Storia
Alfonso Tortora
Il lavoro bibliografico dell'austriaco Friedrich Furchheim dedicato al Vesuvio ancora oggi si propone come uno strumento di consultazione estremamente interessante ed importante ai fini della ricerca scientifica geologica in generale, ma anche umanistica dato, che riassume, inventariando e catalogando in maniera sistematica e cronologica, la produzione di quasi tre secoli di letteratura vesuviana dal 1631 al 1896. Al lavoro di bibliografia descrittiva, poi, si aggiunge nella parte finale di questo libro un copioso «indice metodico» - «il primo che vien compilato sul Vesuvio», scrive Furchheim [1] -, che ripercorre «lo stato del Vesuvio e le sue eruzioni» a partire dagli «autori antichi [...] fino all'anno 1630»[2], sistemando in tal modo anche l'immagine di un «modello letterario» del vulcano campano attraverso la mediazione di un'articolata operazione catalografica.
Dell'intramontabile interesse per quest'opera si mostra oggi interprete la «Cambridge Library Collection», che offre nella prestigiosa collana di «Earth Sciences», formato paperback , la ristampa in forma anastatica di questa ponderosa opera del libraio austriaco[3].
Nato a Vienna il 23 novembre 1844, il Furchheim compì studi di filologia comparata (inglese, francese, italiana) e svolse per circa un ventennio l'attività di libraio internazionale a Napoli, città in cui pubblicò una bibliografia sul Vesuvio, sulla Penisola Sorrentina, sull'isola di Capri, su Amalfi, Pesto, Pompei, Ercolano e Stabia.
Il catalogo, con cui il Furchheim ha tratteggiato la prima, sistematica «Bibliografia del Vesuvio» e suggerito il percorso storico del vulcano, «che incomincia - scrive il libraio austriaco - con la grande eruzione del 1631»[4], si presenta in primo luogo come un interessante laboratorio teorico da scandagliare in tutti i suoi meandri, a partire dal suo metodo di riepilogare e nello stesso tempo di comporre le basi scientifico-letterarie di una disciplina, la geologia, che nel secolo decimonono sembra appena individuata come scienza autonoma anche grazie al dispositivo del catalogo bibliografico, a cui non a caso si riconducevano il Roth[5], il Perrey,[6] il Palmieri[7], il Johnston-Lavis[8], il Lyell[9] , il Riccio[10] e, non da ultimo, lo Scacchi con l'intento dichiarato di raccogliere «la storia naturale [...] geologica e mineralogica, siccome richiede lo stato presente delle scienze naturali»[11].
Tra i primi ad impiegare in maniera sistematica e moderna un metodo di raccolta bibliografica dell'intera materia vesuviana, così come veniva richiesto dalle attività scientifiche del secondo Ottocento, dunque, figura senz'altro l'editore e libraio austriaco Friedrich Furchheim. La sua opera bibliografica, dedicata al Vesuvio, rappresentò soprattutto un mezzo per rivendicare la legittimità del proprio lavoro, quello di libraio internazionale, nel cui universo si avvertiva una nuova materialità del testo, decisamente sorretta da rinnovate regole di catalogazione e di conservazione del libro a stampa o manoscritto, ma intrisa sicuramente anche di positivismo, come ho cercato di recente di mostrare in un mio studio dedicato all'eruzione vesuviana del 1631, parlando proprio delle «origini della bibliografia vesuviana»[12].
Nonostante l'ampiezza e la tendenziale completezza di questa bibliografia - si raccolgono in essa più di 1800 titoli[13] - l'opera mantiene indubbiamente l'essenziale caratteristica di essere di facile consultazione. Ciò grazie alla scelta metodologica adottata dal libraio austriaco di offrire una bibliografia suddivisa in sezioni, le cui schede appaiono così distribuite[14].
Nella prima parte del lavoro le schede si mostrano ordinate secondo la sequenza alfabetica dell'autore, cognome e nome, a cui fanno seguito, in alcuni casi, fra parentesi tonde certi dati biografici essenziali; quindi si procede per ogni singola scheda con la descrizione bibliografica secondo il criterio delle aree[15]: area del titolo, area delle note tipografiche, area della collazione, area delle note.
Per quanto riguarda l'area del titolo, merito del Furchheim è anche quello di aver trascritto i nomi dei lavori collazionati così come si rilevano dal frontespizio o dal suo sostituto; inoltre i titoli di più opere dello stesso autore principale vengono riportati nello stesso ordine, in cui compaiono sul frontespizio; dei sottotitoli, poi, si dà generalmente notizia.
Nell'area delle note tipografiche l'editore austriaco rende, nell'ordine e nella forma in cui si presenta sul frontespizio o sul suo sostituto, il luogo, l'editore/tipografo e l'anno di stampa, comunque inserito sempre per ultimo e continuamente in cifre arabe[16].
Nell'area della collazione ritroviamo riportati anche il formato dell'opera, le pagine e, all'occorrenza, anche l'indicazione di tavole, di carte, di incisioni; inoltre, quando una pubblicazione risulta divisa in più parti o in più volumi con propri frontespizi o in diversi volumi fisicamente separati, si segnala il numero complessivo delle parti e la sequenza della numerazione delle singole parti o dei singoli volumi. Nel caso di articoli segnalati da pubblicazioni periodiche viene data in sigla la testata del periodico, la sua numerazione di collana e le pagine di riferimento.
Nell'area delle note Furchheim colloca notizie relative alla descrizione della pubblicazione secondo l'ordine degli elementi a cui si riferiscono: autore, titolo, note tipografiche, collazione; non mancano, infine, informazioni sulla natura della pubblicazione, sull'esemplare della medesima e sul contenuto dell'opera o dell'articolo.
All'«indice Metodico» il Furchheim affida, poi, l'ordine cronologico del suo catalogo, applicando in linea generale il principio positivistico della conoscenza seriale come criterio di base per la suddivisione e per la classificazione della «storia e descrizione delle singole Eruzioni»[17].
Nella compilazione della sua bibliografia Furchheim, in perfetta sintonia con le teorie del suo tempo, assistito in questa impresa editoriale dal fisico e vulcanologo galluppiano Luigi Palmieri[18] e dallo storico e naturalista commendatore Luigi Riccio[19], ha condotto un paziente lavoro di spoglio su tutto il materiale catalogato, reperito prevalentemente nella Biblioteca Nazionale di Napoli, nella Biblioteca sismica della Società di Storia patria di Napoli e nella Biblioteca Vesuviana della Reale Università di Napoli[20]. In tal modo l'editore austriaco giungeva alla elaborazione di un modello di lavoro che possiamo definire di bibliografia d'insieme, ma a tema monografico, che va ad integrare, correggere e migliorare l'assetto dei consolidati cataloghi precedenti.
D'altra parte va qui accennato almeno al fatto che la compilazione di un catalogo bibliografico passava, nel secolo XIX, ancora ai bordi dell'attività scientifica[21]. Se il metodo della classificazione, in termini molto generali, rispondeva adeguatamente al criterio positivistico di individuare leggi di organizzazione e di sviluppo, secondo modelli organicistici derivati in buona parte dalle ricerche biologiche e fisiologiche allora in corso[22], il compito del bibliografo appariva così ramificato, così astratto - perché troppo stringato lo spazio del commento e troppo vaga l'analisi delle fonti -, da generare un'immagine decisamente discutibile della sua attività sotto il profilo della consistenza scientifica[23]. Nel costruire pazientemente e con dovizia di dettagli il proprio catalogo, allora, il bibliografo ottocentesco badava essenzialmente ad accreditarsi come studioso agli occhi della scienza e ciò poteva accadere soltanto attraverso il superamento della propria identità e figura di «intellettuale di confine» fra conoscenza comune, ordinaria e conoscenza scientifica, il cui grado di validità veniva misurato dagli strumenti posti a disposizione dalle altre scienze.
Uniformità di metodo, valore d'uso, sostituibilità del «sistema» bibliografico in funzione della «serie alfabetica», esercizio rigorosamente comparativistico delle verifiche filologiche, adeguamento alla traditio del bibliografo e superamento della stessa attraverso il contatto con la radice fisico-naturalistica della materia trattata (la geologia) costituivano i requisiti teorici del quadro metodologico organizzato dal Furchheim, il cui disegno complessivo ci dimostra, in ultima analisi, come l'ordine del suo catalogo sia il risultato di un tracciato ininterrotto tra ambiti teorici concatenati e in movimento tra una variabile = X, una traditio = T, un metodo = S ed una costante = K.
Senza dilungarci oltre rispetto alle cose dette fin qui, ciò che mi preme sottolineare è come le novità procedurali adottate dal Furchheim (attività del bibliografo, ripeto, = K) lasciavano variare la X, ottenendo in tal modo l'equivalenza e la sostituibilità (= superamento) della traditio del bibliografo ottocentesco (si pensi a Boulard, a Mira o al Gar, per limitarci ad alcuni emblematici nomi di bibliologi e bibliografi ottocenteschi). E tutto ciò investiva la metodologia del sistema catalografico proposto dall'editore austriaco, il cui fine dichiarato era quello di «catalogare e confrontare [...] quel materiale che potesse servire alla scienza»[24]; quella scienza, che ancora oggi si serve della «Bibliografia del Vesuvio» come punto di riferimento obbligato per chi - come il vulcanologo o lo storico della scienza o lo storico tout court - deve affrontare spigolosi temi di ricerca, nella quale la giusta definizione dei dati storici da utilizzare per la costruzione e l'interpretazione di un fatto scientifico o storico parte da un preciso orientamento bibliografico di base.
A questo riguardo va aggiunto, però, che pur presentandosi come fondamentale lavoro per la comprensione di dati utili alla storia del Vesuvio in età moderna, quello del Furchheim resta un lavoro da leggere anche in chiave epistemologica ovvero in funzione delle nuove necessità evidenziate da alcuni recenti dibattiti in corso tra studiosi delle discipline geologiche, filosofi della scienza e gli storici più attenti agli sviluppi della scienza e ai problemi dell'ecosistema terrestre. È nell'ambito di questo dibattito, probabilmente, che può rilevarsi un accentuato interesse verso l'opera del Furchheim dedicata al Vesuvio, ciò soprattutto da parte di quegli studiosi americani orientati verso la «new planetary history», che ha ovvi legami con la «world history», che appare a sua volta connessa a nomi come quelli dello storico canadese William McNeil, ma che tocca la tematica del «deep time» in maniera molto più direttamente congiunta agli studi geologici, ma non solo ad essi[25].
È in quest'ordine di discorsi, del resto, che si inserisce il più recente dibattito svoltosi sull'«American Historical Review» sulla «How Size Matters: The Question of Scale in History»[26] e che in qualche misura coinvolge coloro che nutrono interessi a vario titolo per il Vesuvio, la sua attività e la sua storia passata. Da questo dibattito emerge chiaramente la necessità di associare il tempo storico al tempo geologico. Questo legame ci riporta in qualche misura all'intreccio tra macrostoria e microstoria, che pure viene generato dalla storia eruttiva del Vesuvio in ragione sia del rapporto che esso ha definito con il suo territorio circostante, sia degli stereotipi, che il Vesuvio ha prodotto nell'Europa moderna in ordine tanto all'immagine di una Napoli caratterizzata anche dalla presenza del Somma-Vesuvio[27], quanto all'affermarsi in epoca storica della coscienza storica del «vulcanismo attivo»[28]. A questa si lega sul terreno europeo almeno una parte, forse quella meno nota, dell'identità scientifica italica dei secoli XVII e XVIII .
In altre parole, si tratta di un legame tra la storia locale e la «planetary history», di cui oggi si discute soprattutto in America e di cui una eco molto sensibile la ritroviamo in alcuni brani del più recente libro dello storico statunitense Sean Cocco dal suggestivo titolo: Watching Vesuvius: a history of science and culture in early modern Italy, con il quale ci piace concludere questa breve nota.
«Landscapes are of nature and the mind, sustaining myths that explain, empower, and identify cultures and peoples. Simon Schama writes of "their surprising endurance through the centuries and their power to shape institutions we still live with".
There are natural landscapes that exert their force on human civilization in what appears to be a timeless and cyclical fashion, as some say the Adriatic's ebb and flux have shaped Venice and its myth of the sea throughout a millennial epic. High mountains rise and erode at a rhythm imperceptible to history. Yet, over the last few centuries, they have been transformed from bastions of horror to sites of vertical conquest. The significance of landscapes has always changed because their meaning is assigned by human beholders»[29].
Già, dice bene Cocco: «Il senso di un paesaggio varia sempre in funzione del significato che ad esso viene assegnato dagli umani spettatori».
Così, anche alla luce delle parole di Cocco ora riportate possiamo ritenere che l'opera bibliografica di Friedrich Furchheim dedicata al Vesuvio abbia prodotto, probabilmente per la prima volta nell'Europa di fine Ottocento, un rinnovato senso dello spazio materiale e culturale, su cui il Vesuvio si innalza, rinchiudendolo catalograficamente in quel «ritmo impercettibile della storia», al quale fa riferimento Cocco e che la «new planetary history» oggi sembra porre al centro dei suoi interessi scientifici.
[1] F. Furchheim, Bibliografia del Vesuvio, compilata e corredata di note critiche estratte dai più autorevoli scrittori vesuviani, con un copioso indice metodico, Ditta F. Furchheim di Emilio Prass editore, Napoli 1897 (Bibliografia della Campania, volume primo), p. IX.
[2] Ivi, pp. 236-241.
[3] Cfr. F. Furchheim, Bibliografia del Vesuvio, compilata e corredata di note critiche estratte dai più autorevoli scrittori vesuviani, New York, Cambridge University Press 2011. Di quest'opera del Furchheim già disponiamo di una ristampa anastatica edita dallo Studio Bibliografico Zazzera in Lodi nel 1991.
[4] F. Furchheim, Bibliografia del Vesuvio, cit., p. V.
[5] Cfr. J. Roth, Der Vesuv und die Umgebung von Neapel. Eine Monographie von Justus Roth. Mit Tafeln und Holzschnitten, Berlin, Wilhelm Hertz 1857
[6] Cfr. A. Perrey, Bibliographie Séismique. Catalogue de livres, mémoires et notes sur les tremblements de terre et les phénomènes volcaniques, in «Mémoires de l'Académie de Dijon», 1855-1865, pp. 1-231 dell'estratto.
[7] Cfr. L. Palmieri, Catalogo dei libri esistenti nell'Osservatorio Vesuviano, in Annali del Reale Osservatorio Meteorologico Vesuviano, compilati da Luigi Palmieri. Anno primo 1859, cit., pp. 81 e II-XVIII; Id., Biblioteca Vesuviana, in Annali del Reale Osservatorio Meteorologico Vesuviano, compilati da Luigi Palmieri. Anno secondo 1862, Napoli, presso Alberto Detken Editore, 1862 pp. 87-88; Id., per gli Annali del 1865, pp. 75-76.
[8] Cfr. H. J. Johnston-Lavis et al. (eds.), The South Italian Volcanoes, being the account of an excursion to them made by English and other geologists in 1889 under the auspices of the Geologist's Association of London, with papers on the different localities [...], including the Bibliography of the Volcanic districts and 16 plates, edited by H. J. Johnston-Lavis etc., Napoli, Friedrich Furchheim 1891, pp. 89-332
[9] Cfr. C. Lyell, On the structure of lavas which have consolidated on steep scope; with remarks on the mode of origin of Mount Etna, and on the theory of crayers of elevation, Royal Society of London, London 1859, pp. 4, 6, 27, 30, 49, 55.
[10] Cfr. L. Riccio, Nuovi documenti sull'incendio vesuviano dell'anno 1631 e Bibliografia di quella Eruzione, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», XIV (1889), pp. 489-555.
[11] A. Scacchi, Istoria delle eruzioni del Vesuvio accompagnata dalla bibliografia delle opere scritte su questo vulcano, in «Il Pontano. Biblioteca di Scienze, Lettere ed Arti», Napoli 1847, p. 16.
[12] Cfr. A. Tortora, L'eruzione vesuviana del 1631. Una storia d'età moderna, Carocci Roma 2014.
[13] Cfr. F. Furchheim, Bibliografia del Vesuvio, cit., p. VII, nota 2.
[14] Sul metodo bibliografico utilizzato dal libraio austriaco per la compilazione della sua Bibliografia del Vesuvio v. A. Tortora, Sul metodo di Friedrich Furchheim: "Bibliografia del Vesuvio". 1631, Osservatorio Vesuviano, Napoli 1990; argomento ripreso e ampiamente sviluppato ora in Id., L'eruzione vesuviana del 1631, cit., pp. 11-51.
[15] Su cui cfr. Le secentine napoletane della Biblioteca Nazionale di Napoli, a cura di M. Santoro, Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Roma 1986, nello specifico pp. 67-69.
[16] «Solamente per unità di metodo, scrive l'editore austriaco, ho mutato in arabici i numeri romani delle date di stampa, non essendo di nessuna utilità il conservarli, benché fossero tanto in uso nel 18.° secolo». Cfr. F. Furchheim, Bibliografia del Vesuvio, cit., pp. VIII-IX.
[17] Ivi, p. 236.
[18] Su cui v. ora A. Tortora, Documenti per la storia del Il Reale Osservatorio Meteorologico Vesuviano. 1857-1860, ViVa Liber Edizioni, Nocera Inferiore 2015, pp. 14 ss.
[19] Per il quale cfr. Onoranze al prof. G. De Blasiis e al Comm. L. Riccio, XXV aprile mcmxii, Stabilimento Tipografico L. Pierro & Figli, Napoli 1912.
[20] Ibidem.
[21] Secondo l'opinione espressa dallo Scacchi, Istoria delle eruzioni del Vesuvio, cit., pp. 16-17.
[22] Cfr. F. Dagognet, Il catalogo della vita. Saggio sulle classificazioni, trad. it., Theoria, Roma-Napoli 1986, nello specifico pp. 81 ss.
[23] Cfr. M. T. Biagetti, Biblioteconomia italiana dell'Ottocento. Catalografia e teoria bibliografica nella trattatistica italiana, Roma, Bulzoni 1996, pp. 95-97.
[24] F. Furckkkeim, Bibliografia del Vesuvio, cit., pp. VII-VIII.
[25] Sul punto cfr. i vari saggi raccolti nel volume curato da D. Worster, The Ends of the Earth: Perspectives on Modern Environmental History, Cambridge, Cambridge University Press 19892, senza dimenticare la «Preface» e la «Introduction» di Worster, pp. VII- VIII, 3-20.
[26] Cfr. http://ahr.oxfordjournals.org/content/118/5/1431.abstract.
[27] Cfr., più di recente, S. Cocco, Watching Vesuvius: a history of science and culture in early modern Italy, The University of Chicago Press, Chicago & London 2013.
[28] Cfr. su ciò A. Tortora, Alle origini della "vesuviologia" in età moderna. Tra "mirabilia" e racconti "curiosi", in «Lyceum», n. 48, dicembre 2014, pp.4-10.
[29] S. Cocco, Watching Vesuvius, cit., p.p. 2-3.