Politica


Lucio Avagliano - Roberto Galisi

Il Partito Democratico e i partiti

di Lucio Avagliano, Roberto Galisi

 

 

Una riflessione sugli ultimi avvenimenti ed un'analisi che hanno riguardato nelle ultime settimane la lenta e complessa gestazione del Partito Democratico in Italia, non può non partire dalla dialettica, a momenti anche forte, tra i partiti storici e la nuova formazione che si intende realizzare.


Per quanto concerne i primi, dal dibattito risulta evidente che l'handicap è riassumibile a due fattori: uno il distacco tra essi e la società e l'altro la frammentazione politica che occorre oramai mettersi alle spalle.


A uno sguardo anche superficiale delle le linee storiche dell'evoluzione dei partiti tradizionali come di quello che per il futuro il Partito democratico intende rappresentare, non possiamo dimenticare che la polemica contro la partitocrazia è sempre assai forte a partire dagli anni cinquanta, dopo cioè la fase rappresentata da De Gasperi. A tale proposito il riferimento è d'obbligo agli scritti di don Sturzo come a quello ex azionisti, che dall'inizio danno documentata testimonianza di tale deformazione.


In particolare la D.C. come è noto, si pose nel solco dei grandi padri fondatori, formatisi già negli anni trenta, ma diede solo una risposta parzialmente in linea con essi, mentre il Partito Socialista sempre preda delle scissioni, finì col considerarsi un vaso di coccio tra i grossi "recipienti" di finanziamenti esterni, il Partito Comunista, innanzitutto, generosamente finanziato dall'Unione Sovietica e che da ciò traeva in parte la sua forza. Si confondevano cosi sin dall'inizio della vicenda parlamentare interessi, passioni ed idealità. La conclusione fu il loro distacco progressivo dalla società e dalle elaborazioni di pensiero che si risolse nell'affermarsi di un negativo pragmatismo come testimoniato dal decadere dei centri studi (la Camilluccia, le Frattocchie etc.).


Questo dato storicamente negativo può rivelarsi un'occasione buona per evidenziare il ruolo positivo che pure essi hanno svolto nella Storia d'Italia, che affianchi quello rinnovato e potenziato del Governo e del Parlamento, in un quadro di rafforzata legittimità costituzionale ma anche le tante costellazioni di nuove formazioni, a volte generate da think-thanks come ormai nel corrente linguaggio di derivazione americana. Da questa spinta nasce e si sviluppa l'idea di un partito democratico, che fonda ed intrecci le diverse culture politiche sulla base di quella interdipendenza tra cultura materiale e cultura formale che è alla base dell'Ulivo di oggi e che gli elettori hanno dimostrato a più riprese gradire rispetto alle tradizionali formazioni.


Un momento di distinzione e dialettica risiede come è noto in quella che chiameremmo la questione socialista e la questione dell'ultra sinistra. Ma dal Convegno di Orvieto a noi pare che siano venuti molti chiarimenti di chiarificazione (cfr. le relazioni di Scoppola e Vassallo) che cercano di delineare una linea di superamento della gestione oligarchica delle attuali formazioni politiche, insieme a un metodo per introdurre forze nuove e vive che non si riconoscono in esse.
Anche perché i problemi politici principali, osserva Mauro Calice, risiedono nel fatto che comunque un Partito del 30% non basta, come anche che resta aperta la questione della differenza tra Nord e Sud, nel quale ultimo un rapporto tra cittadini e politica c'è ed è molto forte a livello di persone, esattamente come venti anni fa, ma che, come tale, manifesta tutti i suoi tradizionali limiti che occorre urgentemente superare.


Salerno, 30 ottobre '06


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