Renato Nicodemo e convergente su una complessità e una ricchezza di toni religiosi e culturali attinenti, oltretutto, al valore delle parole delle preghiere vocali a noi note. Dell'Ave Maria, nello specifico, Nicodemo ci ricorda  che Leonardo Boff ha scritto:

«E' come una miniera d'oro; quanto più si scava tanto più pepite vengono alla superficie. Le frasi sono semplici, ma nascondono il dono di Dio [...]. Nella breve preghiera dell'"Ave,Maria" si fissò la memoria collettiva dei cristiani. Recitandola, riportiamo alla superficie della coscienza ciò che avviene a livello di mistero»[20].

Proprio prendendo spunto dalle parole di Boff vale la pena qui riflettere sul più generale senso evangelico della «Salutazione angelica», che è poi annunciazione della Rivelazione, ossia della Parola di Dio fatta carne e divenuta, con questa carne, parola e testimonianza formulata anche attraverso l'indiscutibile osservanza della Vergine Maria alla volontà divina[21]. La rivelazione, come risulta dagli scritti del Nuovo Testamento, rinvia al concetto di χήρυγμα, alla cui radice ritroviamo il sostantivo χήρυξ utilizzato per indicare colui che proclama ad alta voce una notizia che gli è stata affidata[22].

Sulla base di ciò, tra i vari commenti alle singole parole ed espressioni contenute nell'annuncio a Maria, di cui Nicodemo ci ricorda lo speciale e preciso senso biblico, sembra utile soffermarsi sull'espressione: «prega per noi». Su questo punto lo studioso di mariologia riporta la celebre espressione di san Bernardo sulla potenza della preghiera di Maria: Quod Deus imperio, tu prece Virgo potes, sottolineando che Ella è l'orante perfetta in quanto «piena di grazia», ma anche perché deposito dell'annuncio della grazia di Dio verso l'umana specie[23]. E se la preghiera, dunque, è elevazione dell'anima a Dio (Sl 25,1), nessuno più di Lei, strumento d'incarnazione del Verbo e munita delle istruzioni di Dio, può vivere una relazione viva e personale col Padre.  Maria, intesa come riunione della verità e della vita nel Padre[24], è così potente che viene pregata di pregare per noi senza una richiesta specifica: Ella è preghiera assoluta e pura; Ella sa esattamente ciò che deve chiedere per noi.

   Efficace risulta a questo punto il parallelo con la  Salve Regina, l'altra diffusissima antifona mariana. Anche con questa preghiera, dopo il  saluto e  l'invocazione  quale «potente Regina del cielo e della terra e madre di misericordia» per averci donato la Misericordia per eccellenza, Gesù, dopo averla acclamata come Vergine clemente, dolce e pia e dopo averla eletta «nostra avvocata»,  noi «gementi  e piangenti in questa valle di lacrime»  non le chiediamo nulla  di speciale, ma semplicemente  di dedicare a noi il suo sguardo misericordioso e  di farci vedere Gesù dopo questo esilio[25].

Altra espressione contenuta nell' Ave Maria,  su cui ci sembra opportuno soffermarci è quella di: «peccatori». A questo riguardo Nicodemo ci ricorda che san Paolo afferma «che siamo tutti peccatori per la disobbedienza di uno solo» (Rm 5, 18.21); a ciò il noto mariologo aggiunge: «Il peccato ha molti nomi, molti aspetti; le malattie dell'anima sono innumerevoli come quelle del corpo»[26].

L'uomo dei nostri giorni, ma ciò è facilmente comprensibile, oltre a non avere più un concetto unitario del peccato, ne ha anche smarrito il senso. In un ampio profilo storico del peccato, indagato sotto molteplici aspetti, Jean Delumeau ci ha spiegato come a partire dal XIV secolo nell'Occidente europeo si sia affermata «la paura del proprio io», ovvero il timore da parte del cristiano di non potersi difendere dai suoi più malvagi istinti, che lo avrebbero indotto al peccato e, dunque, alla perdizione della propria anima. Si tratta di una paura che si mostra storicamente legata ad un passo compreso nell'Epistola ai Galati di san Paolo (5, 16-24) e che si congiunge contestualmente ad altri fattori culturali e religiosi che lo storico francese così riassume: «La prima esprimeva la credenza che i peccati degli uomini provocano quei castighi collettivi che sono inviati dalla collera divina»; la seconda veniva generata dallo stesso insegnamento «della Chiesa, secondo la quale Satana è presente ovunque, e perciò anche nel cuore di ognuno»[27].

Delumeau ci ha offerto una mirabile interpretazione culturale, sociologica ed antropologica del peccato, mostrandoci che, sotto il profilo più rigorosamente storico, la concezione del peccato non dipende solo dalla fede in Dio, ma dall'idea che l'uomo ha di sé. Questo vuol forse significare che, in qualche misura, il concetto su Dio ed il giudizio sull'uomo si condizionano a vicenda nel lungo tempo della storia? Una qualche risposta a questa domanda ha offerto una importante riflessione, come è noto, Giovanni Paolo II nel suo libro «Memoria e Identità»[28], su cui, però, non possiamo qui diffonderci oltre. Su questo specifico tema possiamo semplicemente dire che in questo libro il defunto Pontefice sviluppa e arricchisce, senza una sostanziale soluzione di continuità, i temi delle sue riflessioni precedenti sulla nostra difficile contemporaneità; un'età caratterizzata da un confronto serrato tra la fides ed il «Deus» inteso come Mens e Animus. Ed è proprio su questo rapporto che Nicodemo, parlando dell'invocazione a Maria: «prega per noi peccatori», richiama la nostra attenzione sulla più attuale dimensione sociale del peccato,  con esplicito riferimento alla criminalità, alla corruzione etc[29]. Richiamo che ci induce a riflettere sulla teoria, non proprio recente, ma di recente riaffiorante sotto diversi profili nella nostra società[30], secondo cui l'uomo, nel suo operare morale, e anche nel suo peccato, raffigurerebbe il prodotto del pensiero e dell'azione collettivi fino al punto da non permettere nemmeno di parlare di decisione e di responsabilità autenticamente personale[31].

Comunque, per concludere qui questa breve nota sul volume di Nicodemo, sulla serietà della Rivelazione, che noi troviamo soprattutto nella Sacra Scrittura, resta alta ed insostituibile per l'umana specie Maria, a cui sant'Alfonso, in pieno Settecento, si rivolgeva con queste amorevoli parole: «Maria - Speranza mia, /ment'io chiagno, prega Tu:/ pensa ca pure/ si fatta Mamma de li peccaturi»[32].



[1] Cfr. Vol IX , 1990-1993, p. 161;  Vol. XII-2003-2005- p. 4028.

[2] Firenze, Atheneum  2001.

[3] Arezzo, Alberti & C. 2003 (la prima edizione è stata pubblicata in Napoli, Quale scuola?, nel 1995).

[4]  A cura di Renato Nicodemo, Menna, Avellino 1989.

[5] A cura di Renato Nicodemo, L.E.R., Napoli-Roma 1992.

[6] Tipolitografia Centro Stampa, Pagani 1996. Nocera Inferiore (SA) 2005

[7] ViVa Liber Edizioni, Nocera Inferiore (SA) 2005.

[8] Litografia Pibiesse, Nocera Inferiore(SA) 2005.

[9] Renato Nicodemo, Ave Maria. Storia e Commento, Prefazione di Andrea Borrelli, Viva Liber Edizioni, Nocera Inferiore (SA) 2015.

[10] Ovviamente inteso sia come διδάσχω, sia come χατηχέω, ma anche come παραδίδωμαι.

[11] Cfr. Anna Maria Bartoletti Colombo, Lessico delle Novellae di Giustiniano (E-M), Edizioni dell'Ateneo, Roma 1986, p. 463.

[12] Cfr. R. J. Ehrlich, Teologia protestante e teologia cattolica, Brescia, Paideia, 1969, in particolare pp. 9-21 dell'Introduzione; Anselm Günthör, Chiamata e risposta. Una nuova teologia morale. I - morale generale, trad. it. Edoardo Martinelli ocd, ed. it. a cura di Piergiorgio Beretta ssp, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 19875, pp. 73-76.

[13] Su cui cfr. D. M. Stanley, S.J., R. E. Brown, S.S., Aspetti del pensiero del Nuovo Testamento, in Grande Commentario Biblico, a cura di A. Bonora, R. Cavedo, F. Maistrello, Queriniana, Brescia 1973, pp. 1825-1864; René Latourelle, Teologia della rivelazione. Mistero dell'epifania di Dio, trad. it., Virginia Pagani, Cittadella Editrice, Assisi 19837, in particolare pp. 487 ss.

[14]  S. Luigi Maria Grignion da Montfort, Trattato della vera devozione alla Santa Vergine e Il segreto di Maria, trad. it., Stefano De Fiores, Edizioni paoline, Cinisello Balsamo 2006, cap. V. A questo brano si è richiamato nella Prefazione al volume di Nicodemo anche Andrea Borrelli: cfr. Renato Nicodemo, Ave Maria. Storia e Commento, cit., p. 9.

[15] Renato Nicodemo, Ave Maria , p. 27. Sugli aspetti spirituali e biblici della «Salutazione angelica» cfr. p. Antonio M. Pedrelli, Dimensione umana e divina di Maria Vergine nei misteri del Rosario, Roma/EUR 1974.

[16] Cfr. Michel Onfray, Trattato di ateologia, trad. it., Gregorio De Paola, Fazi Editore, Roma 2005, su cui si leggano le rapide, ma interessanti e pertinenti argomentazioni di Enzo Bianchi, La differenza cristiana, Einaudi, Torino 2006, p. 53.

[17] Cfr. Enzo Bianchi, La differenza cristiana, cit., pp. 3., 51.

[18] Cfr. Oeuvres de Fontenelle, t. VI, Les libraires associés, Paris 1766, p. 415.

[19] Enzo Bianchi, La differenza cristiana, cit., pp. 32 ss.

[20] Renato Nicodemo, Ave Maria , cit., p. 27.

[21] Cfr. René Latourelle, Teologia della rivelazione, cit., p. 83.

[22] Cfr. Lothar Coenen, χήρυσσω, in Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento, a cura di Lothar Coenen,  Erich Beyreuter, Hans Bietenhard, trad. it., Bologna 1980, p. 1375.

[23] Renato Nicodemo, Ave Maria, cit., p. 18 e nota 3.

[24]Ivi, p. 33.

[25]Ivi, pp. 38-39.

[26]Ivi, p. 40.

[27] Jean Delumeau, Il peccato e la paura. L'idea di colpa in Occidente dal XIII al XVIII secolo, trad. it. di N. Grüber, il Mulino, Bologna 1987, pp. 7-8.

[28] Rizzoli, Milano 2005.

[29] Renato Nicodemo, Ave Maria, cit., p. 41.

[30] Cfr. M. Damilano, Il partito di Dio. La nuova galassia dei cattolici italiani, Torino, Einaudi 2006

[31] Cf. Anselm Günthör, Chiamata e risposta, cit., p. 671.

[32] Cfr. Renato Nicodemo, Ave Maria, cit., p. 41.