Diritto
Alessandra Pepe
Abstract
All productive activities in general and, therefore, also public procurement have suffered the disruptive effects of government measures to mitigate the pandemic. However, there are many questions and operational problems that arise as a consequence of the health emergency in progress and the consequent measures issued by the Government. In this context, the Decree-Law no. 18/2020 (so-called "Cura Italia"), containing measures to strengthen the National Health Service and economic support for families, workers and businesses related to the epidemiological emergency by COVID-19 published in the Official Gazette no. 70 of 17 March 2020, introduced some interesting provisions on public procurement, providing for some amendments and derogations to the Code of Public Contracts. In particular, exceptions have been made to the ordinary award procedures, which have been replaced by the more timely award procedures for reasons of urgency, pursuant to Article 63 of the Code of Public Contracts. In addition, specific provisions have been introduced to increase the liquidity of companies and public administrations. However, we are waiting for more detailed indications regarding public contracts, especially with reference to the management of the construction sites. In fact, the impact on the public procurement sector should not be underestimated among the many risks associated with such an emergency phase.
Tutte le attività produttive in generale e, quindi, anche gli appalti pubblici hanno subito gli effetti dirompenti delle misure governative di contrasto alla pandemia. Tuttavia, molteplici sono ad oggi gli interrogativi e i problemi operativi che si pongono dinanzi all'emergenza sanitaria in atto e alle conseguenti misure di contenimento varate dal Governo.
Il Decreto-legge 18/2020 (c.d. "Cura Italia"), recante Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 17 marzo 2020, ha introdotto alcune interessanti disposizioni in tema di appalti.
In particolare, il comma 1 dell'articolo 91 - rubricato Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici - ha enunciato il principio secondo cui:
"il rispetto delle misure di contenimento previste è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti".
Al fine di comprendere la portata applicativa della norma de qua, è opportuno, preliminarmente, rammentare che l'articolo 1218 c.c. disciplina la responsabilità contrattuale del debitore, prevedendo che, ove quest'ultimo non esegua esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno, a meno che non provi che l'inadempimento o il ritardo siano dipesi da un'impossibilità sopravvenuta della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile.
L'articolo 1223 c.c., invece, prevede che il risarcimento del danno, dovuto in caso di inadempimento o ritardo nell'adempimento, deve comprendere sia la perdita subita dal creditore (cd. "danno emergente") che il mancato guadagno (cd. "lucro cessante").
Ebbene, tra le cause esimenti della responsabilità rilevano, secondo la giurisprudenza consolidata, gli eventi di forza maggiore, o anche le ipotesi riconducibili al c.d. "factum principis", ossia quando un atto della pubblica autorità, emanato dopo la conclusione del contratto per la salvaguardia di interessi generali (come la tutela della salute pubblica), rende oggettivamente impossibile proseguire, anche temporaneamente, la prestazione, indipendentemente dalla volontà dei soggetti obbligati.
Sul punto, vale la pena segnalare i recenti approdi della giurisprudenza, secondo la quale gli ordini o i divieti emanati dalle autorità sono suscettibili di determinare l'impossibilità della prestazione qualora:
· gli stessi siano del tutto estranei alla volontà dell'obbligato (Cass. n. 21973/2007);
· non siano ragionevolmente prevedibili, secondo la comune diligenza, all'atto dell'assunzione dell'obbligazione (Cass. n. 2059/2000);
· il debitore abbia sperimentato tutte le ragionevoli possibilità per adempiere regolarmente (Cass., n. 14915/2018; Cass. n. 11914/2016).
Ciò posto, è indubbio, che l'emergenza sanitaria in atto e i conseguenti provvedimenti adottati, per le loro caratteristiche di gravità, eccezionalità ed imprevedibilità, costituiscano una fattispecie di factum principis.
Da ciò discende che, qualora tali accadimenti provochino l'impossibilità della prestazione, integrano una causa di esonero della responsabilità da inadempimento contrattuale, a prescindere dalle previsioni contrattuali in essere.
In estrema sintesi, qualora vi dovessero essere ritardi o omessi adempimenti, afferenti al periodo emergenziale, si potrà sempre invocare l'impossibilità della prestazione, in ragione dell'osservanza delle misure di contenimento adottate dal Governo.
Con specifico riferimento agli appalti pubblici, la norma sembrerebbe postulare che il rispetto delle misure di contenimento connesse all'emergenza COVID-19 deve essere comunque tenuta in conto ai fini dell'esonero da responsabilità anzitutto dell'appaltatore. Detta previsione trova attuazione sia in sede di applicazione di eventuali decadenze e penali connesse a ritardi o omessi adempimenti all'appaltatore, sia in sede di eventuali contenziosi.
Naturalmente, come specificato dall'Associazione Nazionale Costruttori Edili ("ANCE")[1], la norma in esame, riguardando genericamente la responsabilità del "debitore", si potrebbe riferire anche alle obbligazioni gravanti sulla stazione appaltante.
Di rilievo anche il comma 2 dell'articolo 91 del Decreto-legge 18/2020, rubricato "Anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici", il quale modifica l'articolo 35, comma 18, del Codice dei contratti pubblici, chiarendo che:
"l'erogazione dell'anticipazione è consentita anche nel caso di consegna in via d'urgenza, ai sensi dell'articolo 32, comma 8, del presente codice".
Trattasi di una previsione sistematica, che trova la propria ragion d'essere nella necessità di garantire immediata liquidità alle imprese anche nel caso di consegna anticipata dei lavori, sancendo, in modifica e precisazione di quanto disposto dal codice, ove ve ne fosse il dubbio, che non vi sono impedimenti all'erogazione dell'anticipazione nemmeno in questa specifica ipotesi di esecuzione in via di urgenza.
Altra disposizione di favore in materia di anticipazione è quella contenuta all'art. 97 del Decreto-legge 18/2020, rubricato "Aumento anticipazioni FSC", con la quale, al fine di sostenere gli interventi infrastrutturali finanziati con risorse del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 nell'ambito dei Piani Operativi delle Amministrazioni Centrali e dei Patti per lo sviluppo, si dispone che le anticipazioni finanziarie possono essere richieste nella misura del venti per cento delle risorse assegnate ai singoli interventi, qualora questi ultimi siano dotati di progetto esecutivo approvato o definitivo approvato in caso di affidamento congiunto della progettazione ed esecuzione dei lavori.
La ratio sembrerebbe essere la medesima, ossia accrescere la liquidità delle amministrazioni che potrà essere impiegata, sia per far avanzare la progettazione, sia ai fini dell'adempimento dell'obbligo delle stazioni appaltanti di anticipazione del prezzo all'appaltatore, ai sensi del Codice dei contratti pubblici (art. 35, comma 18), sia per anticipare maggiori risorse alle imprese beneficiarie degli interventi.
Tuttavia, ad avviso dell'ANCE, nella fase emergenziale la disposizione de qua potrebbe avere effetti trascurabili sulla liquidità delle imprese.
Ancora, molteplici sono poi le deroghe alle ordinarie procedure di aggiudicazione, che lasciano spazio alle più snelle e tempestive modalità di affidamento per ragioni di urgenza di cui all'art. 63 del Codice dei contratti pubblici.
Difatti, in base al dettato normativo dell'art. 63 del Codice dei contratti pubblici:
"nei casi e nelle circostanze indicati, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione, dandone conto con adeguata motivazione nel primo atto della procedura. Nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata: [...] c) nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, ivi comprese le emergenze di protezione civile, nonché nei casi urgenti di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati ai sensi della normativa ambientale, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici".
Partendo dal tenore letterale della norma sopra citata, si autorizza, in presenza di "ragioni di estrema urgenza", il ricorso a "procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara", a condizione che:
· l'urgenza derivi da "eventi imprevedibili" e "in alcun caso imputabili" all' amministrazione aggiudicatrice, che rendano impossibile il rispetto dei termini "per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione";
· della relativa giustificazione sia dato conto "con adeguata motivazione";
· l'affidamento sia disposto "nella misura strettamente necessaria".
Corre peraltro l'obbligo di evidenziare, come ribadito a più riprese dai giudici amministrativi, che "l'opzione riveste, all'evidenza, carattere di eccezionalità rispetto all'obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, sicché, per condiviso intendimento, la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell'individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente" (così, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 24 gennaio 2020 n. 608, Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2019, n. 5628).
In ragione di quanto sopra esposto, l'articolo 75 del Decreto-legge 18/2020, rubricato "Acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione del lavoro agile e di servizi in rete per l'accesso di cittadini e imprese", prevede che:
"quali ulteriori misure di contrasto agli effetti dell'imprevedibile emergenza epidemiologica da COVID-19", disposizioni per incentivare la diffusione del lavoro agile e dei servizi di rete e agevolare l'accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese: le amministrazioni pubbliche nonché́ le autorità̀ amministrative indipendenti, sono autorizzate, sino al 31 dicembre 2020, ad acquistare beni e servizi informatici, preferibilmente basati sul modello cloud SaaS (software as a service), nonché́ servizi di connettività̀, "mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara ai sensi dell'articolo 63, comma 2, lett. c), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nei limiti della soglia comunitaria, selezionando l'affidatario tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up innovativa» o un «piccola e media impresa innovativa»"
A ben vedere, tale deroga ha una portata meno ampia di quanto sembrerebbe prima facie, recando, invece, notevoli elementi di specialità: in particolare, gli acquisti devono essere relativi a progetti coerenti con il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, la procedura negoziata deve avvenire selezionando l'affidatario tra almeno quattro operatori economici di cui almeno una "start-up innovativa" o una "piccola e media impresa innovativa" (iscritta all'apposita sezione speciale del registro delle imprese). Infine, al termine della procedura di gara, le amministrazioni potranno stipulare immediatamente il contratto (in deroga ai termini sospensivi di standstill di cui all'articolo 32 del Codice dei contratti pubblici), previa acquisizione di una autocertificazione dell'operatore economico aggiudicatario attestante il possesso dei requisiti generali, finanziari e tecnici, la regolarità del DURC e l'assenza di motivi di esclusione secondo segnalazioni rilevabili dal Casellario Informatico di ANAC, nonché previa verifica antimafia.
Analogamente, l'art. 72, comma 2 del Decreto-Legge 18/2020 ha introdotto misure per l'internazionalizzazione del sistema Paese, statuendo che:
"in considerazione dell'esigenza di contenere con immediatezza gli effetti negativi derivanti dalla diffusione del Covid-19 sull'internazionalizzazione del sistema Paese, è prevista la possibilità di aggiudicare alcune specifiche iniziative di promozione e sostegno del made in Italy attraverso contratti di forniture, lavori e servizi affidati con procedura negoziata senza bando, ed invito a 5 operatori, di cui all'articolo 63, comma 6, del Codice Appalti".
In ultima analisi, ulteriori deroghe sono state previste dall'art. 86 per la realizzazione di interventi urgenti di ristrutturazione e di rifunzionalizzazione degli Istituti penitenziari, stabilendo che:
"in considerazione della situazione emergenziale e al fine di consentire l'adeguata tempestività̀ degli interventi [...], fino al 31 dicembre 2020 è autorizzata l'esecuzione dei lavori di somma urgenza con le procedure di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, anche in deroga ai limiti di spesa ivi previsti, fatto salvo il limite della soglia europea, e ai termini di presentazione della perizia giustificativa dei lavori".
Sempre sul versante degli appalti pubblici, l'ANCE, nelle more dell'adozione di più specifici provvedimenti legislativi da parte del Governo e degli Enti locali, ha pubblicato un vademecum[2], recante alcune indicazioni operative per fronteggiare le conseguenze derivanti sull'attività di impresa dall' emergenza sanitaria Covid-19.
In particolare, sono state, in prima battuta, individuate alcune misure cautelative utili ad evitare che dall'eventuale sospensione delle attività di impresa, sia per i lavori eseguiti in conto proprio che in appalto, scaturissero conseguenze negative sia per il rispetto degli impegni contrattualmente previsti, sia per le procedure edilizie. In seguito, in considerazione dei provvedimenti normativi adottati per contrastare l'emergenza, si è provveduto all'aggiornamento di dette istruzioni operative in materia di lavoro, salute, appalti pubblici, osservando che "i cantieri sull'intero territorio nazionale potrebbero essere sospesi dalle stazioni appaltanti, ai sensi dell'art. 1, lettere n) e o) del DL n. 6 del 2020 o, comunque, ai sensi dei provvedimenti emergenziali adottati successivamente dal Governo[3]".
E, ancora l'ANCE ha precisato che "in ogni caso, ove così non fosse, e laddove le misure di emergenza adottate dal Comune dovessero influire negativamente sulla regolare esecuzione dei lavori, l'impresa, al fine di evitare l'addebito di eventuali penali per la maggiore durata dell'esecuzione dei lavori, può sollecitare l'adozione di un provvedimento di sospensione, anche parziale, da parte della stazione appaltante, ex art. 107 del Codice dei contratti pubblici. Verosimilmente, dovrebbe trattarsi di una sospensione di competenza del RUP, per ragioni di necessità o di pubblico interesse".
La norma del Codice dei contratti pubblici che deve essere invocata e che risulta applicabile nell'attuale contesto emergenziale è, dunque, l'art. 107, a mente del quale:
"in tutti i casi in cui ricorrano circostanze speciali che impediscono in via temporanea che i lavori procedano utilmente a regola d'arte, e che non siano prevedibili al momento della stipulazione del contratto, il direttore dei lavori può disporre la sospensione dell'esecuzione del contratto, compilando, se possibile con l'intervento dell'esecutore o di un suo legale rappresentante, il verbale di sospensione, con l'indicazione delle ragioni che hanno determinato l'interruzione dei lavori, nonché dello stato di avanzamento dei lavori, delle opere la cui esecuzione rimane interrotta e delle cautele adottate affinché alla ripresa le stesse possano essere continuate ed ultimate senza eccessivi oneri, della consistenza della forza lavoro e dei mezzi d'opera esistenti in cantiere al momento della sospensione. Il verbale è inoltrato al responsabile del procedimento entro cinque giorni dalla data della sua redazione. La sospensione può, altresì, essere disposta dal RUP per ragioni di necessità o di pubblico interesse".
Alla luce del dettato normativo dell'art. 107 del Codice dei contratti pubblici, è evidente come l'emergenza coronavirus possa essere considerata a tutti gli effetti una delle circostanze speciali che legittimano la sospensione dei lavori pubblici, configurando una ragione di necessità o di pubblico interesse.
In altri termini, laddove non sia tecnicamente possibile, per l'appaltatore, garantire ai propri lavoratori l'adozione di misure in grado di contrastare adeguatamente e limitare la diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, si dovrà far ricorso agli appositi strumenti contemplati dal Codice dei contratti pubblici che regolano le fattispecie in cui, al ricorrere di circostanze speciali, non ascrivibili alla responsabilità delle parti, la committente può sospendere i lavori, e ciò con riferimento a tutte le tipologie di contratti pubblici (lavori, servizi e forniture, ai sensi del comma 7 dell'art. 107 del Codice dei contratti pubblici).
Ciò detto, viste le evidenti difficoltà di proseguire senza esporre imprese e lavoratori a rischi non gestibili, e viste le incertezze che persistono sul punto, si auspica quanto prima l'emanazione, da parte dei Ministeri competenti, di un provvedimento volto a determinare la sospensione ex lege (e, quindi, non rimessa alla discrezionalità delle singole stazioni appaltanti) di tutti i contratti pubblici e la conseguente "chiusura" dei relativi cantieri.
Tale soluzione è stata peraltro invocata dall'ANCE medesima che, con comunicato in data 13 marzo 2020, nel segnalare le concrete difficoltà nel reperire dispositivi di protezione individuale idonei ad assicurare in tutti i cantieri le indispensabili misure di sicurezza e di tutela della salute dei lavoratori, ha sollecitato un provvedimento che consenta di poter sospendere i cantieri.
Pertanto, non si può che attendere l'emanazione di linee guida più specifiche e precise, in grado di disegnare un quadro più chiaro circa la gestione dei cantieri in questa fase emergenziale.
Del resto, nonostante dinanzi ad una emergenza sanitaria di tale portata tutto il resto sembri privo d'importanza, non va sottovalutato, tra i molteplici rischi che si accompagnano a tale fase, l'impatto sul settore degli appalti pubblici. I contratti in corso, di forniture, servizi e lavori, non possono, infatti. non risentire dell'attuale contesto emergenziale e delle restrizioni disposte dal Governo. Per le forniture e i servizi sanitari si continua ad operare. invece, in via d'urgenza.
Le priorità della battaglia al Coronavirus sono certamente altre, tuttavia delle indicazioni più puntuali in materia di contratti pubblici sarebbero quantomeno auspicabili.
[1]Commento predisposto dall'ANCE sulle misure previste dal Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, "Cura Italia", pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo 2020. In particolare, il documento contiene una valutazione dettagliata di tutte le misure approvate che impattano sul settore delle costruzioni.
[2] ANCE, Prime indicazioni operative per le imprese Covid - 19, 24 febbraio 2020.
[3] Il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri 23 febbraio 2020 - Disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha disposto che "in attuazione dell'art. 3, comma 1, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, sono adottate le seguenti misure di contenimento: n) sospensione delle attività lavorative per le imprese, ad esclusione di quelle che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità, ivi compresa l'attività veterinaria, nonché' di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare ovvero in modalità a distanza. Il Prefetto, d'intesa con le autorità competenti, puo' individuare specifiche misure finalizzate a garantire le attività necessarie per l'allevamento degli animali e la produzione di beni alimentari e le attività non differibili in quanto connesse al ciclo biologico di piante e animali; o) sospensione dello svolgimento delle attività lavorative per i lavoratori residenti o domiciliati, anche di fatto, nel comune o nell'area interessata, anche ove le stesse si svolgano fuori dal Comune o dall'area indicata".