Diritto
Eleonora Stefanelli
I. Riconoscimento generalizzato dell'istituto della Conferenza dei Servizi e il superamento dei problemi di carattere applicativo. - Istituto introdotto sul finire degli anni ottanta dall'art. 3 -bis, Legge 441/1987 nonché dalla Legge 205/1989, la Conferenza dei servizi è attualmente regolamentata dalla Legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo nel capo relativo alla semplificazione procedimentale con riferimento specifico agli artt. 14 e seguenti.
Nel tempo, è andata sempre più profilandosi la necessità di dar vita ad un nuovo assetto in funzione di una duplice motivazione : da un lato, la tutela della pluralità degli interessi pubblici e, dall'altro, la semplificazione procedimentale.
A tal proposito, si sono succeduti una serie di interventi normativi fino a giungere ad una prima e significativa riforma introdotta dalla Legge n 15 del 2005.
Nello specifico, quest'ultimo progetto riformistico ha dovuto farsi carico sia dei radicali cambiamenti intervenuti con riguardo alla forma dello stato per effetto della Legge costituzionale n. 3 del 2001 che ha apportato modifiche al Titolo V parte seconda della Costituzione sia della necessità di rivedere i meccanismi di composizione degli interessi in gioco in presenza di un assetto istituzionale che andava accentuando gli aspetti di "multilevel governance".
In particolare, la riforma del 2005 ha permesso alla conferenza di servizi di funzionare anche nell'ottica del nuovo sistema basato sul c.d. "pluralismo istituzionale", sistema che richiede una collaborazione tra stato e regioni.
Merita attenzione un' ulteriore e significativa modifica attuata, in tempi più recenti, dal d.l. n. 78 del 2010 convertito poi nella Legge 30 luglio 2010, n. 122; nello specifico, quest'ultima ha provveduto ad un rimodellamento delle disposizioni in materia di Via ( Valutazione di impatto ambientale) e di conclusione del procedimento ex art. 14- ter, comma 4 e comma 6-bis.
Altresì, la suindicata normativa, nell'intento di accelerare i tempi per l'adozione del provvedimento finale, ha modificato la tematica del dissenso estendendo anche alle amministrazioni preposte alla tutela di "interessi protetti" la possibilità di esprimere il proprio dissenso nell'ambito della conferenza di servizi.
Difatti, il comma 1 dell'art. 14-quater recita testualmente : " il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico - artistico e alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso".
Pertanto, la conferenza dei servizi costituisce un valido e concreto esempio di valorizzazione delle potenzialità dinamiche dell'organizzazione pubblica nonché una tecnica di diluizione del potere delle singole amministrazioni.
La soluzione offerta da tale strumento, in relazione ai problemi inerenti il coordinamento delle azioni delle pubbliche amministrazioni, appare un originale modulo organizzativo grazie anche agli orientamenti giurisprudenziali più consolidati che hanno guardato con favore all'applicazione di tale istituto giuridico.
Nello specifico, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che, nonostante le difficoltà pratiche, la Conferenza dei servizi realizzi un giusto contemperamento tra la necessità della concentrazione delle funzioni in un'istanza unitaria e le esigenze connesse alla distribuzione delle competenze fra gli enti che vi partecipano.
Non a caso, come ha riconosciuto la stessa Corte Costituzionale con la sentenza 11 luglio 2012, n. 179, l'istituto della conferenza di servizi "assume la funzione di coordinamento e mediazione degli interessi in gioco al fine di individuare, mediante il contestuale confronto degli interessi dei soggetti che li rappresentano, l'interesse pubblico primario e prevalente".
Tuttavia, è andato profilandosi nel tempo un vero e proprio contrasto di ordine giurisprudenziale nonché dottrinale in merito alla natura giuridica della Conferenza dei servizi : a) un primo orientamento, tra l'altro minoritario, guarderebbe con favore alla configurabilità del suindicato istituto giuridico in termini di organo collegiale di carattere straordinario, costituente un autonomo centro di imputazione di interessi rispetto alle diverse amministrazioni che vi prendono parte (T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 20 ottobre 2004 n. 14904); b) un secondo filone, attualmente prevalente e supportato dalla recente giurisprudenza amministrativa - specie, in seguito all'introduzione della regola delle posizioni prevalenti in luogo del principio di maggioranza - tende a configurare la conferenza medesima in termini di semplice modulo organizzativo ovvero quale strumento di raccordo tra organi di amministrazioni diverse, privo di una propria e autonoma individualità.
Invero, si tratta di una problematica con dei risvolti di natura pratica, atteso che la qualificazione a livello giuridico di tale organo condiziona due aspetti, rappresentati rispettivamente dall'identificazione dei soggetti legittimati, sia dal lato attivo che passivo, sotto il profilo processuale nonché dall'esercizio del potere di autotutela da parte della stessa autorità pubblica.
Attualmente, parte della dottrina (sostenuta da Greco) nonché orientamenti giurisprudenziali consolidati tendono a negare il carattere di organo collegiale, atteso che ogni rappresentante delle amministrazioni "vi partecipa nell'esercizio delle funzioni dell'ente di competenza" e gli effetti sono imputati alle singole amministrazioni e non anche alla conferenza, mancando il conferimento ad essa di una competenza unitaria.
Nel dettaglio, la Conferenza, secondo la prevalente opinione in dottrina, ben si sostanzia in un vero e proprio modulo procedimentale e non anche in una sorta di ufficio speciale della Pubblica Amministrazione, laddove tale organismo, sia con funzione istruttoria che decisoria, costituisce un modello organizzativo di snellimento ed ottimizzazione temporale dell'iter procedimentale dove si esaminano e si compongono gli interessi pubblici coinvolti nel procedimento. Come evidenziato anche dal Consiglio di Stato, la sostanza del modulo procedimentale delineato dall'art. 14, comma 4, legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni è di rendere partecipi le varie amministrazioni delle valutazioni complessive circa l'intervento esaminato.
Quest'ultima conclusione è ricavabile anche dall'analisi di ulteriore dato normativo rappresentato dalla disposizione di cui all'art. 15 della Legge 241 del 1990, il quale dispone che : " anche al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune".
Pertanto, le fattispecie normative rappresentate dall'art. 14 e dall'art. 15 della Legge 241 sono imprescindibilmente legate da un rapporto di continenza, sicchè anche la conferenza sfocia in un vero e proprio accordo.
Non a caso, la disciplina dello "svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune" (art. 15 L. 241/1990) si riferisce ad attività preparatorie endoprocedimentali il cui svolgimento è richiesto ai fini dell'emanazione di un provvedimento finale, anche se nella conferenza decisoria ex art. 14, comma 2, le amministrazioni non sono coinvolte a pari livello nel raggiungimento di una operazione comune.
Inoltre, la conferenza può essere convocata per un ulteriore scopo consacrato dal comma 3 dell'art. 14, ovvero per : "l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti connessi, riguardanti medesimi attività o risultati".
In quest'ultima ipotesi, su richiesta di qualsiasi amministrazione coinvolta, essa è indetta "dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente". Tuttavia, come previsto dall'ultima parte del 3 comma dell'art. 14, l'indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.
L'ipotesi in esame si differenzia da quella cristallizzata dal comma 4 della medesima disposizione normativa, laddove, almeno stando all'interpretazione letterale, è qualificabile in termini di conferenza istruttoria, seppure interprocedimentale. Inoltre, essa non è caratterizzata dall'esistenza di poteri di richiesta in capo ai privati e non riguarda esclusivamente procedimenti finalizzati all'adozione di atti di consenso.
Infine, la normativa in questione disciplina ulteriori tipologie di conferenza : quella che può essere convocata dal concedente ovvero, con il consenso di quest'ultimo, dal concessionario, in caso di affidamento di concessione di lavori pubblici (art. 14 comma 5) nonché quella relativa ad istanze o progetti preliminari (art. 14-bis).
Più dettagliatamente, quest'ultima può essere convocata in ordine "a progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell'interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso".
II. I tradizionali modelli di conferenza dei servizi : la conferenza istruttoria e la conferenza decisoria. - La disciplina della conferenza dei servizi istruttoria è cristallizzata nell'art. 14, comma 1, della Legge 241/1990 come modificato dall'art. 49 della Legge n. 122/2010, il quale testualmente prevede che : "Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l'amministrazione procedente può indire una conferenza di servizi ed è definita conferenza istruttoria".
Secondo quanto delineato dalla disposizione di cui all'art. 6 Legge 241/1990, la Conferenza dei servizi è indetta dal responsabile del procedimento e si sostanzia in una riunione di persone fisiche in rappresentanza delle rispettive amministrazioni, ciascuna delle quali esprime il punto di vista dell'amministrazione rappresentata che sfocia, successivamente, in un provvedimento finale espresso.
Quindi, la conferenza di tipo istruttorio è volta principalmente all'acquisizione degli interessi rilevanti coinvolti nella procedura, quali interessi che l'organo pubblico è tenuto a considerare ai fini della determinazione conclusiva con quello principale previsto ex lege.
Ma da una attenta lettura del dato normativo è ricavabile altresì un aspetto di natura limitativa : la conferenza dei servizi istruttoria può essere indetta per la disamina e la conseguente acquisizione dei soli interessi pubblici "coinvolti", senza ulteriori indicazioni e dunque anche nell'ipotesi in cui dal provvedimento conclusivo possa derivare in via indiretta un vantaggio.
Pertanto, la mera conferenza istruttoria non conduce ad alcuna decisione o provvedimento, non avendo rilievo ai fini della fase costitutiva del procedimento.
Si tratta,quindi, di un istituto da cui non scaturiscono effetti giuridici costitutivi, modificativi o estintivi bensì consiste in una misura di coordinamento strumentale alle fasi successive del procedimento.
Espressamente regolamentata dalla medesima norma, al comma 3, è la c.d. "conferenza istruttoria esterna", convocata per il contestuale esame di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati.
In siffatta ipotesi, la conferenza è indetta dalla pubblica amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente. Tuttavia, in merito all'indizione, la normativa prevede altresì che essa possa essere indetta anche su richiesta di qualsiasi altra pubblica amministrazione purchè coinvolta.
Quest'ultima ipotesi si distingue nettamente dalla mera conferenza esterna (comma 4), atteso che quest'ultima può essere richiesta dai privati e deve riguardare essenzialmente procedimenti destinati a sfociare nell'adozione di atti di consenso. Ne consegue, che la semplice conferenza esterna risponde ad esigenze di raccordo tra diversi episodi di esercizio di poteri provvedimentali e di semplificazione a sostegno del cittadino.
Inoltre, la normativa non richiede specifici formalismi in ordine alla convocazione, costituzione ed al funzionamento della conferenza dei servizi istruttoria, rilevando principalmente il profilo sostanziale della partecipazione.
In aggiunta, sulla base di quanto consacrato dal comma 5-bis dell'art. 14 introdotto dall'art. 8 della Legge 15/2005, è ammesso, purchè sussista un previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, l'utilizzo degli strumenti informatici per la convocazione e lo svolgimento della Conferenza istruttoria.
Differentemente, la conferenza dei servizi di tipo decisorio risulta disciplinata dal secondo comma dell'art. 14, modificato dall'art. 49 del d.l 31 maggio 2010, n. 78, il quale così dispone : " La conferenza dei servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate ovvero nei casi in cui è consentito all'amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni pubbliche".
Dunque, come si evince chiaramente dal testo normativo, la conferenza è definita decisoria quando le determinazioni assunte in tale sede vanno a sostituire gli atti di assenso delle Amministrazioni partecipanti, con piena efficaci giuridica.
Nel precedente testo normativo, il presupposto dell'indizione della conferenza decisoria era rappresentato dalla mancata ricezione delle intese nel termine di 15 giorni dall'inizio del procedimento.
Grazie alla modifica apportata all'art. 14, secondo comma, della Legge n. 241/1990 dalla novella n. 15/2005, il termine è stato esteso a 30 giorni, consentendo, in tal modo, un periodo di inerzia di maggiore durata.
Tuttavia, la riforma ha aggiunto un ulteriore presupposto in merito all'indizione della conferenza decisoria, secondo il quale quest'ultima può essere attivata quando, nel termine dei 30 giorni dalla richiesta dell'atto di assenso, una o più Amministrazioni interpellate manifestino il proprio dissenso.
Il legislatore del 2005 ha opportunamente precisato che il dies a quo del termine dei 30 giorni decorre dalla ricezione della richiesta dell'atto di assenso : nel precedente testo, invece, sul punto sussisteva un vuoto normativo, laddove si parlava di 15 giorni da un "indefinibile inizio dell'iter procedimentale".
Per quanto concerne il provvedimento finale, quest'ultimo equivale in toto alla determinazione motivata di conclusione del procedimento e pertanto si svincola dagli effetti della conferenza medesima.
In sostanza, le risultanze della conferenza dei servizi non predeterminano il contenuto del provvedimento bensì costituiscono elemento istruttorio, da valutare ai fini dell'azione del provvedimento conclusivo, il quale nella motivazione dovrà tenere particolarmente conto delle posizioni prevalenti espresse in sede, specie quando il contenuto del dispositivo si discosti proprio dalle risultanza o dalle posizioni manifestate nel corso della conferenza.
Non a caso, come ribadito più volte dal Consiglio di stato, da ultimo con sentenza n. 4400 del 2012, la Conferenza è, anche sotto il profilo soggettivo, un "insieme integrato, costituito appunto dai soggetti portatori di diversi interessi coinvolti". Il significato ictu oculi di siffatta concentrazione è di rendere possibile l'interazione delle valutazioni proprie delle diverse amministrazioni, alle quali è dato, nei lavori della conferenza, di prendere in analisi delle considerazioni svolte dalle altre pubbliche amministrazioni, portatrici dei diversi interessi pubblici parimenti rilevanti nella valutazione globale dell'intervento proposto, e destinate a confluire nell'esito finale.
In realtà, proprio la riforma del 2005 aveva già introdotto una modifica attraverso il riferimento alle "posizioni prevalenti espresse" e non più " alla maggioranza delle posizioni" : difatti, per poter stabilire l'orientamento prevalente e maggioritario non occorre un calcolo aritmetico bensì è necessario ponderare il peso specifico che ogni amministrazione possiede in merito alla determinazione finale, avuto riguardo alle diverse attribuzioni costituzionalmente garantite.
Non a caso, il nuovo testo dell'art. 14-ter, comma 6-bis, prevede che all'esito dei lavori della conferenza, l'amministrazione procedente, in tutte le ipotesi non riguardanti la VIA statale, una volta valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, possa : "adottare la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza".
Si richiede una conformità tra provvedimento conclusivo e determinazione conclusiva, quale proposta di provvedimento scaturente dagli esiti della conferenza.
Tuttavia, va sottolineato che l'attenuazione della funzione decisoria operata dapprima dall'art. 10 della Legge n. 15 del 1005 e, più recentemente, dall'art. 40 del d.l. n. 78/2010, coinvolge anche il funzionamento della conferenza, dal momento che essa non è più tenuta ad adottare un verbale che precostituisce il provvedimento, atteso che il verbale deve tenere in debita considerazione le sole risultanze dell'attività nonché le posizioni espresse dalle amministrazioni coinvolte.
In perfetta coerenza con la suindicata osservazione, il Legislatore ha abrogato il secondo comma dell'art. 14-quater, che consentiva all'Ente procedente di concludere il procedimento, anche in presenza di dissensi, proprio in base alla maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza.
Si è proceduto in tal modo all'eliminazione del criterio della maggioranza, in quanto si era rilevato di difficile applicazione a causa della carenza di precisi criteri di conteggio dei voti, con la conseguente applicazione del più flessibile criterio della prevalenza.
III. La conferenza su istanza o progetti preliminari. - L'art. 14 -bis rubricato "Conferenza dei servizi preliminare", descrive un ulteriore modulo di semplificazione procedurale maggiormente rispondente alle necessità delle procedure di realizzazione delle opere pubbliche.
Invero, parte della dottrina ritiene che tale tipologia di conferenza si sostanzi in una sorta di conferenza predecisoria o preliminare, collocandosi così a metà strada tra la conferenza dei servizi istruttoria, sotto il profilo oggettivo, e la conferenza dei servizi decisoria, sotto il lato soggettivo.
Difatti, la conferenza preliminare non si conclude con una decisione conclusiva, bensì con un'indicazione di massima circa la possibilità di prestare il consenso finale, auto vincolandosi a non esprimere ex post ragioni di dissenso non emerse in sede di esame dello studio di fattibilità o del progetto preliminare e non connesse a sopravvenienze di fatto o di diritto.
A tal proposito, il comma quarto dell'art. 14-bis dispone che la conferenza preliminare : "si esprime allo stato degli atti a sua disposizione e le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto definitivo".
Tuttavia, effettuando un breve confronto tra il primo ed il secondo comma dell'art. 14-bis si evince che mentre la conferenza preliminare relativa a progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi è facoltativa, quella sul progetto preliminare di un'opera pubblica o di interesse pubblico è obbligatoria.
Del resto, nel primo caso, la Conferenza sei servizi preliminare può essere indetta su motivata richiesta del soggetto interessato, sulla base di uno studio di fattibilità, e deve concludersi nel termine ordinatorio di 30 giorni dalla data della richiesta.
Diversamente, con riferimento alla seconda categoria, ex art. 14-bis, secondo comma, l'avvio della fase di analisi della conferenza di servizio deriva dall'approvazione del progetto preliminare. Non a caso, la disposizione normativa di cui all'art. 14-bis, comma 2, stabilisce quanto segue : "nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente".
Sostanzialmente, le Amministrazioni coinvolte negli atti di assenso, una volta esaminato il progetto preliminare e sulla base degli atti che lo compongono, indicano gli ulteriori atti che dovranno essere acquisiti per la redazione e la consegna del progetto definitivo, affinchè possa essere del tutto operativo per la realizzazione degli scopi che gli sono propri.
In particolare, la conferenza in esame permette il raggiungimento in via anticipata di una discreta soglia di certezza circa la futura approvazione del progetto definitivo, sia in ragione di una maggiore responsabilizzazione delle pubbliche amministrazioni, visto l'obbligo per le stesse di indicare tempestivamente le condizioni e gli elementi necessari per ottenere gli atti di consenso sul progetto definitivo, sia in considerazione della limitazione della facoltà delle stesse amministrazioni di apportare modifiche od integrazioni ai progetti.
Nell'ambito della conferenza dei servizi valutativa del progetto preliminare, una particolare attenzione è dedicata alle Amministrazioni che siano titolari di interessi c.d. sensibili, ovvero di interessi legati alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, al patrimonio storico - artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità.
Difatti, queste ultime, entrano nel merito pronunciandosi, in ordine all'interesse da ciascuna tutelato, sulle soluzioni progettuali prescelte con il progetto preliminare, al fine di predisporre eventuali prescrizioni per la corretta progettazione.
Nell'ipotesi in cui non emergano situazioni preclusive alla concreta realizzazione del progetto, le medesime Amministrazioni nel termine di 45 giorni sono tenute ad indicare le condizioni e gli elementi necessari al fine di ottenere gli atti di consenso in sede di presentazione del progetto definitivo.
Una volta che il progetto sia stato predisposto ed approvato dall'Ente, a mente del quinto comma dell'art. 14-bis, il responsabile unico del procedimento lo trasmette alle amministrazioni interessate e procede alla convocazione della conferenza tra il trentesimo e il sessantesimo giorno successivi alla trasmissione, in modo da consentire agli Enti uno studio maggiormente approfondito del progetto.
Nell'ipotesi di affidamento mediante appalto concorso o concessione di lavori pubblici, l'amministrazione aggiudicatrice convoca la conferenza dei servizi attenendosi al solo progetto preliminare.
Anche per questa particolare tipologia di conferenza, si applicano le disposizioni in materia di dissenso di cui all'art. 14-quater, comma 3.
In particolare, l'art. 49 del decreto legge n. 78 del 2010 ha disposto l'integrale sostituzione dei commi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater dell'art. 14-quater, Legge 241/1990, con un nuovo comma 3, avente il seguente tenore : "Al di fuori dei casi di cui all'articolo 117, ottavo comma, della Costituzione, e delle infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, di cui alla parte seconda, titolo terzo, capo quarto del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonché dei casi di localizzazione delle opere di interesse statale, ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Se l'intesa non è raggiunta nei successivi trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate".
In breve, da tale disposizione normativa si evince palesemente che nelle ipotesi di "motivato dissenso espresso da un'amministrazione preposta alla tutela dei c.d. interessi sensibili, la decisione finale è rimessa in capo al Consiglio dei Ministri, a meno che la questione sia oggetto di : a) intese raggiunte tra le Regioni sulla scorta di quanto affermato dall'art. 117, comma 8, della Carta Costituzionale; b) specifici provvedimenti relativi ad infrastrutture e insediamenti produttivi strategici aventi preminente interesse a livello nazionale, di cui agli artt. 161 e ss del Decreto Legislativo n. 163 del 2006, meglio noto quale Codice degli Appalti; 3) uno specifico procedimento in materia di localizzazione delle opere di interesse statale ex art. 3 del D.P.R. n. 383/1994.
Inoltre, qualora sia richiesta una Valutazione di impatto ambientale, il terzo comma dell'art. 14-bis stabilisce che la conferenza si esprime nel termine di 30 giorni decorrenti dalla conclusione della fase preliminare di definizione dei contenuti dello studio d'impatto ambientale.
In materia di VIA, si assiste ad un allungamento dei termini finali della conferenza.
Per tale ragione, il Legislatore, nell'intento di rimediare a ciò, è intervenuto stabilendo che qualora la fase preliminare non si concluda nel termine di 90 giorni dalla richiesta dell'interessato, la conferenza debba comunque pronunciarsi entro i successivi 30 giorni.
Particolare importanza assumono poi le decisioni dell'autorità competente alla VIA, laddove questa è tenuta non solo a valutare nel merito lo studio di impatto ambientale bensì può anche esaminare eventuali alternative al progetto, compresa anche l'alternativa zero, cioè contraria.
In ogni caso, qualora sia prevista la valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'art. 14-ter, comma 4, nuovo testo della Legge 241, la conferenza dei sevizi si esprime solo dopo aver acquisito la valutazione stessa ed il termine dei lavori resta sospeso per un massimo di 90 giorni, fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale.
Nel caso in cui la V.I.A. non intervenga nel termine stabilito, l'amministrazione competente si esprime nel merito, in sede di conferenza, la quale si conclude nel termine di 30 giorni dalla scadenza del precedente termine, lasso di tempo che può essere eventualmente ampliato nell'ipotesi in cui si palesi la necessità di approfondimenti istruttori, purchè tale richiesta sia avanzata dalla maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza medesima.
Infine, il provvedimento conclusivo concernente opere soggette a VIA è pubblicato, a cura del proponente, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino Regionale in caso di Via regionale nonché in un quotidiano a diffusione nazionale.
Tuttavia, un profilo che occorre sottolineare in tale contesto concerne la previsione di cui all'art. 14-quater, comma 5, dal momento che tale norma prevede la possibilità di chiudere positivamente il procedimento di conferenza, ricorrendo al meccanismo sancito dall'art. 5, comma 2, lett. c-bis) della Legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dal decreto legislativo n. 303/1999 nei casi in cui l'opera sia soggetta a valutazione di impatto ambientale e il dissenso tra le Autorità abbia determinato la conclusione della conferenza con un provvedimento di carattere negativo.
Più specificatamente, l'art. 5, comma 1, lettera c-bis), legge n. 400/1988 attribuisce al "Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti".
È, dunque, chiara l'utilità della conferenza preliminare sotto due profili; infatti, da un punto di vista partecipativo, favorisce l'attività del privato, quale soggetto interessato e, dall'altro, limita le amministrazioni laddove queste ultime non possono discostarsi dalle posizioni assunte, salvo significativi elementi o sopravvenienze istruttorie, che siano emerse nelle fasi successive dell'iter procedimentale.
IV. La conferenza dei servizi in materia di finanza di progetto. - Il novellato art. 14-quinquies della Legge 241 del 1990 statuisce che : "Nelle ipotesi di conferenza di servizi finalizzata all'approvazione del progetto definitivo in relazione alla quale trovino applicazione le procedure di cui agli articoli 37-bis e ss. della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono convocati alla conferenza, senza diritto di voto, anche i soggetti aggiudicatari di concessione individuati all'esito della procedura di cui all'art. 37-quater della legge n. 109 del 1994, ovvero le società di progetto di cui all'art. 37-quinquies della medesima legge".
Nello specifico, non si tratta di una tipologia di Conferenza a sé stante, laddove il Legislatore tramite la sua introduzione ha inteso affrontare la delicata tematica inerente la legittimazione alla partecipazione dei soggetti privati.
Difatti, la partecipazione, nel caso di specie, viene estesa agli aggiudicatari di concessione individuati al termine dell'iter procedurale di cui all'art. 37-quater della legge 109/1994, attualmente modificato dall'art. 153 del Codice degli Appalti (c.d. project financing) e alle società di progetto di cui al successivo art. 156 del Codice degli Appalti.
Seppur sprovvisti del diritto di voto, tali categorie di soggetti assumono un ruolo partecipativo fondamentale in vista del miglior perseguimento dell'interesse pubblico.
D'altronde, la partecipazione dei privati alla Conferenza dei servizi non risulta essere una novità normativa, essendo stata già prevista dalla legislazione di settore nonché da diverse normative regionali e statali speciali, come quelle inerenti gli "sportelli unici".
Si può ben affermare, che tale disposizione si pone nell'ottica di una tendenza volta a configurare una tipologia di conferenza aperta ai privati, i quali, in tal modo, diventano parte di un meccanismo mirante al coordinamento dell'esercizio delle funzioni amministrative, con il primario obiettivo di consentire un raffronto contestuale tra gli interessi di cui sono titolari e gli interessi pubblici.
La garanzia della partecipazione del privato al procedimento trova altresì legittimazione normativa negli artt. 7, 9 e 10 della Legge 241/1990.
Altresì, tale facoltà è disciplinata indirettamente dall'14, comma 4, della Legge sul procedimento amministrativo, il quale contempla la possibilità per un soggetto interessato di richiedere all'amministrazione competente la convocazione della conferenza qualora abbia interesse alla stessa nonché dall' 14-ter, comma 8, della medesima normativa, che prevede la facoltà per l'amministrazione di richiedere agi istanti o ai progettisti chiarimenti o ulteriore documentazione.
In ultima analisi, merita particolare rilievo l'art. 14-ter con riguardo ai commi 2-bis e 2-ter, inseriti dall'art. 49, comma 2, della Legge n. 69/2009.
Non a caso, il comma 2-bis dispone che : "alla conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e 14-bis sono convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza, alla quale gli stessi partecipano senza diritto di voto", mentre in base al comma 2-ter alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, sia "i concessionari e i gestori di pubblici servizi (ai quali deve essere inviata, anche per via telematica e con congruo anticipo, la comunicazione della convocazione della conferenza di servizi), nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività", sia "le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione".
V. La disciplina e gli effetti del dissenso. - L'assetto originariamente sancito dalla Legge 241 del 1990 presentava il problema di presupporre sempre e comunque un consenso unanime, non consentendo, pertanto, la chiusura del procedimento in presenza del dissenso espresso anche da una sola autorità pubblica.
Ma la regola del consenso unanime presentava un risvolto tanto positivo quanto negativo.
Difatti, per un verso, garantiva che nessun interesse pubblico fosse sacrificato dal provvedimento adottato al termine della conferenza, ma, dall'altro, veniva compromessa l'esigenza di celerità, atteso che i tempi per il raggiungimento dell'accordo erano lunghi e talvolta vi era l'impossibilità di pervenire ad una soluzione conclusiva a causa del dissenso manifestato da una pubblica amministrazione.
Cosicchè, il Legislatore nell'intento di superare tale sbarramento, ha introdotto la regola delle c.d. "posizioni prevalenti".
In sostanza, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento sulla base delle posizioni prevalenti espresse in conferenza e, dunque, della loro qualità. Pertanto, non può escludersi che l'amministrazione segua la posizione minoritaria laddove la ritenga maggiormente convincente.
Innanzitutto, la disciplina contenuta nell'art. 14-quater, 1 comma, (come modificato dal d.l. 78/2010), disciplina le modalità di manifestazione del dissenso, laddove stabilisce che "il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso".
Ne consegue che, da un lato, il dissenso deve essere motivato, pertinente all'oggetto della conferenza nonché costruttivo e propositivo e che, dall'altro, anche le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili devono esprimersi nell'ambito della conferenza, con l'ulteriore conseguenza che deve considerarsi nullo, per mancanza di potere, il c.d. dissenso postumo.
Difatti, in linea con quanto sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa, è da ritenersi privo di efficacia il parere espresso fuori dalla conferenza dei servizi, trattandosi di uno dei casi in cui la legge stabilisce che il potere deve essere espresso non oltre la chiusura del procedimento, a pena di consumazione.
Invero, l'art. 14-quater, comma 3, introduce una disciplina derogatoria al principio delle posizioni prevalenti, occupandosi dei casi di dissenso espresso dalle amministrazioni preposte alla cura di interessi ambientali, paesaggistico - territoriali, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità.
Difatti, tale disposizione normativa statuisce che nei casi di motivato dissenso da parte di amministrazioni tese alla garanzia di interessi sensibili, la questione è rimessa alla delibera del Consiglio dei Ministri, il quale si pronuncia nel termine di 60 giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate purchè il dissenso sia intervenuto tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali; diversamente, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali, il consiglio dei ministri interverrà previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati.
In sostanza, lo schema prefigurato a livello normativo è quello in forza del quale il dissenso espresso da soggetti preposti alla tutela di interessi critici apre la via alla decisione finale raggiunta in ambito politico e, quindi, in un contesto di concertazione.
In linea con l'esigenza di rispettare l'autonomia costituzionalmente garantita agli enti territoriali, è sancita un ulteriore deroga con riguardo al caso di motivato dissenso espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza.
In siffatta ipotesi, la determinazione sostitutiva è rimessa al consiglio dei ministri che delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.