Liberismo negli Stati Uniti
Lucio Avagliano
Introduzione
La questione centrale nello studio della storia economica contemporanea è, come si sa quella tecnologica, anche per le implicazioni che essa riveste nei confronti delle teorie dello sviluppo e dei rapporti con la società e in particolare con la classe operaia ([1]). Le tesi di Rosemberg sono note. Dopo aver sottolineato le difficoltà incontrate dagli studiosi quantitativi Rosembreg mette a ragione l'accento sulle difficoltà di isolare il cambiamento tecnologico dagli altri tipi di cambiamento nel comportamento umano. ([2] ) Ciò costituisce una prima spiegazione del mio approccio metodologico, che naturalmente si imbatte in altri tipi di difficoltà, relativi ai rapporti società, religione, politica, al momento ugualmente difficilmente superabili. Ulteriori difficoltà sono date dalla enfatizzazione posta sulle grandi invenzioni, quali ferrovia, auto, computers, ecc, quasi sempre associate all'opera di singoli individui, mentre occorre concentrare "l'attenzione sulla rete delle più ampie interdipendenze tecnologiche nelle quali sono sempre radicate le singole invenzioni". ([3] ) Per capire la stretta connessione storica tra tecnologia e produttività ci sono numerose entrate laterali, continua sempre Rosenberg, quali ad esempio gli effetti che lo sviluppo delle ferrovie ebbero sull'ampliamento del mercato agricolo ( Fogel 1964, Fishlow 1965), (con il collegamento delle navi a vapore emerge come è noto a fine 800 la divisione del lavoro agricolo a livello mondiale)[4]; quali i grappoli di innovazione o sistemi come quelli dovuti all'elettricità (ad esempio Edison che lavorA sulla dinamo e contemporaneamente sull'illuminazione a incandescenza) o come l'aumento della velocità e il freno di Westinghouse o come i metalli e i transisto, ecc.
Molta importanza infine viene data anche all'impatto cumulativo dei perfezionamenti minori come nella cantieristica e nell'industria delle costruzioni ( autobetoniere e gru a torre)[5]. Gli ultimi 30 anni vedono cambiamenti radicali però attraverso piccoli cambiamenti[6], con vantaggi nell'innovazione che l'analisi input-output consente di cogliere solo in piccola parte, mentre la teoria della "botta e risposta" di David Landes ci appare più esplicativa[7].
L'impostazione di David Noble è decisamente più ampia. Essa va al di là dei tradizionali boundaries della storia economica, incorporando, per cosi dire, in essa il tema sociale e quello religioso, che Noble associa strettamente alla tecnologia e allo sviluppo industriale. Per lui infatti furono i risvegli religiosi ad avere una decisiva influenza sulle varie fasi dello sviluppo economico nel corso dell'Ottocento: la tecnologia si sviluppò anche per la consapevolezza soprattutto da parte degli ingegneri a voler riconquistare per il tramite delle scoperte della tecnica il paradiso perduto dell'uomo.[8]
Noble parte da una rivalutazione del movimento luddista che lottava contro la dura logica del mercato e della macchina che sostituisce l'ispirazione umana ( confronta L. Mumford) " quando il capitalismo rivela la sua sostanza inumana, i suoi campioni scomparvero e furono sostituiti dalla ‘'mano invisibile'' e il programma sociale venne a identificarsi con intermediari impersonali: manifatture, industria meccanica, macchine (...) il capitalismo cui gli operai si opponevano in questo sistema di dominio sfruttamento alle nazioni, si propose ora semplicemente come un sistema di promozione, identificandosi con il progresso stesso". ( [9]) La risposta del lavoro alla prima rivoluzione industriale si è ripetuta dopo la seconda ( [10]): " la minaccia che l'introduzione di questi cambiamenti tecnologici rappresenta per le norme, le condizioni e la sicurezza del lavoro ha scatenato scioperi selvaggi sporadici e, tra la fine degli anni '50 e i primi anni '60 un dibattito di ampia portata sulle implicazioni sociali dell'automazione (...) i sindacati si sono piegati uniformemente alla ideologia egemone del progresso ". A fine degli anni '60 e i primi dei '70 riprende la rivolta operaia contro la collaborazione dei dirigenti sindacali ( [11]). Mentre oggi " la gente si trova di nuovo a lottare contro un cambiamento profondo di rapporti sociali, prodotto questa volta dall' estesa mobilitazione del capitalismo delle corporations che opera in un mercato del lavoro globale(...). L'internazionalizzazione dell'economia delle corporations nell'industria come nella finanza ha dato al capitale multinazionale un potere senza precedenti nei confronti di movimenti e organizzazione operaia nazionale". ([12] ) " Uno dei paradossi che abbiamo ereditato è l'identificazione del semplice progresso tecnologico con il progresso sociale, un'idea spinta sia dai liberali che dai socialisti".
A tale proposito un acuto saggio di F.Scranton ( [13]) fa ora il punto sulla complessa questione dei rapporti tra tecnologia scienza e innovazione, nella quale due ci sembrano le cose da considerare: la prima che la produzione di massa non costituisce che una componente nel processo di sviluppo ([14] ) e la seconda che è stata la tecnologia a spingere la ricerca di base e non viceversa come comunemente si crede. In realtà negli ultimi 65 anni gli storici dell'economia dell' impresa stanno utilizzando strumenti inadeguati ( che puntano ad evidenziare l'efficienza piuttosto che l'efficacia, in termini schumpeteriani). Mentre " storicamente negli Stati Uniti il contributo dei settori indipendenti dalla novità e dalla innovazione è stato pari alla metà del valore aggiunto generato dalla scesa industriale del paese" osserva Scranton ( [15]). In effetti " molti storici dell'impresa hanno scambiato la parte per l'intero, hanno mancato di vedere un processo ( la massificazione) non come uno fra gli altri e hanno quindi costruito strumenti insufficienti rispetto al compito di comprendere e analizzare i suoi oggetti, siano essi l'impresa, il settore, l'economia nazionale o le relazioni tra impresa e governo, imprese e cultura, imprese e pubblico".( [16]) L'enfasi su produzione di massa e general managers, nota sempre Scranton, ha però resistito perché non si era messo in dubbio la comoda ideologia del progresso e gli articoli di fede che considerano l'avvento della produzione di massa e l'impresa come trend universali. L'azione era inoltre sviata dall'accento posto sull'azione dei geni individuali, i managers potenti e creativi, come la retorica trionfalistica del modello lineare e l'ampia letteratura sulla crescente centralità del mercato, che distoglieva l'attenzione dal lavoro di associazioni religiose e enti statali, richiedevano. ( [17])
Ma era proprio questo aspetto ora che diventava centrale nel periodo della minaccia fascista e dell'intervento in guerra , provocando decisivi cambiamenti di scala dei problems-set tecnologici. Del resto ogni intervento, osserva Giddens, andava al di là anche delle capacità della più grande impresa. Cosi "le assunzioni che hanno reso possibili indagini feconde sulla seconda rivoluzione industriale diventano camicie di forza quando vengono indossate nel tentativo di analizzare e comprendere l'America della guerra fredda, ma non le sue tecnologie propulsive e il più ampio mondo imprenditoriale dell'epoca" ( [18])
Una riflessione introduttiva sul liberismo degli Stati Uniti negli ultimi venti anni ci appare assai importante anche per capire quello affermatosi nella tanto diversa società Europea [19] a partire dagli anni '90, su cui vi è un'ampia silloge di contributi che ruotano intorno alla questioni della socialità, per primo poste da Robert Kagan, che come è noto definisce la storia europea come storia di Venere di contro a quella di Marte[20]. Il tema del rapporto tra vecchio e nuovo mondo, sotteso a tante ricostruzioni è sviluppato tra gli altri nel denso lavoro di Hutton, che di seguito esamineremo in dettaglio.
Ma è interessante osservare che l'esempio dell'America ebbe un'importanza rilevante, anche se indiretta, al momento della formazione del Mercato Comune[21] e nelle successive strutture politico-economiche dell'Europa, poiché gli Stati Uniti offrivano l'esempio di un'unica area di libero scambio che aveva avuto successo e che l'Europa avrebbe dovuto tentare di imitare.
Si pensò che l'automatismo dell'unificazione politica sarebbe seguito appunto come in America.
Ma quale era stato in realtà il processo, forse sottovalutato, che storicamente si era svolto, dall'età di Reagan in poi? E non fu forse la coincidenza del grande sviluppo, proprio della fase liberoscambista europea ad alterare la visione di una già poca conosciuta storia economica americana? Pur limitatamente alla bibliografia di autori tradotti in italiano, le osservazioni di Paul Bairoch, - che identifica nelle fasi del protezionismo i periodi di maggiore sviluppo economico degli Stati Uniti - ci sembrano un buon punto di partenza in generale, mentre in particolare potrebbero forse rappresentare una delle chiavi di lettura del lento declino economico americano contemporaneo e dell'odierno incipiente ritorno del protezionismo insieme, in particolare per l'età della Destra, alle analisi di Krugmann e di Reich, mentre sul piano economico, su quello della società e della religione quelle di O.Zunz e altri, nel quadro di un richiamo suggestivo alla metodologia di Weber ( [22]). Particolarmente interessante, inoltre a mio avviso, quanto scrive l'economista Robert Fogel in " The Fourth Great Awakening" che "è impossibile capire la devozione dell'America alla giustizia senza l'influenza morale della religione. Per il loro idealismo rivoluzionario, i Padri fondatori erano i più realisti leaders della storia. Nessuna generazione aveva mai preso sul serio il peccato e nessuna era più profonda nel riconciliare la tragedia della natura umana e l'idea di un governo rappresentativo". Occorrerebbe poi seguire la storia del movimento evangelico dal 1739 ( George Whitefield) e la storia dei "risvegli religiosi" da Jonathan Edwards a William Garrison, a Francis Bellamy, il noto autore di Looking Backward, socialista cristiano autore del giuramento (Pledge of alliance) recitato dai bambini d'America. In tale quadro in realtà ci pare del tutto carente la storiografia della religiosità come sentimento e carità (gli Stati Uniti non hanno avuto nessun De Luca o Bremond) invece che come discussione sui temi dell'intreccio con la politica, dell'aborto, ecc[23]
Infine sul piano politico-istituzionale particolarmente centrate ci appaiono le considerazioni di Zakaria e Fabbrini e sul piano ideologico della visione di sinistra da non trascurare le ponderose analisi di S. Halimi e in Italia gli studi di Bruno Cartosio.
Abbiamo cosi il primo approccio, per quanto carente e asistematico, di una visione globale delle caratteristiche politiche, religiose e sociali del complesso puzzle della realtà americana, nella quale vanno inseriti i dati economici propri dell' originale liberismo del caso americano, cioè di una vicenda che non si lascia rinchiudere negli schemi e nei miti, ma che è frutto dell'eccezionalismo della sua storia[24]. La scarsa conoscenza della quale è stata fonte di quelle incomprensioni di matrice ideologica [25] o degli schemi, per esempio Destra e Sinistra, che finiscono con l'attribuire ai partiti politici, democratico e repubblicano le caratteristiche di conservazione e progresso che essi non posseggono in tempi normali. Il partito democratico ad esempio, come è noto, è formato da una coalizione di bianchi conservatori e di liberal, mentre è solo dal '65 in poi con l'introduzione dei diritti civili che la Sinistra si identifica col partito democratico e la Destra con i repubblicani[26]. D'altra parte " un formidabile impulso alla globalizzazione l'apertura del commercio mondiale, attraverso il Wto e non tramite i trattati bilaterali, si verificò ad opera di Clinton[27] Attualmente, vale a dire nel periodo della Destra storica iniziata con la presidenza di G. W. Bush è iniziata a mio avviso una "deviazione" da quello che storicamente era stato il cuore del capitalismo americano[28], con effetti che cominciano ad apparire complessivamente negativi, anche nei riguardi dell'economia e società americana.
Quali sono stati gli effetti del "liberismo sfrenato" di questi ultimi anni sullo sviluppo economico degli Stati Uniti?. Nella corrente polemica politica e storico economica si è messo l'accento sullo sfruttamento nei confronti dei paesi più deboli, ma non si è riflettuto sugli effetti negativi che tale liberismo ha avuto sul mercato interno americano, mentre " lo stesso Smith si rendeva conto che in un'economia di mercato libero da qualsiasi vincolo interesse dei privati non sempre coincideva con costi e benefici sociali- e quando ciò accade il perseguimento dell'interesse personale non coincide con il benessere della società". ( [29]) Pure in mancanza di ricerche specifiche, sembra acquisita la convinzione che " L'idea diffusa di sviluppo degli Stati Uniti sia il risultato di un capitalismo libero da ogni vincolo è sbagliata". Si pensi al ruolo essenziale che il governo in campo finanziario, nel credito, nei mutui, nell'import-export, verso le cooperative e le piccole aziende. " Il governo non solo regolamenta il sistema bancario e i depositi assicurativi, ma cerca di assicurare l'erogazione del credito anche ai gruppi sfavoriti" ( [30]).
" Storicamente il governo degli Stati Uniti ha svolto un ruolo ancora più importante nell'economia, promuovendo lo sviluppo incluso quello tecnologico e delle infrastrutture". ([31] ) ( ad esempio le università agrarie, le terre pubbliche per le ferrovie ecc). D'altro canto abbiamo il fallimento dei trattati di libero-scambio come il Nafta che aggrava la povertà del Messico e l'aumento della disoccupazione nei paesi dove si è liberalizzato troppo alla svelta. ([32] ) Ne è mancata la protezione per le industrie nascenti o l'attività di prestiti a piccole e medie aziende ( Small Business Administration- SMA). Mentre la grande depressione fu caratterizzata da ripetuti aumenti di tariffe negli anni '20 e '30. Dopo di allora cominciò la liberalizzazione e un tentativo di International Trade Organization, avversato dalle corporations, 45 anni prima del WTO.
Negativi erano stati senza dubbio i cartelli sui prezzi dai primi anni '90, come quello della ADM sulle vitamine, sul mais ecc con multa di 100 milioni di dollari, i cartelli di General Electric e Honeywell; dell'alluminio, da Clinton non contrastato, di Alcoa. Quanto alla Microsoft questa dovette pagare miliardi di dollari per avere incluso il media-player nel sistema operativo, facendo aumentare i prezzi e frenando le innovazioni. Nel 2005 Microsoft aveva l'87% del mercato dei computers , mentre i salari erano fermi da 25 anni ([33] ).
Quanto al ruolo delle multinazionali, queste avevano senza dubbio portato merci a buon prezzo, alzato il tenore di vita e creato posti di lavoro ([34] ), ma anche portato corruzione attraverso i contributi elettorali ( tra 1991 e 2001 41 imprese tra cui G.E. Microsoft investono 150 milioni in contributi per campagna elettorale mentre tra il 1998 e il 2004 le case farmaceutiche spendono milioni di dollari per ottenere l'approvazione di leggi a proprio favore ( [35]). Tra il 1989 e il 2001 le società di revisione spendono 20 miliardi di dollari per i partiti ( [36]).
Le conseguenze del liberismo negli Stati Uniti vanno ovviamente viste sullo sfondo della polemica sulla globalizzazione. Sembra di poter concludere che questa ebbe effetti piuttosto negativi per quanto riguarda i Paesi più deboli come Messico e Canada, ma quale fu l'effetto riguardo al mercato interno? La discussione è aperta. Certamente essa non giovò agli operai né alla classe intellettuale e media. Negli Stati Uniti "tra il 1946 e il 1973 il salario americano era aumentato quasi quanto la produttività (più 80%) in seguito la crescita è stata dieci volte inferiore" [37]
Un quadro chiaro e complessivo infine di tutta la ripresa del capitalismo dopo gli anni '70, con molti riferimenti a quello americano, si ritrova nel più recente lavoro di A. Glynn ([38] ). Trattando della svolta storica del capitalismo contemporaneo, dal capitalismo keynesiano a quello della fase di globalizzazione della crisi degli anni '70, Glynn la interpreta come una sconfitta del lavoro ad opera del capitale, interpretazione latu sensu marxista, osserva Michele Salvati, ma la risposta al perché di questo passaggio " è scritto nelle variabili politiche e ideologiche: il terreno per l' ascesa della Thatcher e di Reagan fu preparato dalla paura dell'inflazione, sullo sfondo di " preoccupanti manifestazioni di ordine sociale" mutamento dovuto alla guerra del Vietnam e alla quadruplicazione dei prezzi del petrolio. Il capovolgimento di visione fu totale non riguardando solo la politica anti inflazionistica. Si misero in discussione il ruolo del sindacato e dello Stato nell'economia e " quelle misure di Welfare State che attenuavano nei lavoratori il ruolo del bisogno e il timore del licenziamento". Come già esplicitato da Kalecki, occorreva che il capitalismo si fosse adattato alla piena occupazione. Si sarebbe avuto cosi un cambiamento profondo, al quale si andò molto vicino. Capitale e lavoro impararono a moderare le loro pretese, generando in tal modo il riformismo moderato di oggi, che si oppone a posizioni più intransigenti sia dal lato del lavoro che da quello del capitale.
Quali fattori politici e culturali rendono possibile questa convivenza?
Il problema resta aperto. Per Glynn ci sono molti capitalisti" ed è convincente la critica sia all'impostazione marxista sia a quella neoliberale". Ma fin ora abbiamo analizzato in profondità quelli dei paesi avanzati, mentre la presenza di capitalismi come quello in Cina e in India e in altri paesi in forte crescita ci induce a essere molto cauti nell'uso di modelli interpretativi che trovano in Keynes e Marx il loro principale riferimento ( [39]).
La sfida al capitale è testimoniata dalla crescita delle iscrizioni ai sindacati, nonché dalla diminuzione delle ore di lavoro da 2000 a 1750 all'anno ( 1950-2000).
"Il lungo boom degli anni 50 e 60 fu molto più forte in Europa e in Giappone che negli Stati Uniti" per i salari più bassi e simili mentre "la quota statunitense delle esportazioni mondiali di manufatti si dimezzò tra il 1950 e il 1970 passando dal 33 al 16% ( [40]).
Quanto al rallentamento della produttività essa fu dovuta a i più bassi livelli di investimenti pari a più di 1/3 tra il 1975 e il 1990 poiché il fordismo stava raggiungendo il suo limite. In Inghilterra si propone nel 1973 la nazionalizzazione di 20-25 imprese, mentre i prezzi delle azioni salgono del 50%. Al 2000 si recupera tutto, gli scioperi sono ridotti e le turbolenze degli anni 70 superati.
Come avviene questo recupero del capitalismo? Quattro capitoli analizzano le componenti della ripresa, che consistono nel drastico cambiamento delle politiche pubbliche, nel crescente potere degli azionisti e dell'economia finanziaria, nel ritiro dell'intervento statale.
E' utile forse richiamare questo punto lo studio di E. Luttwak che compare nel 1998. Nel momento della massima esaltazione della liberalizzazione e della globalizzazione dell'economia statunitense egli ricordava i pregi della vecchia economia: stabilità della crescita più elevata malgrado gli eccessi della regolamentazione: c'erano meno opportunità di colossale arricchimento per gli operatori delle finanze "per questo tutti i lavoratori dipendenti erano relativamente ben pagati ed economicamente al sicuro perché la stabilità dell'industria significa stabilità nell'occupazione. E a giudicare dal più basso livello di spese voluttuarie forse n quel periodo gli americani erano anche più felici." ( [41]) La nostra ricostruzione storica parte da qui, turbocapitalismo è sinonimo di libero mercato e quanto alla fine degli anni ‘70cominciò ad affermarsi, " grazie all'abolizione delle legislazioni e delle regolamentazioni protezionistiche lasciate in eredità dagli anni '30, alle innovazioni tecnologiche non.... Alla privatizzazione di tutto il privatizzabile e alla rimozione di gran parte di barriere alla importazioni[42]".
Dagli inizi degli anni '80 gli albori del turbocapitalismo furono una gigantesca trasformazione che decretò la scomparsa dei residenti nelle aree urbane che non riescono a trasformarsi in professionisti cosmopoliti ed altamente qualificati. Circa 60 milioni si sono visti respingere verso attività meno qualificate e mal retribuite finendo sovente per essere coinvolti in attività criminose [43].
Ciò era effetto secondo alcuni dell'insegnamento di Milton Friedmann il quale ponendolo aveva provocato una mercificazione di tutti i movimenti della vita[44] mentre inoltre "la liberalizzazione dell'economica e l'incredibile crescita registrata dagli Stati Uniti negli ultimi dieci anni non ha recato alcun vantaggio ai paesi più poveri". La mondializzazione in effetti era stata scatenata dalle classi dirigente occidentali non certo per arricchire il terzo mondo. Il mercato si insediava così nei cervelli degli uomini, provocando la scelta delle scuole migliori, delle università migliori e così via per sfuggire al destino di perdenti, pensando alla propria salvezza individuale[45].
Destra e sinistra (anche Clinton fu favorevole al Nafta) continuarono a richiamarsi ad una sorta di religione del mercato, in realtà "nulla era più lontano dal pensiero di Hayek di una simile capitolazione dell'intelletto e della volontà"[46].
Secondo Hayek invece occorreva fare della costruzione di una società libera un'avventura intellettuale con un atto di coraggio, quello che mancava essendo una "utopia liberale" (...)
"Abbiamo bisogno - scrive Hayek - di leader intellettuali disposti a resistere alle lusinghe del potere e della popolarità, pronti a lavorare per un'ideale anche quando la speranza che essa si realizzi sono esigue".[47] Occorreva infine soprattutto il coraggio di essere utopisti contro gli accademici a "circuito chiuso"[48].
[1] Mi limito a citare i classici contributi di N. ROSEMBERG, Dentro la scatola nera, tr.it Bologna 1991; D. NOBLE America By Design, New York 1977, tr.it Progettare l'America, Torino 1987; La questione tecnologia tr.it Torino 1993, con l'introduzione di E. FANO, cui rinvio per l'accurata bibliografia, della quale ricordo solo D. HOUNSHELL, From the American System to Mass Production (1800-1832) e soprattutto The Development of Manifacturing Technology in the US, J.HOPKINS U.P. Baltimore 1989; L.MARX The Machine in the Garden, Oxford U.P. New York 1964, tr.it La macchina nel giardino, Roma 1987.
Per la storia sociale del movimento operaio, confronto E. FANO cit. p.19 n., in particolare H. GUTTMAN, Lavoro cultura e società, tr.it Bari 1979; T. Montgomery, Worker Control in America, tr.it Rapporto di classe nell'America del primo 900, tr.it Torino 1980
[2] N. ROSENBERG op cit. pp.113-114
[3] Cfr. ROSENBERG op.cit pag.14
[4] Cfr. Cambridge Economic History of Europe, volume VI. Tra 1877 e 1903 i costi di trasporto si ridussero del 20%.
[5] Cfr. GILLFILLAN, Inventing the ship, che descrive I perfezionamenti graduali nella cantieristica; confronta anche la Storia del battello a vapore, di L.HUNTER
[6] Cfr. le analisi di HOLLANDER sugli impianti di RAJON al Du-Pont ( mit 1965); ENOS nell'industria del petrolio. Cfr. Journal of Industrial Economyc 1968. Cfr. FISHLOW sulle ferrovie. Dal 1870 al 1910 la capacità di carico aumentò di 3 volte, per l'introduzione idelle rotaie in acciaio e simili. Di grande importanza anche i piccoli cambiamenti per il settore dei computers.
[7] Cfr. Economic History Rewiew 1967. Come sostiene Du Boff è alla rivoluzione degli elettrodomestici che si deve la liberazione della donna
[8] Cfr. D. NOBLE, La religione della tecnologia tr.it, Treviso 2000. Cfr anche L.AVAGLIANO Europa e America nello sviluppo storico della tecnologia e dell'ingegneria come professione in L'ingegneria e la sua storia a cura di A. DI LEO, Salerno 2006
[9] Cfr. D. NOBLE La questione tecnologica cit.pag.13
[10] Idem pag. 27
[11] Cfr. il New York Times del 1970, specie per gli avvenimenti a Lords Town, la fabbrica più automatizzata di General Motors. La formalizzazione di questa collaborazione allontana, sempre secondo Noble la questione tecnologica dalle officine
[12] Cfr. D. NOBLE op.cit pp.48-49
[13] F.SCRANTON Tecnologia scienza e innovazione nella storia degli Stati Uniti in "Annali di storia dell'impresa" n.17 2006
[14] Idem pag.300. Cfr. anche Business History Around the World, Cambrige 2002 a cura di Amatori e Jones.
[15] Idem pag. 305
[16] Idem pag.307
[17] Idem pag.307
[18] Idem pag. 326
[19] Per la quale utili osservazioni sono da ricercare nella ampia ricostruzione di S. HALIMI, Il Grande Balzo all'indietro tr.it. Roma 2006, lavoro per il resto a tesi
[20] R.KAGAN Paradiso e potere tr. It. Milano 2003
[21] Occorrerebbe confrontare le opere dei maggiori protagonisti quali DE GASPERI, ADENAUER, SCHUMANN e altri autorevoli protagonisti della fase iniziale della costruzione dell'Europa
[22] Cfr. P.ROSSI, Max Weber: Un idea di Occidente Donzelli editore 2007
[23] Come in R. Dvorkin, La Democrazia possibile, tr. it. Milano 2006, pp 64 ss.
[24] Cfr. F. FERRAROTTI America Oggi. Capitalismo e società negli Stati Uniti, Roma 2006. La tesi centrale del libro è che "il capitalismo americano è un unicum storico, un fenomeno di assoluta originalità.
[25] Cfr. L.AVAGLIANO Il cuore del capitalismo americano, Milano 1998
[26] In realtà oggi una parte dei New Democrats spinge per la modernizzazione e un'altra per la tradizione. Cfr. Seminario di J. ABERBACH Salerno 16 Aprile 2007
[27] Cfr. G.SAPELLI Gli Usa e i pop-dem in " Corriere della Sera" 10 febbraio 2007
[28] Idem
[29] Cfr. J. STIGLITZ La globalizzazione che funziona tr.it Torino 2006. Il riferimento è nei fallimenti del mercato, specie nel campo della ricerca, dell'inquinamento e simili.
[30] Pag. 20
[31] Ivi
[32] Pag. 71
[33] Pag. 9 e 227 ss.
[34] Pag. 213 ss.
[35] Pag. 217
[36] Pag. 218
[37] S. Halimi Op. Cit. pag. 400
[38] Cfr. A GLYNN Capitalismo scatenato tr.it Milano 2007 Prefazione di Michele Salvati.
[39] Pp. 14-15
[40] Idem pag. 32
[41] Cfr. E.LUTWAK Turbo capitalismo Milano 1999
[42] Idem pag.11
[43] Idem pag. 13
[44] Pag 394
[45] Pag 403
[46] Pag 404
[47] Pag 405
[48] Pag 407 confronto il pensiero di Haieck nell'articolo the Intellectuals and Socialism