Diritto


Giuseppe Di Genio

Provvedimento penale del riesame ed errores in iudicando (e di latino) in materia di usi civici

 

"...Come diventano pericolosi, quelli che hanno capito i codici, di fronte a quelli che non li posseggono! Neanche i bambini si fidano" (D. Pennac, Diario di scuola, Feltrinelli, Milano, 2008,162)

 

La tematica degli usi civici[1], alquanto peculiare, polifonica, settoriale[2] e difficile nell'ambito degli studi giuridici contemporanei ed interdisciplinari, dimostra, come in altri casi, tutta la sua dirompente complessità giurisdizionale,[3] soprattutto, in sede di adozione di un provvedimento penale, alquanto abnorme, extra e contra ius, tra l'altro, non impugnabile dalla parte civile lesa (obbligata a restare fuori dal "giusto processo", in violazione di regole di civiltà giuridica, di sussidiarietà giudiziaria e dettami costituzionali), da parte del Tribunale del Riesame di Salerno del 19.6.2013 (n. 852/2012), formalmente composto, all'uopo, come estensori, dal giudice Gaetano Sgroia (presidente relatore), Maria Grazia Pisapia e Giuliano Rulli.

Non a caso, la delicatezza e la scientificità della materia (da Premio Nobel con Elinor Ostrom), a molteplici virtualità[4] e di dimensione comparata[5] (la teoria dei commons), risalente alla legge n. 1766 del 1927 e al r.d. n. 332 del 1928[6], che travalica i secoli, è di per sè di competenza di un giudice speciale, altamente specializzato, composto da consiglieri di Corte di Appello, di solito (ma non sempre) di estrazione penale, qual'è il Commissario Regionale degli usi civici, presente in ogni Regione (anche accorpate).

Il provvedimento del riesame del Tribunale di Salerno, in appello avverso il diniego di dissequestro del GIP di Vallo della Lucania, reso in forma di ordinanza, assume rilievo sia in ordine alla effettiva conoscenza e preparazione, palesemente e oggettivamente incompleta,  della materia usi civici e sul punto da parte dei giudici suddetti Gaetano Sgroia, Maria Grazia Pisapia e Giuliano Rulli, del tutto evidente, pur senza nulla togliere agli stessi e alle loro competenze (nella manualistica di diritto privato e di diritto amministrativo si trovano poche righe sull'argomento e non se ne parla nei corsi, anche privati, di preparazione alla magistratura, così come, a quanto consta, non è stato mai assegnato ai concorsi in magistratura un tema sugli usi civici e sul processo commissariale), sia sul piano delle competenze specifiche del Tribunale del Riesame, visibilmente scomposte nella questione in esame e nel rispetto delle tecniche di redazione[7] dell'atto giudiziario (la terminologia latina sbagliata ut supra nel titolo del commento è sintomatica), non corrispondenti ad un esame attento e scrupoloso, devolutivo, della realtà dei fatti e degli atti giuridici (favor veritatis), che si traduce, inevitabilmente, in una anticipata decisione della questione di merito (Cass. SS.UU. n. 7 del 2000 e, sez. 3, n. 32837 del 2013).

Nondimeno, proprio nella dottrina costituzionalistica,[8] all'interno della manualistica del primo anno di corso universitario, rivolto ai giovani studenti post-diploma, ci si è chiesti "chi giudica la capacità professionale di un magistrato" ?

Emerge, così, che "una delle critiche più ricorrenti mosse agli automatismi che fin ora hanno caratterizzato la carriera dei magistrati ordinari riguarda il carattere piuttosto blando dei meccanismi diretti ad accertare l'effettivo grado di professionalità del magistrato. La legislazione ordinaria sulla progressione in carriera dei magistrati ha sostanzialmente vanificato qualsiasi tipo di valutazione del merito e fatto riferimento principalmente sull'anzianità".

Come sottolinea Sabino Cassese, tracciando un bilancio del suo percorso come giudice costituzionale "è sempre più facile dichiarare una questione inammissibile: comporta minor lavoro e minori responsabilità".[9]

Trattasi, infatti, di una decisione stonata,[10] giuridicamente inappropriata, frettolosa e superficiale, lesiva di diritti fondamentali e della personalità, resa in termini di dissequestro di una delibera comunale on line, in cui erano contenute frasi diffamatorie da parte di un assessore comunale, oggetto di querela di parte, nei confronti di un professionista incaricato del mero supporto consulenziale nella redazione del regolamento di uso civico del Comune, da consegnare inevitabilmente all'ente per le sue valutazioni consiliari, successivamente, poi, regionali.

L'aspetto paradossale, kafkiano e surreale della vicenda giuridica è rappresentato dal fatto che il Tribunale del Riesame, in prima battuta, per una sorta di difetto di legittimazione attiva (assessore indagato ricorrente) respingeva con ordinanza del 20.3.2013, come inammissibile, la richiesta dell'11.3.2013, poi, successivamente (sindaco-comune ricorrente), superato lo stesso (con evidenti dubbi formali, a mò di dottrina, sul rispetto del termine dei dieci giorni, anche perchè, dichiarata inammissibile la precedente doveva ritenersi esaurito il potere di riesame; la successiva istanza di appello al riesame è del 29.4.2013, pervenuta il 2.5.2013, l'ordinanza del GIP è del 15.4.2013 di rigetto della richiesta di revoca presentata dal Comune in data 27.3.2013), senza una valutazione coerente e puntuale delle risultanze processuali, non solo revocava la misura cautelare reale del 14.2.2013 deducendo l'insussistenza del "fumus commissi delicti" ("deliciti" si legge, assurdamente, nel testo del provvedimento ut supra reso e firmato, frettolosamente, senza correzioni formali, dai magistrati estensori Sgroia, Pisapia e Rulli: i brevi cenni di diritto romano in premessa dei bellissimi vecchi compiti in magistratura ante riforma sono un ricordo sbiadito), in ordine al reato di cui all'imputazione ma si soffermava, inopinatamente e inspiegabilmente (per giustificare il dissequestro), sul lavoro svolto dal professionista senza conoscere (e, altresì, garantire il diritto di difesa della parte civile, fuori dal processo di riesame, con evidenti dubbi di costituzionalità dell'ordinanza stessa) le reali modalità di configurazione di un regolamento di uso civico[11], oggettivamente determinanti,[12] la cui approvazione è rimessa in prima battuta al Comune (che può fare o meno proprio il testo proposto dal professionista a titolo di consulenza, divenendo, così, con la prima approvazione consiliare atto comunale imputabile all'ente) e, poi, definitivamente dalla Regione in base ad una istruttoria (come avviene per tabulas per tutti i Comuni) che comporta sempre modifiche interne operate dall'ufficio.[13]

Ciò è avvenuto, inevitabilmente, sullo stesso regolamento di uso civico del Comune di Ascea, oggetto del dissequestro in parola (il cane che si morde la coda), con il recente decreto dirigenziale n. 194 del 3.9.2015 che ha ritenuto lo stesso regolamento di cui alla delibera frettolosamente dissequestrata, riformulandolo, giustamente "non conforme alla legislazione nazionale e regionale" in materia di usi civici.

Se, dunque, viene affermata, perentoriamente e incontrastabilmente, la non conformità del regolamento, come dissequestrato nella delibera on line, alle leggi statali e regionali in materia di usi civici, men che meno, di tutta evidenza, non è conforme a legge l'ordinanza di dissequestro resa dal Tribunale del Riesame del 19.6.2013 ut supra ed ora commentata, non più impugnabile, che crea un punto di crisi e di rottura (break point) nell'ordinamento giuridico (e giudiziario-giurisdizionale) ovvero una vera e propria zona grigia dell'ambito giurisdizionale, già sancita ex art 395 c.p.c. e lesiva del diritto di difesa,  costituzionalmente garantito, inespresso e reso muto, della parte civile (che deve tacere anche ai fini di un eventuale ricorso in Cassazione per violazione di legge), tale nel processo penale principale in fieri e dello stesso sistema delle indagini.

Non è, infatti, costituzionalmente corretto che i diritti di difesa ex art. 24 e 111 Cost. (in ogni stato e grado del procedimento e, sempre, nel contraddittorio delle parti) della parte civile lesa siano, nelle more del processo penale principale (laddove iniziato), con la relativa costituzione, o nella fase delle indagini del P.M., completamente estromessi, resi muti e ignorati  nell'eventuale giudizio intermedio incidentale di riesame (e in quello successivo in Cassazione), con evidenti ricadute mortificanti sulla reale configurazione paritaria ed influenza delle rispettive situazioni processuali, inevitabilmente incrociate e collegate. La parte civile in fieri, querelante, in altre parole, non può essere considerata estranea (non-parte) in un eventuale giudizio di riesame collegato anche ad elementi oggettivi riferibili al querelato-indagato. I rischi di "parassitismo metodologico"[14] segnalati, in generale, dalla dottrina costituzional-comparatista sono, così, del tutto evidenti nella fattispecie in esame.

Tra l'altro, la peculiarità della vicenda, in un contesto difficile, è testimoniata, a margine, dal fatto che il difensore di fiducia dell'ente, all'epoca, l'avv. Demetrio Fenucciu è stato l'unico ad avere il privilegio difensivo ex lege, in sede di riesame (come una monade difensiva). Tra l'altro, senza nulla togliere allo stesso e alle sue competenza in materia, era stato anche coinvolto precedentemente in una inchiesta sulle cave casertane (le cave spesso sono in uso civico)[15], addirittura arrestato e, poi, prosciolto con sentenza del GUP del Tribunale di S.M. Capua Vetere del 24.9.2008 (RG 4631/08), come riportano la notizia numerosi giornali on line dell'epoca, sulla base di una semplice ricerca telematica. Solo a lui, e non anche al difensore della parte civile avv. Antonio Boffa (le allegazioni probatorie del P. M. restano sempre istituzionali e tradizionali, lontane dalla parte lesa, tant'è che non è giunto in Cassazione), è stato garantito, dentro il riesame, in una evidente incostituzionalità della fattispecie devolutiva, l'apporto, non atomistico, il privilegio, appunto, e l'esercizio formale difensivo proprio in relazione al fumus (cfr. C. Cass. n. 19331 del 2011 e 7242 del 2011).

E' evidente, dunque, che, in una vicenda del genere, monocorde, molto delicata sul piano delle garanzie costituzionali e dai tratti giuridici oscuri, anche strumentalizzata per motivi politici, la mancata conoscenza e preparazione oggettivamente incompleta sulla materia delle parti processuali, sicuramente trattasi di un tema di nicchia scientifica e di alta cultura, risulta evidente ed ha comportato, scultoreamente, un inutile aggravio processuale (tant'è che la sentenza di non luogo a procedere del 17.4.2015 del GIP del Tribunale di Vallo della Lucania non ne ha tenuto assolutamente conto, anche se ha scriminato per motivi politici la diffamazione sussistente in capo all'assessore comunale), la non conformità del regolamento frettolosamente "salvato on line" dal Riesame alla normativa vigente sugli usi civici, come espresso dalla Regione nel recente e successivo decreto dirigenziale suindicato del 3.9.2015, la violazione, costituzionalmente evidente, dei diritti di difesa della parte civile in fieri e la palese perdurante lesione, nella sua prestazione di mezzi e non di risultati, della figura professionale del professionista che non aveva assolutamente possibilità di garantire  (come avviene per tutti i tecnici e consulenti che preparano le leggi e le riforme e per la stessa sezione consultiva del Consiglio di Stato quando rende i pareri obbligatori sull'attività normativa del Governo) l'approvazione del regolamento, che una volta trasmesso all'ente e fatto proprio dal consiglio comunale comunque si spersonalizza e diviene istituzionale (di qui la diffamazione personale, non istituzionale, usando in modo speculare e strumentale la critica politica), e la stessa approvazione era rimessa, esclusivamente, ex lege, ovvero, definitivamente, all'istruttoria regionale.

Infatti, i precedenti rilievi istruttori mossi all'ente e non al professionista (di qui, valga ripetere, l'aggravio del profilo diffamatorio personale come accanimento mirato alla persona singola non al regolamento, ovvero usando lo stesso, profilo del tutto ignorato dai giudici coinvolti nelle varie fasi giudiziarie) riguardavano aspetti istituzionali completamente estranei alle competenze del professionista quali, la pubblicazione ex lege del regolamento approvato in Consiglio comunale da parte del Segretario comunale dell'epoca (non avvenuta);  rilievi cartografici tecnici che sono una "mera prassi" degli uffici regionali (nel testo della nota integrativa regionale si dice infatti "per maggiore completezza"), assolutamente non richiesti dalla legge n. 1766 del 1927, dal regolamento n. 332 del 1928 nonché dalla legge regionale della Campania n. 11 del 1981; solo due integrazioni, la prima rimessa alla volontà-autonomia politica dell'ente e un richiamo alla legge sui tartufi del 2006 (il regolamento, in primis, è stato approvato in Consiglio nel 2003), inutile per il professionista non solo perché non poteva prevedere nel 2003 una legge del 2006 (tempus regit actum), ma anche perché legge successiva inevitabilmente collegata (non essendovi, poi, notoriamente, il tartufatico sui terreni del Comune di Ascea, come da decreti di assegnazione a categoria vigenti).

Le parole di Pier Paolo Pasolini nei Suoi Scritti Corsari, allora, calzano all'uopo e chiudono il cerchio: ".....i testi di queste sentenze  non ricordano nulla e nessuno. Il loro latino pare imparato direttamente da una grammatica che riporti come esempi brani di autori ritagliati in modo del tutto insignificante. A proposito dei testi di tali sentenze, infatti, non si potrebbe fare alcuna citazione. Non sarebbe possibile nessuna esegesi. Esse sembrano nascere da se stesse. L'interpretazione puramente pragmatica (senza Carità) deriva dunque in conclusione da questa assenza di cultura: o perlomeno da questa cultura puramente formale e pratica. Tale assenza di cultura diviene anch'essa a sua volta offensiva della dignità dell'uomo quando essa si manifesta esplicitamente come disprezzo della cultura moderna, e altro non esprime dunque che la violenza e l'ignoranza  di un mondo repressivo come totalità".

E' proprio vero: "non siate sudditi del diritto ma dei diritti".

 

 



[1] G. DI GENIO, Tutela e rilevanza costituzionale dei diritti di uso civico, Giappichelli, Torino, 2012; G. DI GENIO, Gli usi civici: profili costituzionali, in M. COSULICH - G. ROLLAIl riconoscimento dei diritti storici negli ordinamenti costituzionali, Editoriale Scientifica, Napoli, 45 e segg.; G. DI GENIO (a cura di), Problemi e prospettive degli usi civici, Collana scientifica dell'Università di Salerno, Rubbettino editore, Soveria Mannelli (CZ), 2010,  passim.

[2] Sulla peculiare sentenza del Tar Salerno del 7 dicembre 2006, specificamente già commentata, v. G. DI GENIO,  Mutamento di destinazione per impianto eolico e salvaguardia degli usi civici, in Le Corti Salernitane, 1/2009, ESI, Napoli, 3 e segg.;  su altri aspetti settoriali v. G. DI GENIO, L'affrancazione dei canoni relativi a terreni gravati da usi civici, in AA.VV., Sanzioni amministrative in materia di usi civici, Giappichelli, Torino, 2013, 130 e segg.; G. DI GENIO, Agriturismo e usi civici, in Archivio Scialoja Bolla. Annali di studi sulla proprietà collettiva, Giuffrè, Milano, 1/2008, 295 e segg.; G. DI GENIO, Lo "ius casalinandi" nella contrada Baronia del Comune di Ascea in Provincia di Salerno, in Archivio Scialoja Bolla. Annali di studi sulla proprietà collettiva, Giuffrè, Milano, 1/2007, 20 e segg.; G. DI GENIO, "Il parallelismo delle funzioni" ovvero sulla determinazione del canone di affranco e di enfiteusi, in Archivio Scialoja Bolla. Annali di studi sulla proprietà collettiva, Giuffrè, Milano, 1/2006, 249 e segg.; G. DI GENIO,  Tutela ambientale degli usi civici e condono edilizio regionale, in Rivista di Diritto Agrario, Giuffrè, Milano, 2/2006, 145 e segg.; G. DI GENIO - L. DE VITA, Promozione degli usi civici e tutela ambientale, in Archivio Scialoja-Bolla, Giuffrè, Milano,  1/2005, 147 e segg.; G. DI GENIO,  La molteplice tutela costiera del demanio marittimo attraverso un testo unico sui diversi demani, in Il Monitoraggio costiero mediterraneo: problematiche e tecniche di misura, Napoli 4-6 giugno 2008, CNR Ibimet, Accademia dei Lincei, Sassari, Vol.1, 72 e segg.;  G. DI GENIO, Competenze costituzionali e condono edilizio, in Le Corti Salernitane, ESI, Napoli, 4/2005, 917 e segg.; G. DI GENIO, Parchi naturali: occasione di sviluppo e autonomia per i beni di uso civico, in Archivio Scialoja Bolla. Annali di studi sulla proprietà collettiva, Giuffrè, Milano, 2/2004, 125 e segg.; G. DI GENIO, Consuetudine, uso e uso civico, in P. NERVI, Cosa apprendere dalla proprietà collettiva, Cedam, Padova, 2003, 299 e segg.; G. DI GENIO, Le amministrazioni separate dei beni di uso demaniale, in P. NERVI, I dominii collettivi nella pianificazione strategica dello sviluppo, Cedam, Padova, 2003, 95 e segg.; G. DI GENIO, Usi civici, aree protette e gestione frazionale dei beni demaniali, in Nuove Autonomie, 2/3/2000, Quattrosoli editore, Palermo, 321 e segg.; G. DI GENIO,  "Demanial" federalism, protection of public property and principle of loyal cooperation, in Quarto Simposio internazionale Il monitoraggio costiero mediterraneo Livorno 12-14 giugno 2012, CNR Ibimet, Accademia dei Lincei, Sassari, 441 e segg.; G. DI GENIO,  Il valore dei patrimoni demaniali nelle Aree Protette, in Aree Protette, servizi ecosistemici: indicatori, produzione e valutazioni, Hispa edizioni, 2012,  78 e segg.

[3] Per due precedenti casi emblematici già evidenziati e commentati in riviste giuridiche v. G. DI GENIO, Velia vs. Elea ovvero sul mutamento di denominazione di un Comune ex art. 133, secondo comma, Cost., in Le Corti salernitane, ESI, Napoli, 1/2005, 239 e segg.; G. DI GENIO, Il Tar Salerno si pronuncia sulla "proprietà degli usi civici", in Le Corti salernitane, ESI, Napoli, 4/2006, 755 e segg.

[4] G. DI GENIO, La molteplice rilevanza (storica, giuridica e comparata) degli usi civici, in Il Diritto dell'Economia, Mucchi editore, Modena,  3/2006, 583 e segg.

[5] G. DI GENIO - M. BASSI,  ICCAs and local civic uses in Italy: Legal Environments and Success Stories of Community Conservation, in  Sintesionline.info, fascicolo 1/2014, 1-12; G. DI GENIO, Gli usi civici come beni comuni tra vecchi e nuovi diritti costituzionali, in L. D'ANDREA, G. MOSCHELLA, A. RUGGERI, A. SAITTA, Crisi dello Stato nazionale, dialogo intergiurisprudenziale, tutela dei diritti fondamentali, Giappichelli, Torino, 2015, 379 e segg.

[6] Sul quadro normativo, a volte sconosciuto, v. G. DI GENIO, Codice breve sugli usi civici, Maggioli editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2012

[7] Sull'uso dei termini in latino e sulla linguistica negli atti giuridici v. G. DI GENIO, Riflessioni di tecnica normativa, Aracne, Roma, 2005 e 2008; sul drafting processuale G. DI GENIO, I principi del drafting nella tutela multilivello dei diritti, in A. RUGGERI, Tecniche di normazione e tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali, Giappichelli, Torino, 2007, 277 e segg.  

[8] R. BIN, Diritto Costituzionale, Giappichelli, Torino, 2015, specificamente 318

[9] Nel Suo Dentro la Corte. Diario di un giudice costituzionale, Bologna, 2015

[10] Usando il termine di A. RUGGERI, Il "controcanto" stonato della Cassazione alla Consulta, a riguardo del matrimonio del transessuale, in Genius, 1/2015, 126 e segg.

[11] Specificamente da tempo G. DI GENIO, La tecnica di redazione del regolamento di uso civico, in Archivio Scialoja-Bolla. Annali di studi sulla proprietà collettiva, Giuffrè, Milano, 1/2004, 29 e segg.

[12] RESPONSABILITÀ CIVILE - Magistrati e funzionari giudiziari- in genere CASS. CIV., SEZ. III, 5 MARZO 2015, N. 4446. La "responsabilità civile del magistrato" ricorre solo quando la violazione di legge deriva da negligenza non scusabile, cioè quando vengono disattese le soluzioni normative chiare, certe ed indiscutibili, e non quelle frutto di interpretazione, a meno che essa non sia completamente discostata dai principi di diritto, nella forma del dolo e della colpa grave. La responsabilità può sorgere anche dal compimento di un singolo atto, conclusivo del procedimento o con valenza solo endo - procedimentale, ossia finalizzata al progredire del giudizio verso la sua naturale conclusione. Inoltre, quando l'azione risarcitoria è fondata su un provvedimento per il quale è previsto uno specifico rimedio, il termine biennale di decadenza decorre dal momento in cui siano stati esperiti i mezzi ordinari d'impugnazione od altri rimedi previsti; mentre il medesimo termine decorre dall'esaurimento del grado del procedimento nel cui ambito si è verificato il fatto dannoso solo quando nei confronti del provvedimento in questione non siano previsti rimedi di sorta.

[13] Basti vedere C. Cass. n. 26193 del 2011,  secondo cui la mancata approvazione da parte dell'autorità di controllo di un progetto redatto da tre professionisti non esclude l'utilità dello stesso, che può essere rappresentata dal suo utilizzo per pratiche amministrative

[14] L. PEGORARO, Le categorie civilistiche e il parassitismo metodologico dei costituzionalisti nello studio del diritto comparato, in Annuario di Diritto Comparato e studi legislativi, ESI, Napoli, 2013, 305 e segg.

[15] Da ultimo v. l'allegato tecnico alle osservazioni alla proposta di legge Regione Toscana in materia di demanio collettivo civico e diritti di uso civico, pag. 5 sulle problematiche connesse alle escavazioni di marmo nelle cave sulle Apuane