Diritto
Vittorio Galatro
Il nostro ecumene, malgrado le affermazioni di qualche filosofo, non è apparso mai come "Il migliore dei mondi possibili" (Leibiniz), in considerazione di tutti i problemi che la condizione umana comporta. Per questo si è sempre cercato di trovare rimedi e correttivi per rendere, a tutti, la vita meno difficile.
La storia, magistra vitae, ovvero "Eterno acquisto dell'umano pensiero" (Tucidide), ci fa vedere che sin dall'antichità, è stata avvertita la necessità di creare figure preposte, istituzionalmente, a vigilare sul buon andamento degli affari pubblici, dell'attività amministrativa ed a tutelare le persone dagli abusi commessi dai pubblici funzionari.
Queste figure le riscontriamo nella civiltà greca e romana. Per quanto ci riguarda direttamente, basti pensare al tribunus plebis ed al defensor civitatis.
Non mancano simili istituzioni presso tanti altri popoli, come nel mondo cinese e nelle zone di civiltà islamica. Queste istituzioni hanno avuto un continuum nella storia, fino ai giorni nostri[1]. Le figure istituzionali ed i poteri di questi "garanti" hanno assunto aspetti e funzioni simili, nel tempo e nello spazio, ma ovviamente abbastanza differenziate a seconda dei periodi storici e dei popoli presso cui svolgevano la loro attività. Nei tempi più recenti, antesignano di questa istituzione è l'Ombudsman svedese.
Attualmente, in Italia, abbiamo la figura del Difensore civico, con il compito di garanzia dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, segnalando, anche di propria iniziativa (e quindi non soltanto su denuncia delle persone interessate), gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini.
Sin dal 1985, la Commissione Bozzi, istituita per la revisione della seconda parte della Costituzione, aveva previsto l'istituzione del Difensore civico nazionale, per migliorare i rapporti tra i cittadini e la pubblica amministrazione. Questa idea non ha avuto più seguito, e quindi, ancora oggi, non abbiamo un Difensore civico nazionale. Mentre quasi tutte le Regioni hanno legiferato autonomamente per l'istituzione del Difensore civico, ad incominciare dalla Toscana e dalla Liguria.
Per quanto riguarda gli Enti locali, ed in particolare i Comuni, vi è stata una prima fase incerta e confusa, in quanto tale figura non era prevista nella legislazione vigente.
Di conseguenza, ogni volta che un Comune andava ad adottare una deliberazione di Istituzione del Difensore civico comunale, l'atto veniva puntualmente annullato dall'Organo di controllo (Co.Re.Co).
Il primo Comune che riuscì ad istituire il Difensore civico fu il Comune di Parma, a seguito di un tormentato iter amministrativo dell'atto istitutivo, e per effetto della sentenza del TAR Emilia-Romagna, n.196 del 12 luglio 1983.
Il nuovo ordinamento degli enti locali, legge 8 giugno 1990, n. 142, che ha sostituito la vecchia legge comunale e provinciale ( R.D. 4 feb. 1915, n.148; R.D. 3 mar. 1934, n.383), ha esplicitamente previsto il Difensore civico per i Comuni e le Province.
Tale norma è stata regolarmente riportata all'art. 11 del TUEL , di cui al D.Lgs. 18 ago. 2000, n. 267.
Conseguentemente, vi è stata tutta una "fioritura" di Difensori civici in molti Comuni Italiani, anche se tanti altri non l'hanno istituito.
Anche all'estero ha avuto grande diffusione tale figura istituzionale; e non solo nei paesi occidentali, ma anche in Russia e nei Paesi dell'ex blocco sovietico.
All'estero, il Difensore civico, oltre ad essere individuato con il noto termine svedese Ombudsman, viene variamente denominato: Médiateur (nei paesi francofoni; ora cambiato in Défenseur des droits), Parlamentary commissioner (Inghilterra), Defensor del pueblo (paesi ispano-americani), Provedor de justiça (Portogallo), Avvocato del popolo (Albania).
Mentre all'estero si è preferito creare un Ombudsman con competenza a livello nazionale o regionale, in Italia la difesa civica è stata rappresentata da difensori civici a vari livelli, a seconda dell'ente che lo istituiva: regionale, provinciale e comunale.
Forse questa è stata una buona soluzione, anche se si è sempre sentita la mancanza di un Difensore civico nazionale che potesse, non solo intervenire a livello centrale (Ministeri ed Organi centrali dello Stato), ma coordinare la difesa civica su tutto il territorio.
In ogni caso, la presenza del Difensore civico nel Comune è stata di grande vantaggio per il cittadino che, in caso di necessità, sapeva a chi rivolgersi, con grande facilità di accesso, e senza doversi recare nel capoluogo di provincia o di regione.
Inoltre, i Difensori civici locali hanno saputo svolgere bene il loro ruolo, ascoltando tutti e non dichiarandosi mai incompetenti, anche se le loro funzioni ed attribuzioni erano piuttosto limitate e mancanti di poteri coercitivi.
Questo per il semplice fatto che la "cultura" del Difensore civico non ha mai ammesso ritirate e declino di responsabilità in termini di arido burocratismo. Se il Difensore Civico è un organo che deve combattere i difetti della burocrazia non può, di conseguenza, esso stesso, cristallizzarsi in schemi odiosamente formali e burocratici, che tanto infastidiscono il cittadino ed arrecano danni alla collettività (cfr. E.Bernard, S.Piazza).
Innanzitutto, deve cercare di alleviare il "disagio quotidiano" del cittadino che, spesso, è stanco, deluso, insoddisfatto e contrariato per l' invalicabile muraglia di certi uffici pubblici, di concessionari di servizi (trasporti, banche, assicurazioni, tributi) o anche di aziende o enti privati.
Si intravedono subito campi di intervento normalmente "inibiti" al Difensore civico. Ma egli non si è mai fermato pensando alla gente che soffre ed aspetta, cercando sempre di dare voce a chi non ha voce.
In relazione a questo suo modo di operare, si è parlato di attività "extra-istituzionali" del Difensore civico, distinguendo, appunto, fra attività di diritto e attività di fatto.
Dal punto di vista dottrinale possiamo osservare che, se la fonte dell'attività di diritto del Difensore può individuarsi nella legge, nelle fonti ordinarie; per quella di fatto, secondo una nostra visione, che trova larghi consensi presso qualificati giuristi, la fonte della sua attività può essere individuata nella consuetudine.
La consuetudine è una fonte extra ordinem del nostro ordinamento e può essere definita come "la ripetizione costante ed uniforme di una data condotta, con la convinzione che sia conforme al diritto". Gli elementi costitutivi della consuetudine sono: l'elemento oggettivo della costante ed uniforme ripetizione della condotta nel tempo (diuturnitas); ed un elemento soggettivo consistente nella convinzione che quel determinato comportamento sia giuridicamente obbligatorio (opinio juris seu necessitatis).
Nello stesso tempo, autorevole dottrina[2] precisa che anche una prassi discontinua potrebbe integrare una
consuetudine. Da una simile prassi deriverebbe non la necessità del comportamento, inteso come doverosità, ma solo la sua facoltatività.
Cosicché la "consuetudine discontinua" porterebbe alla creazione di norme che riconoscono facoltà o possibilità, ma non obblighi. Dove si ammetta l'esistenza della consuetudine facoltizzante (o permissiva), l'elemento soggettivo andrebbe inteso, sempre in base alla suddetta dottrina, non nel senso generale di adempiere un obbligo o osservare un dovere, ma nel senso di esercitare una facoltà ovvero applicare un potere. L'attività informale degli uffici di difesa civica presenta proprio le caratteristiche della consuetudine facoltizzante.
Il Difensore civico, sicuramente, non è obbligato a prestare la propria attività al di fuori di quanto la legge gli impone, ma in ogni caso è propenso a far valer questa sua facoltà invalsa nella pratica.
Questo spirito fattivo e di servizio non si ritrova, come abbiamo riscontrato, nelle Autorità Amministrative Indipendenti (dette Authority), forse perché collocate "troppo in alto", in una posizione non popolare; e comunque, si tratta di organi collegiali i cui componenti provengono, in genere, da precedenti incarichi che li hanno incartapecoriti in una veste fatta di sequenze e di procedure burocratiche. A volte questi componenti, purtroppo, sono politici "tramontati" che vengono riciclati in nuovi incarichi.
Conseguentemente, la loro attività, al di fuori di certi importanti ed utili interventi, per quanto riguarda l'utenza quotidiana e spicciola, risulta poco soddisfacente, se non pressoché inutile; in quanto, oltre alle difficoltà di accesso, si creano ostacoli procedurali per il cittadino, vale a dire nuova burocrazia nella già intricata selva burocratica.
Forse si potrebbe creare un utile risparmio, eliminando o ridimensionando queste Autorità Amministrative Indipendenti, ormai diventate piuttosto numerose, e che tanto costano allo Stato.
Intanto, con l'insorgere della crisi, il legislatore, nel disporre tagli e risparmi, ha deciso, come sempre, di tagliare dove non si doveva tagliare e la spesa era piuttosto limitata, mentre i vantaggi erano innegabili.
Con la legge finanziaria del 2010 è stata soppressa la figura del Difensore civico comunale senza, peraltro, abrogare l'art. 11 del TUEL, che ne prevede la possibilità di istituzione, e senza nulla disporre circa i Difensori civici delle Comunità montane.
Quindi, la difesa civica italiana è rappresentata, attualmente, laddove istituiti, dai Difensori regionali e provinciali.
Gli uffici di difesa civica comunale hanno chiuso i battenti, salvo, a quanto ci è dato sapere, che qualche Comune "ribelle" ha ritenuto di mantenere in vita il Difensore civico, a rischio anche di responsabilità amministrative difronte alla Corte dei conti, a cui potrebbero essere chiamati gli amministratori.
In realtà, a nostro avviso, questo atteggiamento di "ribellione" non appare del tutto infondato, se si tiene conto dell'autonomia costituzionale che compete all'Ente locale e dei principi di federalismo che incominciano ad affermarsi nel nostro ordinamento.
Questo si può capire da un'attenta lettura degli artt. 118 e 119 della Costituzione, anche alla luce della legge costituzionale n°1/2012.
Per brevità, non ci soffermiamo a commentare le suddette norme costituzionali. Basti soltanto qualche riflessione: se il Comune ha delle funzioni naturali proprie (che non gliele dà, né Stato né la Regione) deve poterle svolgere e regolamentare in propria autonomia.
Il Comune, nel nostro ordinamento, è un ente a fini generali che non può essere , in alcun modo limitato nelle sue iniziative, sempreché servano a tutelare gli interessi e promuovere lo sviluppo della comunità amministrata (art. 3, comma 3 TUEL 267/2000).
Un'attività importante, a favore della collettività, è quella di servire bene i cittadini, proprio con l'opera del Difensore civico, che difende i cittadini , ma non è contro l'Amministrazione; anzi, serve a migliorare l'immagine dell'Amministrazione stessa, conciliando e mediando nelle situazioni di attrito, mantenendo così la pace sociale fra istituzioni e cittadino. E' da auspicare una ripresa della difesa civica locale, attraverso una nuova legge o attraverso una pronuncia della Corte costituzionale che dichiari illegittima la norma di cui alla citata legge finanziaria 2010.
Proprio perché, come afferma K.Popper, le democrazie vivono se hanno buone guarnigioni, se sono ben difese, Un istituto per una valida difesa della democrazia è sicuramente quello dell'Ombudsman, ovvero de Difensore civico.
[1] V.Galatro - Il Difensore civico - Ed. Esselibri Simone - Napoli - 2005
[2] - V.Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale II, l'ordinamento costituzionale italiano, CEDAM, 1993