Diritto
Vito Carone*
Sommario: 1) I valori portanti su cui si erge la microfinanza in Europa; 2) I metodi d'intervento e le previsioni transnazionali; 3) Il riscontro alle prime comunicazioni della Commissione Ue; 4) Il potenziamento del microcredito all'indomani della crisi; 5) La politica d'investimento e gli strumenti operativi; 6) I Paesi europei all'avanguardia nel campo microcreditizio.
1. I valori portanti su cui si erge la microfinanza in Europa
L'insieme dei Paesi che fanno parte dell'Unione europea si contraddistingue per avere raggiunto un notevole grado di sviluppo economico, a differenza delle altre aree in cui il tasso d'industrializzazione è meno rilevante[1]. Per questo motivo, le principali politiche adottate in tale ambito sono rivolte alla piena valorizzazione della persona e all'inclusione socioeconomica relativa alla medesima, intese come processi avviati per abbattere la povertà e appianare le disuguaglianze. Del resto la microfinanza risponde direttamente ai valori e ai principi contenuti dalle leggi collocate alla fondamenta dell'Ue, ovverosia la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea e il Trattato di Lisbona. La prima fonte - varata a Nizza - si dimostra capace di accogliere pienamente il microcredito in quanto può essere collocato tra le misure che, oltre a rafforzare il diritto all'assistenza sociale, è utile a tutelare un'esistenza umana dignitosa per quanti non hanno a propria disposizione risorse sufficienti[2]. Inoltre, il pieno accrescimento della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti all'organizzazione politica, economica e sociale della comunità - che rappresentano sia l'obiettivo dei programmi di microcredito che dell'Unione europea - trovano conforto negli articoli che tutelano la libertà d'impresa, il diritto di lavorare e di esercitare una professione scelta senza condizionamenti oppure volontariamente accettata. Anche il Trattato di Lisbona si incanala nello stesso solco, sancendo che i singoli Stati e la Comunità europea devono agire con le finalità d'incentivare qualsiasi forma occupazionale, elevare le condizioni lavorative, garantire una protezione sociale appropriata, favorire il dialogo tra le diverse componenti della società, incoraggiare lo sviluppo delle risorse umane per apportare risultati durevoli all'interno del mercato lavorativo, fronteggiare il fenomeno dell'emarginazione socioeconomica[3].
I valori collocati alla base delle prime progettualità di microcredito attuate in Bangladesh sono poste in nuce nell'ambito delle misure adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio che, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale, assicurano "l'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro oppure per un lavoro di pari valore": per raggiungere lo scopo volto a garantire l'effettiva eguaglianza tra individui di genere maschile e femminile, vengono previsti vantaggi specifici diretti a facilitare l'esercizio di "un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali". Tale decisione ricalca il ruolo della figura femminile, che ha visto proiettarsi verso le mete auspicate ad opera dell'attività avviata dalla Grameen Bank. Anche sui temi più spigolosi, l'Unione europea incardina pienamente le ambizioni progressiste per favorire l'inclusione, servendosi altresì di strumenti come il microcredito per raggiungere gli scopi cooperativi.
2. I metodi d'intervento e le previsioni transnazionali
Il settore microcreditizio sta assistendo a una costante evoluzione e il suo assetto si nutre di continui elementi innovativi per via dell'approccio inedito. Il principale provvedimento spartiacque nella definizione di linee guida e regole di buona condotta per i soggetti interessati allo strumento in esame può considerarsi quello elaborato dalla Commissione europea denominato "The european code of good conduct for microcredit provision". Il documento varato nel 2007, nel prendere atto della varietà di attori e modelli di business che comportano quadri giuridici e istituzionali divergenti in tutta Europa, indica partiche di finanziamento che variano a seconda della tipologia dell'organizzazione che eroga i microprestiti, della configurazione legale relativa ai medesimi, dell'ambiente in cui prendono forma e dell'abilità di applicare procedure di gestione valide ed efficienti[4]. Per questo motivo, il codice fissa una serie di regole riguardanti la governance (le regole valide sia per i dirigenti che per il consiglio di amministrazione degli enti erogatori di microcrediti), la gestione del rischio (gli approcci e le procedure comuni per la gestione del rischio), la rendicontazione (gli indicatori che gli enti erogatori di microcrediti devono raccogliere e divulgare), i rapporti con clienti e investitori che sono comuni al settore del microcredito nell'Unione Europea (gli obblighi degli enti erogatori di microcrediti nei confronti dei clienti e degli investitori nonché i diritti dei clienti e degli investitori), a vantaggio dei clienti, degli investitori, dei finanziatori, dei proprietari, delle autorità di regolamentazione e delle organizzazioni partner[5]. La scelta di redigere uno strumento di autoregolamentazione, sviluppato in seguito a una nutrita consultazione con le principali parti interessate, si fonda sull'accertamento che sia indispensabile catalogare un insieme di orientamenti e regole comuni per il settore nel suo complesso, capaci di affrontare meglio le sfide legate all'accesso a finanziamenti di lungo termine, al mantenimento e miglioramento della qualità dei servizi ed a una maggiore sostenibilità; per tale ragione, esso non si prospetta l'obiettivo d'introdurre oppure surrogare le normative vigenti per gli enti erogatori di microcredito, bensì quello di definire in dettaglio una serie di regole comuni per le attività operative e di rendicontazione dei medesimi[6].
Considerata la varietà del settore microcreditizio europeo sia dal punto di vista dimensionale che per quanto concernono i mercati d'attività, risulta evidente che non tutte la prassi hanno la facoltà di aderire ugualmente a ogni ente erogatore di microcredito oppure ai piccoli imprenditori che collaborano con un'istituzione finanziaria. Anche per questo motivo, il codice introduce una disciplina peculiare per taluni ambiti e pratiche, specificando altresì quali istituzioni non sono soggette alle suddette clausole[7]. L'obiettivo finale permane il benessere della persona beneficiaria, realizzabile esclusivamente nella misura in cui la missione degli enti erogatori sia volta a contrastare la povertà e favorire l'inclusione finanziaria e sociale. Per questo motivo, alcuni obblighi si manifestano come inderogabili a carico dei medesimi nei confronti dei clienti: garantire una procedura di prestito equa e trasparente, tutelare il diritto di ricorso, evitare un indebitamento eccessivo del cliente, proteggere i dati dei clienti e adottare una condotta trasparente nei confronti degli investitori[8].
3. Il riscontro alle prime comunicazioni della Commissione Ue
Anche alla luce del documento attenzionato precedentemente, ne deriva che il settore non sia ancora disciplinato in maniera esaustiva, pur essendo al centro di un interessamento comunitario già a partire dalla fine dello scorso Millennio. Più precisamente, s'intende fare riferimento alla comunicazione della Commissione europea rivolta al Consiglio e al Parlamento europeo nel 1998, recante come denominazione "Microfinanziamenti e riduzione della povertà"[9]. Ponendosi come finalità la determinazione delle politiche coordinate a livello comunitario in tema di microcredito e servizi connessi, il documento conferisce una definizione del medesimo, stabilendo che si tratta di uno stanziamento avente un importo contenuto, usufruibile per dare vita oppure espandere una microimpresa, con servizi destinati prevalentemente a nuclei familiari indigenti, lavoratori autonomi oppure già dipendenti di piccole aziende. Costoro rappresentano la fascia della popolazione che non viene intercettata dalle banche tradizionali, pertanto enti preposti alla loro inclusione socioeconomica si candidano per attuare l'intermediazione tra risorse e bisogni individuali, bilanciando le esigenze del contesto sociale unitamente alla gestione finanziaria delle organizzazioni erogatrici.
Al fine di delineare le tendenze nel sostegno comunitario, vengono adottati due modelli paralleli d'intervento: il primo, che valuta il credito come componente di un progetto integrato, rappresenta quello più diffuso; il secondo, che mira a sostenere istituzioni finanziarie decentrate, viene ritenuto il più efficace da parte degli operatori di settore[10]. Nella relazione emerge altresì che i piani si rivelano decisivi dove le comunità si caratterizzano per un livello elevato di fiducia sociale, resa possibile da atteggiamenti culturali genuini verso il denaro, i risparmi, i sistemi di controllo sociale e le pratiche locali. Al fine di ridurre le condizioni di disagio individuale, promuovere la crescita economica e garantire uno sviluppo sostenibile, la comunicazione mette alla luce che gli strumenti microcreditizi rappresentano una sensazionale invenzione, pertanto anche la Banca mondiale ha registrato l'aumento annuale del 30% relativo al numero di operazioni di micofinanziamenti da parte delle istituzioni ufficialmente riconosciute[11]. Le conclusioni si affidano all'auspicio di adottare azioni coerenti da parte degli Stati membri, rimarcando la imprescindibilità di concordale le "politiche del settore finanziario all'interno di ogni Paese, adeguati tassi di interesse applicati a determinate istituzioni ed altre condizioni per l'assistenza al settore"[12]. Dopodiché, reputando il settore in repentina trasformazione, si invita a tenere conto dell'evoluzione in seguito agli sviluppi dovuti all'esperienza che si maturerà con il tempo, costituendo un comitato di esperti microcreditizi provenienti da ciascuno Stato per discutere annualmente sui problemi di emergenza e prendere in considerazione eventuali emendamenti al quadro europeo.
Poco più di un decennio successivo, un'altra comunicazione destinata al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni è stata emanata dalla Commissione. Il documento intitolato "Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell'occupazione" ha sottolineato come l'innovativa misura in esame si continui a dimostrare un mezzo volto a spronare la crescita del lavoro autonomo e l'implementazione delle microimprese, nell'ottica di favorire la transazione dalla disoccupazione al lavoro autonomo. In tale veste, il microcredito "può svolgere un ruolo importante nella realizzazione della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione e nella promozione dell'integrazione sociale, in linea con l'enfasi data oggi alla flessicurezza, cioè alla combinazione di flessibilità e sicurezza sociale"[13]. Constatando che già sia percepibile una consistente attività intorno al settore considerato da parte di Stati e regioni, il documento richiama una comunicazione dell'anno precedente incentrata sullo stanziamento di risorse rivolto alle micro, piccole e medie imprese, secondo la quale la regolamentazione varata dagli Stati membri dovrebbe incoraggiare la messa a disposizione dei microcrediti perché costituiscono un elemento decisivo al fine di spronare "l'iniziativa imprenditoriale, in particolare delle donne e dei membri delle minoranze etniche, sotto forma di un'attività indipendente oppure di una microimpresa. Questo strumento favorisce non solo la concorrenzialità e lo spirito imprenditoriale ma anche l'integrazione sociale"[14]. Ribadendo l'invito rivolto dieci anni prima al fine di adeguare in modo appropriato i quadri istituzionali, giuridici e commerciali necessari per promuovere un ambiente più favorevole allo sviluppo del microcredito, la Commissione sottolinea l'indispensabilità di un lavoro corale per la definizione di orizzonti comuni e buone pratiche normative da innestare. A tal fine, viene ipotizzata una nuova struttura capace di fornire assistenza tecnica e sostegno generale al consolidamento e allo sviluppo di tutti gli istituti microfinanziari non bancari (MFI) negli Stati membri e nelle regioni, informazioni e pubblicità in merito alle iniziative, manuali tecnici, guide e software allo scopo di aiutare gli MFI ad adottare le migliori pratiche, con l'assistenza di centri specializzati, un più ampio accesso ai finanziamenti per determinati "MFI modello", mediante la messa a disposizione di risorse finanziarie (capitale di avviamento) combinata con l'assistenza tecnica[15]. È la stessa Commissione a individuare il capitolo finanziario da utilizzare per foraggiare tale struttura, ovverosia il Fondo europeo di sviluppo regionale, nonché ha identificato alcuni filoni su cui fare leva per implementare le iniziative di microcredito[16]. Anzitutto, viene evidenziato come la regolamentazione vigente e il quadro istituzionale relativo ai singoli Stati non offra un'ottima sponda al progresso microcreditizio. Giustappunto il perfezionamento del contesto legislativo potrebbe arrecare una profonda scossa, iniziando dalla sostenibilità degli interessi sulle operazioni, dalla riduzione delle spese per la gestione attraverso la creazione di sistemi fiscali favorevoli, dall'aderenza della disciplina sulla sorveglianza al settore microfinanziario, dall'applicazione di norme contabili e di quelle relative al mercato unico. Compiuto questo primo passo, viene focalizzata l'attenzione sul legame nevralgico che intercorre tra le aziende che usufruiscono dei programmi di microcredito e i fattori determinanti per incrementare la probabilità di raggiungere gli obiettivi auspicati, spingere coloro che non hanno una posizione lavorativa a sposare le politiche di autoimpiego e migliore l'ambiente istituzionale. Elemento indispensabile per assicurare alle iniziative una visione di lungo periodo è rappresentato dall'adozione di buone pratiche che, incoraggiando i soggetti protagonisti del settore a cooperare, vadano ad apportare valore a un ente centralizzato dotato di un complesso codice di condotta puntualmente aggiornato e di un marchio specifico al fine di "migliorare la visibilità dei fondi d'investimento dedicati al microcredito, aumentare la fiducia dei cittadini verso gli strumenti d'investimento nel settore della microfinanza e convogliare risorse verso gli MFI con i migliori risultati sociali e finanziari"[17]. Il quarto filone individua l'esigenza di incrementare le risorse a favore dell'attività microcreditizia, pertanto viene indicata un'apposita unità all'interno del dipartimento Jeremie, l'articolazione con la specifica finalità di rivolgersi alle istituzioni di microfinanza aventi piani innovativi da valutare e patrocinare. Proprio nell'ambito dello strumento predisposto dalla Commissione europea in cooperazione con il gruppo della Banca europea degli investimenti e altre istituzioni finanziarie presenti in Europa, si combinano prestazioni di assistenza tecnica, analisi del mercato, attività di promozione e finanziamenti destinati all'impiego di parte dei fondi strutturali dell'UE allocati alle regioni e gestiti dalle autorità nazionali dei vari Stati membri in favore delle piccole e medie realtà imprenditoriali. L'inserimento di nuovi elementi all'interno dei quadri giuridici e istituzionali nazionali avrebbe aperto la strada all'introduzione da parte dei medesimi di riforme appropriate volte ad incoraggiare il microcredito, foraggiate da opportune campagne comunicative e valutazioni di sviluppo a lungo termine: "Si può prevedere che inizialmente vi sarebbe un aumento dell'imprenditorialità e della creazione di posti di lavoro, con effetti diretti e indiretti sulla crescita. Nei Paesi con minoranze etniche consistenti, ad esempio in Europa centrale, o in quelli che attirano un elevato numero di immigrati, il microcredito potrebbe svolgere un ruolo significativo di integrazione dei rispettivi gruppi, sia a livello economico che sociale"[18].
4. Il potenziamento del microcredito all'indomani della crisi
L'Unione europea, all'indomani della crisi economica che ha investito l'intero continente, ha deciso di concentrare le proprie energie prioritariamente sul potere d'acquisto dei cittadini e sul rafforzamento della competitività. Al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e aiutare coloro che si trovavano in stato di difficoltà, è stata rilevata l'esigenza di supportare le aziende dalle ridotte dimensioni e la cultura imprenditoriale attraverso alcuni significativi provvedimenti. Tra di essi individuiamo anzitutto l'European Small Business Act, nel quale viene valorizzata la figura professionale imprenditoriale come perno socioeconomico che si plasma nel mercato del lavoro. Ne deriva che l'autoimpiego rappresenta il collante tra quanti riscontrano ostacoli per reinserirsi nel mondo lavorativo e la rilevante portata rappresentata dal settore della micro, piccola e media impresa nella quasi totalità delle aziende annoverate all'interno panorama comunitario. Il paradigma delineato dal "think small first" propende per la creazione di un clima favorevole anzitutto per le MPMI, conseguenziale alla rinnovata visione degli attori politici nei contorni delle questioni legale allo sviluppo; esso si sostanzia nella gratificazione dello spirito imprenditoriale delle aziende familiari, nell'ulteriore possibilità concessa agli imprenditori costretti ad abbassare la saracinesca, nell'accoglimento delle esigenze delle micro, piccole e medie imprese da parte delle pubbliche amministrazioni, nella creazione di strumenti volti ad aiutare le stesse a introdursi nel mercato unico, nel rendere le MPMI permeabili alle nuove sfide sia nel campo innovativo che in quello ambientale[19].
Un ulteriore risvolto si è avuto nel 2011 tramite la divulgazione del codice di condotta per l'erogazione del microcredito ad opera della Commissione europea. L'insieme di regole interviene in quanto si avvertiva una limitata omogeneità nel mosaico normativo composto dagli Stati aderenti all'Unione Europea in tema di erogazione del microcredito, quindi ciò determina uno stravolgimento dello strumento da uno Stato all'altro[20]. Notando l'imperfezione, la Commissione ha elaborato un dossier in cui si richiede l'adesione su base volontaria al fine di omogenizzare le politiche microcreditizie, garantendo maggiore sicurezza agli operatori del settore. L'ambizioso tentativo si snoda intorno ad alcuni pilastri, ovverosia la centralità degli enti erogatori e del loro funzionamento, valevole nella misura in cui si deve considerare un percorso agevole al fine di adattarli al terreno comune; la riduzione degli elementi contrastanti tra le diverse organizzazioni operanti nel settore e sotto gli aspetti strutturali e giuridici; il perfezionamento degli standard operativi nell'ottica di aumento della performance e soddisfazione delle richieste avanzate sul mercato. Il punto di vista prescelto è quello riferito ai responsabili delle istituzioni erogatrici, i quali si trovano in un settore innovativo che sovente attrae lo scetticismo dell'utenza e degli investitori. Per sostenere l'attività, i consigli direttivi degli enti dovrebbero prenderne spunto al fine di tracciare una programmazione efficace, relazionandosi con il pubblico in maniera etica, trasparente ed equa. Taluni parametri consentono di stilare un elenco in cui valutare e comparare le diverse esperienze acquisite dalle istituzioni non bancarie che stanziano risorse, per un ammontare massimo di venticinquemila euro, alle realtà aziendali che presentano non più di dieci addetti e fatturano nel limite dell'importo complessivo annuo di due milioni di euro. Partendo dall'indicazione degli adempimenti a cui devono fare fronte gli enti del microcredito (come, ad esempio, il diritto al risarcimento oppure la protezione delle informazioni fornite da investitori e clienti), il codice dedica ampio spazio alla revisione contabile, alla sicurezza per gli addetti, al sostegno puntuale per l'utenza, alle responsabilità delle decisioni apicali, alla pianificazione e alla comunicazione delle iniziative[21].
5. La politica d'investimento e gli strumenti operativi
La linfa vitale per garantire la sopravvivenza delle iniziative legate al microcredito deriva anche dai fondi europei, che l'UE mette a bando per garantire alcune progettualità e ridurre le carenze economiche presenti nel mercato. Tra le maggiori iniziative annoverate, il Programma Operativo Nazionale e quello Regionale si rivolgono a un'ampia platea che include, in primo luogo, le micro, piccole e medie imprese[22]. Il Fondo di Coesione, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e il Fondo Sociale Europeo si contraddistinguono per incidere proprio a vantaggio delle politiche solidaristiche in favore specialmente delle nazioni aderenti all'Unione Europea che presentano un divario accentuato oppure registrano dei ritardi rispetto al tasso di crescita delle altre regioni comunitarie meno favorite[23]. Ne deriva la centralità acquisita dall'elemento territoriale nell'ottica di un progresso sostenibile ed equilibrato, volto a livellare le situazioni critiche preesistenti. Più precisamente, le risorse comunitarie si allocano nell'ambito dell'innovazione, del perfezionamento della competitività relativa alle MPMI, della preservazione ambientale inerente sia all'impatto dovuto ai mutamenti climatici che all'efficientamento delle risorse, della sostenibilità in tutti i suoi aspetti, del contrasto all'esclusione socioeconomica, del miglioramento dei servizi istituzionali e della scommessa sull'apprendimento permanente. I suddetti nuclei tematici sono condivisi anche dai programmi di microcredito, i quali si inseriscono nei piani varati al fine di promuovere una crescita ragionata e inclusiva per creare nuovi posti di lavoro e consegnare un orientamento positivo alla società[24]. È la riduzione del disagio economico a fare da traino alla strategia europea progressista immaginata dalla Commissione europea nell'elaborazione di programmi che aspirino all'innovazione sociale per le categorie più vulnerabili, offrendo la "possibilità di istruzione e occupazione alle comunità svantaggiate", valutando l'appropriatezza dei regimi previdenziali e di protezione sociale, combattendo la discriminazione e definendo un'inedita agenda per l'integrazione dei cittadini extracomunitari affinché possano sfruttare concretamente le proprie potenzialità[25].
Lo scenario comunitario ha subito un profondo mutamento proprio all'indomani della crisi economica avvenuta nel primo decennio del nuovo Millennio, momento in cui anche in materia di concessione del credito si è registrata una contrazione significativa. Di conseguenza, anche le micro, piccole e medie imprese si sono trovate in grosse difficoltà, minando profondamente lo schema economico consolidato che ruota proprio intorno a tale ossatura. Le aziende innovative hanno subito una battuta d'arresto a causa dei problemi emersi nel dare continuità alle proprie attività, ingrossando le fila della disoccupazione e assottigliando le risorse utili per garantire una fonte reddituale dignitosa. Tale situazione ha allertato la Commissione europea per l'elaborazione di una strategia duratura che tuteli il bacino della microfinanza, unita all'esigenza di garantire maggiore stabilità ai posti di lavoro ed evitare l'esclusione dei cittadini più deboli. Facendo riferimento alle cifre elaborate dalla direzione generale dell'Ufficio statistico afferente all'Unione Europea, negli anni della crisi economica 2007-2008 i programmi collegati al microcredito avrebbero potuto finanziare settecentomila iniziative aventi come importo complessivo oltre sei miliardi di euro[26]. Siccome non è stato possibile dare una risposta in termini di risorse alle proposte candidatesi nello specifico arco temporale preso in considerazione[27], tali esigenze non sono state accantonate una volta in cui si è conclusa la fase di crisi e, di conseguenza, lo strumento finanziario è stato rinvigorito attraverso le articolazioni di Jasmine, Progress Microfinance e Jeremie. Partendo dall'ultima iniziativa citata, ovverosia Joint European Resources for Micro to Medium Enterprises, si comprende come il benessere delle micro, piccole e medie aziende si reputi l'elemento portante per il rilancio dell'economia comunitaria e per la crescita in termini occupazionali[28]. Il programma Jeremie è alimentato principalmente dai FSE e FESR, lavorando altresì a stretto contatto con il mondo accademico e i poli di ricerca, al fine di potenziare gli strumenti per la valutazione complessiva delle esigenze reali nel mercato. La capillarità dell'articolazione territoriale, financo regionale, ha arginato il problema dovuto alla scarsa consapevolezza dei vantaggi legati al settore dei fondi strutturali, potenziando elementi capaci di adattarsi ai bisogni aziendali locali. I risultati di tali politiche hanno condotto a gestire un fondo d'investimento ammontante a oltre un miliardo di euro nel 2015, con mezzo centinaio di intermediari[29].
Dal canto suo, il programma Joint Action to Support Microfinance Institutions è stato avviato per supportare principalmente gli erogatori microcreditizi in un contesto finanziario ove gli istituti di credito tradizionali e gli enti non bancari avrebbero potuto lavorare in sinergia per arginare le criticità legate al mondo della microfinanza. Funzionale a partire dal 2009 e dismesso nel 2013 a causa dell'avvento dell'iniziativa istituzionale denominata Eu Programme for Employment and Social Innovation, Jasmine si è perfezionato sull'assistenza tecnica, sull'ottimizzazione dell'attività di governance e sulla valorizzazione del percorso formativo volto a dare vedute più ampie alla pianificazione strategica. Invece, per quanto concerne Progress Microfinance, gli obiettivi mirano a ridurre le tempistiche per usufruire degli stanziamenti e creare un tessuto in grado di abbassare la soglia di rischio per le organizzazioni che operano nel settore microcreditizio, permettendo a un numero più consistente di cittadini di avere accesso ai programmi[30]. Tale esperienza è stata recepita completamente dal piano Employment and Social Innovation, gestito direttamente dalla Commissione europea e caratterizzato da tre pilastri: il primo si occupa di innalzare i livelli occupazionali, migliorandone altresì le condizioni, per sconfiggere anzitutto la povertà giovanile; il secondo ha l'obiettivo di mettere a sistema le energie individuali per compensare le esigenze professionali all'interno del confine comunitario, nonché facilitare la mobilità delle persone nel medesimo territorio; l'ultimo si riferisce all'apporto in tema di impresa con finalità sociale, in cui la controgaranzia è offerta specificatamente agli operatori microfinanziari.
6. I Paesi europei all'avanguardia nel campo microcreditizio
Volendo analizzare il quadro comunitario relativo alle esperienze nazionali in materia di microcredito, emerge come soltanto la Romania e la Francia siano fornite di una regolamentazione speciale. Più specificatamente, la prima si è dotata di uno strumento regolativo già a partire dal 2005 con il testo denominato Microfinance Companies Law[31], sostituito successivamente a opera della Legge 93/2009. Quest'ultima ha inteso regolare le attività afferenti alle non-bank financial institutions (registrate regolarmente presso la Banca nazionale rumena NBR, che garantisce la qualità dei programmi) e ha voluto includere la definizione di microcredito nell'ottica di garantire un costante sviluppo delle imprese e la valorizzazione delle persone che scelgono di sfruttare un'opportunità per l'autoimpiego. Già nel biennio successivo all'entrata in vigore del provvedimento normativo succitato è stato registrato un interessante incremento nel numero di utenti e nel valore delle risorse distribuite agli stessi[32], superando nell'anno 2013 i cento milioni di euro stanziati[33].
Per quanto concerne l'esperienza francese, la prima iniziativa notevole nel solco del microcredito è da annoverarsi ai primi anni Duemila, quando la Legge denominata "Nouvelles régulations economiques"[34] ha stabilito che i soggetti non bancari hanno la facoltà di stanziare risorse al fine di consentire alle persone indigenti di avere l'opportunità di un riscatto sociale ravvisabile nel campo lavorativo. Il sistema adottato in Francia prevede che un Comitato pluriministeriale e pluridisciplinare sia deputato a verificare la presenza oppure la carenza di taluni elementi che possano certificare l'attendibilità degli istituti microcreditizi, che agiscono nell'ottica della complementarità con gli istituti tradizionali di credito[35]. Fondamentale risulta anche la Legge Borloo[36], il cui contenuto dimostra come il microcredito abbia occupato un ruolo di primo piano nella definizione di una politica che incoraggia l'autonomia lavorativa e l'ampliamento del panorama aziendalistico; inoltre, tale normativa in tema di coesione sociale ha condotto alla costituzione di una fondo di garanzia. Alcuni provvedimenti normativi, come la Legge numero 721 del primo agosto 2003[37] e la Legge numero 882 dell'agosto 2005[38], hanno consentito di semplificare il procedimento volto alla costituzione di una nuova impresa per renderlo accessibile veloce e facilmente percorribile da ogni persona che intenda tramutare dalla situazione di dipendenza a quella autonoma. La "Loi en faveur des petites et moyennes enterprises" si è posta l'obiettivo di garantire la sostenibilità delle micro e piccole realtà imprenditoriali innovative, favorendone la diffusione e prevedendo un quadro fiscale capace di agevolare le funzioni aziendali: sia gli incentivi che le esenzioni sulle plusvalenze nelle situazioni in cui è previsto il trasferimento di imprese agevolano la diffusione e l'esportazione di imprese.
Il bilancio complessivo varato dall'European Microfinance Network - EMN evidenzia come la Francia abbia conquistato un ruolo da protagonista nell'erogazione del microcredito già a partire dal biennio 2010-2011, arco temporale in cui sono state patrocinate oltre centomila iniziative per un valore complessivo di 870 milioni di euro[39]. Sebbene nella nazione attenzionata sia distinguibile un filone microcreditizio rivolto alle persone indigenti e un altro filone destinato a intercettare le persone che non riescono ad accedere ai canali ordinari per finanziare la propria idea imprenditoriale, risultano di gran lunga più consistenti gli importi erogati con quest'ultima finalità; del resto, per le richieste di micro-crédit personnel vengono previsti importi massimi ammontanti a tremila euro. Tornando al microcredito professionale, un'ulteriore ripartizione distingue i programmi classici da quelli erogati a titolo di fondi propri: per i primi si prevede un sostegno all'ente finanziatore e una garanzia del Fondo di Coesione Sociale oppure assente, mentre per i secondi è prevista una clausola di subordinazione che rende il prestito postergato, assimilandolo così a un apporto a titolo di capitale di rischio, per il quale tradizionalmente non è previsto un piano di rimborso. Ciononostante, entrambi presentano significativi elementi di contatto, come le caratteristiche indisponibili per accedere alle risorse, ovverosia la garanzia di un numero di addetti inferiore alle dieci unità, la data di fondazione dell'azienda che non può oltrepassare i cinque anni e la prova che il fatturato annuale oppure il bilancio d'esercizio non superino i due milioni di euro.
Considerando il panorama francese, i maggiori attori che si occupano dei piani microcreditizi possono essere identificati nell'Initiative France, nel France Active e nell'Association pour le Droit à l'Initiative Économique[40]. È interessante notare come l'attività degli stessi può essere considerata complementare, visto che l'associazione pioniera nata nel 1989 e protagonista del microcredito in Francia denominata ADIE supporta i leader di progetti articolati al fine di sostenerli a monte ed a valle del lancio della loro idea per garantirne la sostenibilità, mentre FI e FA sono focalizzate maggiormente sulla concessione di garanzie, sui prestiti solidali e sui prestiti d'onore.
* Vicepresidente del Centro Studi d'Europa
[1] Scheda economica e sociale del Paese - Bangladesh. Exportiamo.it.
[2] Articolo 34 - Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea. Nizza: European Union, 2000.
[3] Articolo 151 - Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea. Lisbona: European Union, 2007.
[4] Occupazione, affari sociali e inclusione. Ec.Europa.eu.
[5] Codice europeo di buona condotta per l'erogazione di microcredito. Bruxelles: Commissione europea, 2021.
[6] Ibidem.
[7] Programma dell'UE per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI). Ec.Europa.eu.
[8] Ibidem.
[9] Microfinanziamenti e riduzione della povertà - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 1998.
[10] Il ruolo dei micorfinanziamenti - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 1998.
[11] Crescita e sviluppo delle istituzioni di microfinanziamento - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 1998.
[12] Comunità e Stati membri - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 1998.
[13] Ibidem.
[14] Attuare il programma comunitario di Lisbona: Finanziare la crescita delle PMI e promuovere il valore aggiunto europeo - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 2006.
[15] Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell'occupazione - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 2007.
[16] Ibidem.
[17] Un marchio specifico per il microcredito per coinvolgere maggiormente i cittadini dell'UE. Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell'occupazione - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 2007.
[18] Conclusioni. Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell'occupazione - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 2007.
[19] Una corsia preferenziale per la piccola impresa: alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa - Small Business Act. Bruxelles: Commissione Europea, 2008.
[20] Codice europeo di buona condotta per l'erogazione di microcrediti. Bruxelles: Commissione Europea, 2011.
[21] Ibidem.
[22] Introduzione alla politica di coesione dell'UE 2014-2020. Bruxelles: Commissione Europea, 2014.
[23] Articolo 23 - Atto Unico Europeo. Bruxelles: Consiglio delle Comunità Europee, 1986.
[24] Marcozzi, Alessandra; Bartolomei, Giuliano. I fondi europei 2014-2020: guida operativa per conoscere ed utilizzare i fondi europei. Roma: EPC Editore, 2016.
[25] Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Bruxelles: Commissione Europea, 2010.
[26] Jayo, Barbara; Gonzalez, Anabel; Conzett, Casey. Overview of Microcredit Sector in the European Union. EMN Working Paper, 2010.
[27] Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell'occupazione - Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio europeo. Bruxelles: European Union, 2007.
[28] Decision establishing a European Microfinance Facility for Employment and Social Inclusion - Progress Microfinance Facility. Bruxelles: Parlamento Europeo e Consiglio dell'Unione Europea, 2009.
[29] Jeremie - Joint European Resources for Micro to Medium Enterprises. www.Eif.org.
[30] Attuazione dello strumento europeo Progress Microfinance. Bruxelles: Commissione Europea, 2010.
[31] Ruesta, Cristina; Benaglio, Nicola. Microcredit regulation in Europe: an overview. Bruxelles: European Microfinance Network, 2020.
[32] Bendig, Mirko; Unterberg, Michael, Sarpong, Benjamin. Microfinance market in 2010-2011 -Overview of Microcredit sector in the European Union. Bruxelles: European Microfinance Network, 2012.
[33] Cfr. Bendig, Mirko; Unterberg, Michael, Sarpong, Benjamin. Microfinance market in 2012-2013 - Overview of Microcredit sector in the European Union. Bruxelles: European Microfinance Network, 2014.
[34] Provvedimento normativo n. 420 dell'anno 2001 e Decreto attuativo n. 652 dell'anno 2002.
[35] Il microcredito nei Paesi europei. MicrocreditoItalia.org/CapacityBuilding.
[36] Legge numero 32 varata in data 18 gennaio 2005.
[37] Nota con la denominazione "Loi pour l'Initiative Economique" oppure "Loi Dutreil".
[38] Conosciuta anche con la denominazione "Loi en faveur des petites et moyennes enterprises".
[39] Balkenhol, Bernard; Guézennec, Camille; Lainé, Frédéric; Nouaille-Degorce, Louis. Le microcrédit professionnel en France: quels effets sur l'emploi? Parigi: Centre d'analyse strategique, 2013.
[40] Leone, Paola; Porretta, Pasqualina. Microcredit Guarantee Funds in the Mediterranean. Palgrave Macmillan Editore, 2014.